Bella la nota di Barbara Palombelli su “Il Foglio” di Mercoledì 19 novembre. Descrive in maniera impeccabile la differenza esistente tra i politici “Bruttini” della Prima Repubblica eletti dalle preferenze a costante rapporto con gli elettori, anche delle periferie diseredate e i “Carini” di adesso, tutto eleganza e cure dall’estetista, salottieri incalliti televisivi, che non conoscono nemmeno i territori formalmente di loro competenza.
Unica preoccupazione: piacere al capo che li ha nominati e al pubblico televisivo.
Prima, l’obiettivo dei bruttini era conquistarsi la fiducia e il consenso degli elettori voto per voto; ora, per i Carini il vero problema è se e quando essere chiamati dalle Televisioni.
Punto d’onore quegli inguardabili talk show ridotti oramai a incontri di catch verbali lontani mille miglia dall’educazione delle vecchie tribune elettorali di zatteriniana memoria.
E’ la conseguenza di una politica ridotta al leaderismo dei capi, che decade facilmente nel populismo. Un virus che ha finito con il contagiare tutti i partiti.
E al popolo, privato ormai da qualsiasi diretta rappresentanza, specie a quello che più soffre la condizione di precarietà e di emarginazione sociale, non resta che l’esplosione violenta di piazza, primi segnali di una latente rivolta sociale che nemmeno il forzato ottimismo de “ il Bomba” fiorentino riesce a frenare.
Gli elettori, un tempo fedeli agli orientamenti dei partiti e dei loro politici di riferimento si recavano fiduciosi a votare, sapendo che, all’indomani presso le segreterie degli eletti, era sempre possibile incontrare il proprio deputato o senatore per esporgli i problemi e i bisogni personali o delle realtà territoriali di competenza.
Oggi, con la politica subordinata ai fini superiori incontrollati e incontrollabili della finanza, hanno compreso che il voto non serve più a niente e, infatti, la metà esatta degli aventi diritto deserta le urne e i nominati eletti che fanno?
Blandiscono il capo e, tenendo famiglia, si dedicano non tanto al bene comune, ma a quello più diretto personale e dei propri congiunti.
E’ il caso di quel deputato PD scortato da poliziotti amici che sembra abbia portato all’UBS oltre 1,5 milioni di euro ( almeno Greganti diceva che “rubava per sé e non per il partito”) per non parlare di quegli sciagurati forza italioti veneti, dal governatore al suo fedele porta borse assessore patteggianti, a libro paga permanente dei loro imprenditori beneficati.
Certo le preferenze imponevano costi che, a loro volta, richiedevano risorse, non sempre lecite per il loro reperimento, ma, in ogni caso: meglio le preferenze di questo sistema dei capi che scelgono i loro accoliti in totale spregio dei cittadini, la cui sovranità e ridotta praticamente allo zero.
Attenzione, però, perché quando viene meno la capacità di rappresentanza della politica, al popolo non resta altra strada che quella della protesta e della rivolta.
Ettore Bonalberti