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Ecco i primi (timidi) segnali di speranza per l’economia

L’Istat rivede al ribasso il pil del terzo trimestre: meno 0,5% in termini reali. E’ il titolo di apertura del Corriere della Sera. “Consumi fermi, investimenti a picco”, titola in prima pagina Il Sole 24 Ore. Il quadro dell’economia è senza dubbio desolante, ma l’istituto di statistica fotografa il passato, sia pur recente, invece tutti scrutiamo questo cielo monsonico per capire il presente e il futuro, quanto meno il più immediato. E dalle nubi, insieme a piogge torrenziali, scende anche qualche gocciolina di speranza. Se è così, è questa la notizia. Per usare un vecchio aforisma giornalistico, è l’uomo che morde il cane.

LA MANNA DEL PETROLIO E DELL’EURO

La discesa del petrolio viene spesso presentata come una catastrofe; per il Venezuela lo è (non per l’Arabia saudita), ma per noi al contrario è manna. Ciò vale anche per la svalutazione dell’euro che controbilancia un po’ la deflazione. La bolletta energetica si riduce per l’Italia (anche con un dollaro più forte); è essenziale che si riduca anche per gli italiani (benzina, luce, gas). Quanto alla moneta europea, un ulteriore indebolimento è grasso che cola per l’export che infatti sta andando meglio secondo la Confindustria. E anche il centro studi confindustriale ha cominciato a lanciare qualche segnale di fiducia.

I SEGNALI DELL’AUTO E DEI MUTUI

Il mercato dell’auto s’è risvegliato e la Fiat ha venduto più della media europea, grazie al boom delle Jeep e all’arrivo finalmente di nuovi modelli azzeccati. Ma qualcosa si muove anche nel mondo del credito. L’Abi dice che tornano i mutui e la stretta si allenta anche se piano piano. Secondo Ernest & Young l’Italia ha avuto la contrazione peggiore negli anni scorsi e adesso avrà l’espansione più significativa dell’Eurozona, anche se i veri effetti li vedremo tra un anno o poco più (nel 2016 i prestiti dovrebbero crescere del 3,6% secondo il rapporto della società di consulenza).

IL RAPPORTO UBS

UBS ha appena pubblicato un rapporto nient’affatto pessimista. L’Italia ha subito una recessione peggiore degli altri paesi dell’Eurozona anche in seguito alla terribile stretta del 2011-2012. Le conseguenze sull’occupazione sono drammatiche (nonostante negli ultimi mesi si torna ad assumere) e c’è il rischio di una caduta della tenuta sociale che in questi anni è stata notevole: guardando a Grecia, Portogallo, Spagna, bisogna rallegrarsene.

I MIGLIORAMENTI IN VISTA

Adesso, però, “un miglioramento è in corso”, scrive Martin Lueck, l’economista che ha preparato il rapporto UBS. “Noi crediamo – aggiunge – che una crescita più alta del prodotto lordo nominale (inflazione compresa) sia possibile e può essere realizzata attraverso la combinazione di una serie di driver che noi vediamo già all’orizzonte. Con la cooperazione del classico mix di politica monetaria, fiscale e strutturale, l’economia italiana ha il potenziale per tornare a una crescita più forte anche se nel medio termine”.

I MOTIVI DEL MODERATO OTTIMISMO

I fattori positivi sono: 1) un minor fiscal drag se non un vero e proprio allentamento; 2) il ritorno al credito bancario che avvantaggia le piccole e medie industrie; 3) riforme strutturali pro-crescita portate avanti dal governo: 4) la debolezza dell’euro che aiuta ad ammortizzare l’alto costo unitario del lavoro.

LE ATTESE PER IL JOBS ACT

“Il Jobs Act potrebbe fare la differenza, anche rispetto ad altre storie di riforme nei paesi periferici – sostiene Lueck – nel senso che probabilmente non provocherebbe più disoccupazione come è accaduto in Spagna”. Anzi, se davvero dal 50 al 70% della forza lavoro sarà interessato dai nuovi contratti nei prossimi cinque anni, grazie al forte ricambio, la riforma potrebbe non toccare affatto l’attuale livello di impiego regolare, sostiene UBS.

SPERANDO NELL’EXPORT

“Noi pensiamo – prosegue il rapporto – che la robusta industria esportatrice, che ha resistito notevolmente bene alla bassa competitività e alla debole domanda in Europa, dovrebbe aiutare a sostenere la ripresa della domanda aggregata. Ciò è ancor più vero di fronte a una ulteriore svalutazione dell’euro che ci aspettiamo dell’8% da oggi alla fine del 2016”. In definitiva, secondo UBS, le prospettive di crescita (0,5 l’anno prossimo e 1% nel 2016) possono risultare sottostimate.

Nessuna previsione finora ha detto il vero: tutti giuravano sulla ripresa già nel 2014. Dunque, incrociamo le dita fiduciosi. Nicolò Machiavelli diceva che la fortuna vale spesso più della virtù. Vuoi vedere che la dea bendata bacia anche un (ben) altro segretario fiorentino?



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