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Sarà Papa Francesco a smuovere l’Onu

La governance globale ha bisogno del Cristianesimo. Ne è convinto Monsignor Silvano M. Tomasi, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e le altre Agenzie Specializzate di Ginevra, che ha parlato martedì scorso a Milano nel corso dell’Inaugurazione dell’Anno Accademico 2014/2015 all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Nella prolusione, Monsignor Tomasi ha spiegato che solo una progressiva apertura alla “solidarietà” e alla “sussidiarietà” – elementi cardine della Dottrina Sociale della Chiesa – può rendere efficace l’operato delle istituzioni internazionali, Onu compreso. L’innovativa idea fonda le proprie basi in una constatazione della realtà: l’assetto geopolitico del mondo è mutato. “Le classi dirigenti del XXI secolo sono chiamate ad affrontare una varietà di crisi umanitarie, economiche e politiche, inclusi il terrorismo e la sicurezza nucleare. Emerge un nuovo scenario globale. Un crescente livello di ansia viene a sostituire il senso di trionfo che esisteva in tutto l’Occidente negli anni Novanta” ha esordito l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

La conferma di quanto ha appena sostenuto arriva dai bollettini di guerra che spesso la fanno da padrone sui media. Televisioni, radio e giornali ci raccontano di focolai bellicosi che, di giorno in giorno, alimentano l’onda d’urto della distruzione.

Qualcuno certamente si sarà chiesto, anche più di una volta, perché le organizzazioni internazionali siano immobili di fronte a tutto questo. La loro scarsa dinamicità e l’approccio per nulla vocato al problem solving è dovuto a una serie di inadempienze genetiche, originate dalla natura stessa di certe istituzioni.

In altre parole, si fa sempre più urgente la necessità di riformare in chiave moderna protocolli e trattati affinché riacquistino il ruolo che gli spetta. “Le istituzioni internazionali create alle fine della Seconda Guerra Mondiale sembrano arrivate alla fine di un ciclo storico, questo mi sembra dovuto alla cultura che le sottende ed è causa della loro debolezza” ha precisato ancora Monsignor Tomasi che tuttavia, prosegue: “Le Nazioni Unite nonostante la crisi che le attraversa, dovrebbero essere il foro naturale per attuare i necessari processi di riforma, ma hanno bisogno di una nuova spinta ideale”.

Oltre sessant’anni fa, la società, la politica, l’economia erano declinate secondo paradigmi differenti. L’hostis-inimicus assumeva allora sembianze più concrete e legittimate. Oggi, le sfide globali sono di tutt’altra portata. Quindi, anche la risposta a tali prove deve necessariamente essere ripensata, creata ad hoc attraverso una visione d’insieme che abbia il proprio punto di partenza in una più corretta e completa visione antropologica. “L’arrivo della forma radicale dell’ideologia dell’individualismo che paralizza l’azione internazionale comune ha drenato le precedenti visioni della loro capacità di motivare” ha spiegato ancora il Nunzio Apostolico.

A rispondere alle esigenze dell’uomo e del pianeta è ancora una volta la Chiesa. In particolare, il Papa Emerito Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in Veritate afferma: “La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. La ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità. Questa ha origine da una vocazione trascendente in Dio Padre”. E’ nell’amore del Creatore quindi che ogni singolo individuo può ritrovare se stesso e il suo posto nel mondo. Ruolo determinante per la ricerca del nuovo baricentro dell’io è quella che Tomasi definisce “dimensione trascendente della persona”.

Ciò sarebbe il preludio di un (utopico forse per qualcuno) nuovo ordine globale. Per superare l’impasse occorre dunque che gli operatori internazionali, dagli Stati alle organizzazioni che quotidianamente si spendono per orchestrare le relazioni diplomatiche, siano progressivamente iniziati al cambiamento che deve essere intriso di valori cristiani attraverso un processo “trasparente, olistico e inclusivo”.



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