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Le manovre mancate e il pendolo del Jobs Act

Un Natale rosso di guerra e ancora guerra e  guerra nel Pd. Dopo la serrata dello sciopero generale, prova di forza di antica memoria, continuiamo a riflettere dando consigli non richiesti e soprattutto possibili soluzioni. Renzi deve decidersi a ridurre e subito la spesa corrente nella Pubblica Amministrazione, a cominciare dalle Regioni che sono il rubinetto spalato della spesa pubblica e ancora oggi fuori controllo nonostante gli scandali indecenti. Da un conto reale e non immaginifico con i risparmi che si trarrebbero circa 40 miliardi, questi servirebbero non solo congelare ma a ridurre le tasse sulle famiglie e imprese. Poi la nostra reiterata proposta di una vera privatizzazione con uscita dalle partecipate pubbliche e un programma di dismissioni di patrimonio pubblico (caserme, ecc.) investendo il ricavato per abbattere il debito che ci trasciniamo e che aumenta spaventosamente. E poi un accordo con la Ue un piano di investimenti con emissione di Eurobond per cinquecento miliardi veri e freschi e non finti come ha promesso Juncker, poiché è evidente che la Bce di Mario Draghi, non avendo uno stato unitario alle spalle, ha degli obbiettivi limiti di azione. Se non ha un minimo di certezze non si muove.

Sul Jobs Act incerte le act (le regole) nei provvedimenti attuativi ma azzardiamo da esperte della materia delle soluzioni credibili che sommessamente consigliamo al Consiglio dei ministri che il 22 dicembre (se nulla osta…) dovrebbe licenziarli. Così vedrà la luce il tanto atteso CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI con la nuova regola dei licenziamenti individuali, l’estensione dell’ASPI (l’assicurazione sociale per l’impiego) anche per i lavoratori cosiddetti precari e il riordino delle tipologie contrattuali.

Allora, vediamo i punti delicati che la politica dovrà affrontare, cominciando dai casi dei licenziamenti individuali ingiustificati per ragioni disciplinari che bisogna individuare e che non prevederà il reintegro ma solo una indennità monetaria. Due i criteri per individuare i casi di reintegro in seguito a licenziamenti disciplinari illegittimi: accuse di reati non commessi o accuse di fatti non accaduti. E qui ovviamente c’è l’accertamento che dovrà essere eseguito con modalità veloci. Per gli indennizzi sarà fissato un massimo assoluto per i licenziati per 24 mensilità e alle cosiddette tutele crescenti e l’indennizzo sarà tra 1,5 e 2 mensilità per ogni anno lavorato e sarà probabile inserire tra i licenziamenti economici ( tutelati solo con l’indennizzo ) quelli giustificati per “scarso rendimento”.

Da queste scelte dipenderà ovviamente la decisione del datore di lavoro sulla tipologia contrattuale da applicare più conveniente, se dunque un contratto a tempo determinato o indeterminato. La parte più interessante e che non viene mai ricordata è la l’introduzione nel nuovo Jobs Act di una procedura svelta di conciliazione – non più di due mesi – peraltro incentivata fiscalmente tra il dipendente e l’imprenditore se rinunciano al ricorso dal giudice accordandosi sull’indennizzo ovviamente stabilito in base alla norma peraltro esentasse (fino a 24 mesi di retribuzione netta) evitando così le lungaggini barocche della via giudiziaria. E’ ovvio e bene ricordare che rimangono intonsi e dunque come lo Statuto dei lavoratori prevede, il licenziamento nullo in caso di matrimonio, maternità, motivi religiosi e comunque i nuovi provvedimenti saranno applicati alle aziende con più di 15 dipendenti. PACTA SUNT SERVANDA.



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