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Isis ha radici anche in Italia. La denuncia di Esposito (Copasir)

Anche l’Italia è nel mirino dell’Isis. Non solo: l’Isis trova talvolta terreno fertile anche nel nostro Paese. Sono alcuni degli aspetti denunciati dal vicepresidente del Copasir, Giuseppe Esposito, a latere di un seminario organizzato dalla Link University ed esplicitati oggi in una intervista dell’esponente di Area Popolare al quotidiano Il Tempo.

LA RIVELAZIONE DI ESPOSITO (COPASIR)

“L’Isis ha un proprio sito internet registrato con dominio italiano. Il portale è di proprietà di un polacco residente in Germania”. E’ quello che ha detto a Il Tempo il vicepresidente del Copasir, Giuseppe Esposito, senatore di Area Popolare (Ncd-Udc).

I DETTAGLI

“Si tratta di un sito già sotto la lente di ingrandimento dell’intelligence. Su questi siti – racconta Esposito -vengono pubblicati i video dei martiri della jihad, ma sono anche utilizzati per il merchandising che frutta all’Isis circa 200 milioni di dollari: il passaporto dello Stato islamico costa 12000 dollari, le magliette si vendono a 8 dollari, le bandiere a 7 e il libro ne costa 21″.

LA STRATEGIA

“La comunicazione – fa notare il vicepresidente del Copasir – è la parte più importante dello Stato islamico per giocare la partita tra informazione e disinformazione. Al Baghdadi è il portavoce del Califfato, ma insieme a lui ci sono altri due imam: uno dedito alla comunicazione e l’altro all’ideologia. Questo sistema, una sorta di triumvirato – spiega Esposito – è replicato in ogni città e in ogni regione governata dall’Isis”.

I PERICOLI PER L’ITALIA

“I pericolo per l’Italia – rileva il senatore di Area Popolare – arriva dai ‘lupi solitari’, si tratta di persone deboli che non hanno avuto il coraggio di di partire per la Siria. Sono loro che potrebbero commettere gesti eclatanti per apparire sui giornali, il problema – conclude Esposito – è che questi soggetti sono i meno identificabili per i nostri servizi di sicurezza che in questi anni stanno compiendo un grandissimo lavoro evitando sciagure per il nostro Paese”.

L’INTERVISTA INTEGRALE AL TEMPO

«L’Isis, tra i suoi numerosi siti, ne ha anche uno con dominio italiano. Il portale è di proprietà di un polacco che vive in Germania». A rivelarlo, durante un’intervista in esclusiva a Il Tempo, il senatore Giuseppe Esposito, vice presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Si tratta di un sito, già sotto la lente d’ingrandimento dell’intelligence, che rientra in una rosa di portali gestiti dallo Stato islamico e registrati in altri paesi occidentali, tra cui Estonia, Lettonia o Slovenia. E ora anche in Italia.

Senatore Esposito quali sono i contenuti di questo sito?

«In prevalenza vengono pubblicati i video dei martiri della jihad, ossia dei combattenti caduti in guerra. Si tratta di quelli che nel gergo giornalistico vengono chiamati “coccodrilli”. Quindi, la prima regola dei “foreign fighters” appena arrivati sui teatri guerra, è quella di girare un video in cui mostrano il loro entusiasmo e la felicità per essersi arruolati tra le fila di miliziani del Califfato. Poi, in caso di morte del combattente, il video sarà pubblicato sul sito e quello diventerà il nuovo martire morto per l’Islam. I video, infatti, sono tutti uguali, i “foreign fighters” dicono le stesse frasi e la testatina è identica».

Cosa altro sponsorizza l’Isis nei siti?

«Sicuramente è da segnalare il merchandising che il Califfato è riuscito a costruire intorno alla nascita dello Stato islamico. È un affare calcolato in circa 200 milioni di dollari. Il passaporto dello Stato islamico, ad esempio, costa 12.000 dollari, per un introito complessivo di circa 180 milioni. Le magliette del Califfato si vendono a 8 dollari, per comprare la bandiera ne occorrono 7 e il libro dell’Isis costa 21 dollari».

Internet è uno degli strumenti più usati dall’Isis per combattere una guerra «non convenzionale».

«La comunicazione è la parte più importante dello Stato islamico, per giocare la partita tra informazione e disinformazione. Abu Bakr al-Baghdadi è il portavoce del Califfato, ma insieme a lui ci sono altri due imam: uno dedito alla comunicazione e l’altro all’ideologia. E questo sistema viene replicato in ogni città e in ogni regione governata dall’Isis».

Quali rischi per l’Italia?

«Sicuramente il pericolo arriva dai “lupi solitari”. Io non so se sono 200, 5.000 o nessuno. Io so che esiste la possibilità che ci siano persone finite nell’estremismo religioso e che siano qui, non per forza di origine islamica. Si tratta di persone deboli, che non hanno avuto il coraggio di partire per la Siria, quindi sono frustrati dentro. Sono i peggiori, i più vili tra i vili, che rimangono a casa con mamma e papà. Poi una mattina si svegliano e decidono di fare un gesto eclatante che possa farli apparire sui giornali e avere un’ora di notorietà. Il problema è che questi soggetti sono i meno identificabili».

L’Isis ormai è un fenomeno mediatico inarrestabile. Cos’è veramente e come si può combattere?

«Si tratta di una banda di criminali in senso stretto, che porta ad una sudditanza psicologica. Io ho visto direttamente l’Isis, l’ho vissuto e lo vivo oggi dentro il Copasir con una certa apprensione. L’organizzazione nasce ben dieci anni fa, come opposizione ad Assad. A quel tempo in parte era coperta da Al Qaeda, ma al-Baghdadi già pensava al modello Isis e al Califfato nel mondo. Per combatterlo non serve la guerra, è inutile. Occorre portare sviluppo e crescita in questi Paesi, non trattarli come la discarica del mondo. Vuol dire sostituire il welfare offerto dall’Isis con la crescita del Pil».

Dove arriverà il Califfato?

«Secondo le mire dell’Isis i confini sono già disegnati: la Spagna, passando per il Maghreb e tutta l’Africa. Ma questo non avverrà. L’attenzione al momento è sui musulmani cinesi che iniziano ad aderire all’Isis».

Che fine hanno fatto i nostri ostaggi? Le ultime notizie danno padre Dall’Oglio detenuto in carcere del Califfato?

«A questa domanda non rispondo».


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