Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’analisi di Alberto Toscano uscita sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi
C’è del marcio in Lussemburgo; e la Francia affila le armi contro il personaggio chiave del granducato, oggi presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che spegnerà tra un mese le 60 candeline e che rischia d’avere un compleanno agitato. Juncker è il presidente della Commissione Ue che ha polemizzato contro la strategia economica di Renzi per l’Italia. In questa vicenda Juncker sa di avere, fin dall’inizio del suo mandato, una grande coda di paglia. A Parigi lo chiamano “Affare lussemburghese”, ma c’è chi comincia a utilizzarlo come qualcosa di molto simile a uno scandalo. Si tratta dell’intesa segreta che il Lussemburgo avrebbe concordato negli scorsi anni (quando Juncker era primo ministro) con 340 multinazionali, praticamente d’ogni origine, per garantir loro una fiscalità vantaggiosa in cambio dell’installazione – anche sostanzialmente fittizia – di una sede entro i confini del granducato. Nella lista ci sono due grandi nomi della finanza francese, che vengono più o meno apertamente criticati dai media transalpini per questo loro comportamento di presunta furbizia fiscale: il gigante delle assicurazioni Axa e quello bancario Crédit Agricole.
Il governo socialista francese è imbarazzato e i deputati della sinistra del partito colgono al volo l’occasione per attaccarlo. Henri Emmanuelli, personaggio simbolo della sinistra socialista, non ha peli sulla lingua. Eccolo dichiarare: “L’ex primo ministro di un paradiso fiscale non doveva essere scelto per guidare la Commissione europea”. Per lui, è la Commissione stessa a trovarsi in difficoltà per “l’Affare lussemburghese”. E soprattutto per lui non c’è dubbio sul fatto che il granducato si sia comportato da “paradiso fiscale” proprio sotto la guida di Juncker, per di più ammantando i propri comportamenti ambigui sotto una coltre di segretezza.
Henri Emmanuelli, che in passato è stato presidente della Commissione finanze dell’Assemblea nazionale, ha ben poca fiducia nell’azione di Juncker alla testa del nuovo esecutivo comunitario. Eccolo dichiarare: “Con Juncker presidente della Commissione di Bruxelles, l’armonizzazione fiscale europea non sarà per domani”. Parole che riguardano di rimbalzo anche il membro francese di questo organismo, Pierre Moscovici, che fa, proprio dell’armonizzazione fiscale, un punto chiave del suo programma in quanto nuovo commissario agli Affari economici e monetari, alla Fiscalità e all’Unione doganale. Emmanuelli, vecchio compagno di partito di Moscovici, esprime in pratica seri dubbi sul fatto che – sotto la guida di Juncker – proprio Moscovici sia in grado di realizzare le proprie promesse.
La polemica sul granducato e sui comportamenti passati di Juncker si sta insomma trasformando anche in una polemica franco-francese e persino in una polemica interna al Partito socialista, lacerato in uno scontro tra la maggioranza (fedele al presidente della repubblica François Hollande) e la sinistra, che, a più riprese, si è astenuta in occasione di voti parlamentari caldeggiati dal governo. Proprio in questi giorni, Hollande, intervenuto ieri sera, nel corso di una trasmissione televisiva sul canale privato Tf-1, ha festeggiato in sordina i suoi due anni e mezzo di potere, ossia la metà del proprio mandato all’Eliseo. La sua situazione è disastrosa sul piano della popolarità: l’ultimo sondaggio dice addirittura che sono appena il 12% i connazionali a tributargli la propria fiducia.