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PayPal, Lending Club e i prestiti P2P: perché le banche devono avere un po’ paura

Le non-banche che fanno prestiti cominciano a far paura alle banche tradizionali? Il settore è ricco di start-up e attori di peso, come PayPal, che sta espandendo l’offerta di prestiti alla categoria dei merchant, e le specialiste Lending Club e OnDeck: la prima è stata protagonista la scorsa settimana di una quotazione che ne ha portato la valutazione a quasi 10 miliardi di dollari; la seconda ha svolto la sua Ipo mercoledì 17 dicembre, con risultati sopra le aspettative.

I NUOVI PROTAGONISTI DEL PRESTITO

Il prestito delle non-banche è cresciuto a rapidi passi negli ultimi anni, perché le banche tradizionali sono sempre più restie a erogare credito, specie ai piccoli soggetti come quelli che si rivolgono ai nuovi attori di Internet. Sono così emerse delle start-up altamente innovative dal punto di vista tecnologico e dei modelli di business capaci di rispondere a un’esigenza di mercato insoddisfatta. La società dei prestiti peer-to-peer (P2P) Lending Club è diventata la leader del settore e l’Ipo le ha dato una valutazione di 8,9 miliardi di dollari: nonostante fatturi meno di 150 milioni di dolllari, la sua capitalizzazione di mercato la avvicina ora ad aziende tradizionali del prestito degli Stati Uniti, come Citizens, che ha revenues di miliardi di dollari e migliaia di filiali.

Il 17 dicembre si è quotata anche OnDeck Capital, Internet company specializzata nel prestito alle piccole imprese; il programma era di vendere 10 milioni di azioni a un prezzo compreso tra 16 e 18 dollari ciascuna (circa 170 milioni di dollari totali), ma il prezzo delle azioni è salito a 20 dollari e la società ha raccolto quasi 200 milioni; ora è valutata 1,3 miliardi di dollari. OnDeck è diversa da Lending Club perché si rivolge non ai consumatori ma alle piccole imprese (prestiti tra 5.000 e 250.000 dollari con restituzione tra 3 e 24 mesi) e non è un P2P ma attinge ai propri capitali; tuttavia come tutti i prestatori alternativi usa potenti algoritmi per studiare i dati dei clienti, mettere a punto prestiti personalizzati e calcolare il livello di rischio.

INVESTITORI ATTRATTI DAL LENDING ALTERNATIVO

L’industria online del prestito, alternativa alle banche tradizionali, ha attratto anche grande interesse da parte degli investitori privati che, nel solo 2014, hanno infuso nelle start-up del lending su Internet 1 miliardo di dollari complessivi, secondo i dati di CrunchBase. L’operazione più recente è stato il round di investimenti, guidato da Tiger Global, che ha portato 225 milioni di dollari nelle casse di AvantCredit (tra i cui investitori c’è anche il co-fondatore di PayPal Peter Thiel). AvantCredit ha già usato i suoi fondi per espandersi dagli Usa in Uk ed è pronta ad aggredire nuovi mercati.

L’ESPANSIONE DI PAYPAL

PayPal è già presente da tempo nel settore dei prestiti con un programma rivolto ai clienti consumer e alle piccole imprese. Finora ha erogato 200 milioni di dollari di prestiti – molto meno delle leader di mercato Lending Club, Prosper o OnDeck, ma da qualche mese PayPal ha allargato i prestiti alla categoria dei merchant, ovvero i negozianti, molti dei quali sono collegati con PayPal perché vengono pagati tramite questa piattaforma.

“Stiamo appena scalfendo la superficie di quella che consideriamo una grande opportunità”, ha detto Steve Allocca, capo del credito di Paypal. “Si tratta di un settore non molto ben servito dalle banche o dagli istituti tradizionali che fanno prestiti”.

Il programma di prestiti per merchant di Paypal, inaugurato a settembre, ha già erogato più di 35.000 prestiti per un massimo di 60.000 dollari. La società calcola il rischio in base ai dati che già possiede sul fatturato dei merchant che chiedono i soldi e prende una percentuale dalle vendite che processa: i merchant pagano quindi una quota fissa sul denaro processato, non un tasso di interesse. A differenza di altri prestatori alternativi, come Lending Club, PayPal non intende specificamente fare soldi dall’erogazione dei prestiti; piuttosto vuole usare questa attività per fidelizzare i suoi utenti, scongiurando il pericolo che consumatori e negozianti si rivolgano a piattaforme per i pagamenti concorrenti, come ha sottolineato anche Hill Ferguson, chief product officer dell’azienda.

Per PayPal si tratta di una manovra cruciale in vista dello spin-off dalla casamadre eBay, che la lascerà sola a competere nella sempre più affollata industria dell’elaborazione dei pagamenti. PayPal ha gestito 180 miliardi di dollari di pagamenti l’anno scorso, più delle rivali come Stripe e WePay, che sono però nate più di recente e hanno tecnologie più nuove, e gli stessi top manager della società riconoscono che i sistemi più vecchi di PayPal possono renderle difficile innovare rapidamente in aree emergenti come il mobile commerce. Non a caso Apple ha chiesto la collaborazione di Stripe e non di PayPal come partner per lanciare il suo servizio ApplePay negli Usa.

P2P ALLEATI DELLE BANCHE?

Tutto il fermento intorno al lending alternativo si riconduce all’incapacità delle banche di usare le nuove tecnologie per servire in modo efficiente le esigenze di clienti che hanno bisogno di piccoli prestiti, sotto i 100.000 dollari, sostiene il Ceo di AvantCredit, Al Goldstein. “Anche a causa dei tanti vincoli regolatori, le banche non sono efficienti nell’erogare piccoli prestiti e non hanno investito in questa direzione”, dice Goldstein. Negli Stati Uniti questo ha aperto il mercato a player come Lending Club, Prosper e OnDeck Capital.

Secondo Goldstein nel lungo termine si formeranno player molto grandi che domineranno il mercato. Ovviamente i nuovi player P2P sostengono di non essere dei nemici ma degli alleati per gli istituti tradizionali: “Le banche non dovrebbero sentirsi minacciate dal mercato dei prestiti P2P: i due sistemi possono convivere, purché le banche si alleino ai player online”, afferma Tim Simon di Madiston (società del prestito P2P). “Alleandosi infatti a un prestatore P2P una banca tradizionale può ampliare i servizi ai clienti e promuovere la propria offerta verso nuove categorie di utenti. Alleanze del genere già esistono, come quella tra Santander e Funding Circle: ognuna promuove i servizi (complementari) dell’altra”.

PERCHE’ LE BANCHE NON DEVONO RESTARE A GUARDARE

Molti analisti però ammoniscono le banche a non sottovalutare la concorrenza delle società del prestito alternative e del loro modello tecnologico dirompente: l’effetto potrebbe essere simile a quello delle app come Uber sull’industria dei taxi.

Dopo l’Ipo, infatti, Lending Club accelererà la sua espansione online per accrescere il vantaggio sulle concorrenti, che a loro volta saranno spinte ad allargarsi, e il risultato sarà un rapido sviluppo del settore del prestito peer-to-peer, il che può solo, secondo il Financial Times, erodere ulteriormente la posizione di banche già a corto di capitali in Usa e Uk, i due mercati dove il lending alternativo si sta diffondendo.

Le banche dovrebbero essere stimolate a creare delle loro attività online o addirittura ad acquisire le rivali del P2P, invece alcuni istituti tradizionali hanno cominciato a usare i servizi delle piattaforme P2P per erogare piccoli prestiti anziché costruirsi i propri: è questo il cuore della citata alleanza in Uk di Santander con Funding Circle in cui Santander indirizza le attività di prestito alle micro-aziende verso Funding Circle, la seconda maggiore società P2P dei prestiti del Paese, riconoscendo in pratica di non saper servire questo mercato con le sue sole forze.

Secondo il FT, per ora le banche non si preoccupano perché il prestito P2P è una nicchia: Lending Club eroga 1 miliardo di dollari di prestiti a trimestre, ma il mercato del credito consumer americano vale 3.000 miliardi di dollari; inoltre, al momento il lending P2P si concentra in gran parte sul mercato consumer e soprattutto sui prestiti sicuri (con bassa incidenza di default). Ma se il settore vorrà espandersi dovrà per forza guardare alle imprese e accettare di prestare a clienti un po’ più rischiosi. Le banche sperano forse che l’ascesa del prestito P2P si scontri con le difficoltà di questa transizione – una speranza dettata dalla necessità, ma una scommessa rischiosa, perché, se il P2P effettuerà la transizione con successo, i problemi per le banche tradizionali arriveranno: i player di Internet hanno meno costi e tecnologie molto avanzate, compresi quei sofisticati algoritmi con cui elaborano i dati dei loro clienti per mettere a punto le tipologie di prestito più adatte e calcolare la loro esposizione.



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