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Vi spiego l’insostenibile pesantezza dell’euro. Parla Luttwak

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’intervista di Goffredo Pistelli a Edward Luttwak apparsa su Italia Oggi.

La casa di Edward Luttwak, a Chevy Chase, meno di 3mila abitanti nella contea di Montgomery, nel Meryland, è la tipica dimora americana: in legno chiaro e pietra, col porticato e col giardino aperto davanti, in un vialetto alberatissimo, con le piazzole per la grandi macchine made in Usa. Questo ebreo rumeno, classe 1942, visse da bambino a Palermo e a Milano coi familiari in fuga dalle persecuzioni naziste, per questo ha mantenuto per l’Italia un interesse e un’attenzione costanti, anche diventando un esperto di geopolitica di fama internazionale.

Mr. Luttwak in Italia si fa un gran parlare delle prossime elezioni per la presidenza della Repubblica. E in molti si dicono d’accordo su un punto: l’inquilino del Quirinale sarà decisivo sul futuro politico del premier Matteo Renzi.

Non credo, sa?

In che senso?

Nel senso che non ci sono in giro sostituti per Renzi. Non c’è nessun altro che, nella politica italiana, dica cose di senso. A parte quelli, e sono sempre di più, che cominciano a dire che l’Italia debba uscire dall’euro.

Per esempio?

Penso a gente seria, banchieri importanti come Enrico Cucchiani (l’ex a.d. di Intesa S.Paolo, ndr).

Dopo torniamo sull’eurozona ma prima le vorrei chiedere che cosa la convince di Renzi…

Che vuol ridurre il peso dello Stato parassitario. L’Italia è un asino che sulla schiena un peso enorme, tanto che ormai cammina a stento. Quel peso, quella soma insostenibile, è questa macchina pubblica che, alla fine, farà piegare le gambe alla povera bestia. Renzi è l’unico che ha un piano per ridurre quel peso e rendere il Paese più competitivo.

È anche molto criticato, come saprà…

Sono critiche da non prendere sul serio. Lo accusano di non fare abbastanza ma gli altri, spesso gli stessi che fanno questi appunti, non hanno mai neppure tentato quello che sta tentando lui. Anche se ovviamente anche Renzi ha dei difetti.

Raccontiamoli…

Non può continuare a circondarsi di ministri così inadeguati, per sentirsi bello e saggio. È un lusso che non si può permettere, né lui né l’Italia. Un’altra critica che ha un fondamento è stilistica ma non è così ridicola come potrebbe sembrare.

Vale a dire?

Che sorride troppo. Effettivamente un primo ministro sorridente, troppo sorridente, non va bene. Perché chi sorride non può chiedere i sacrifici necessari al Paese. Non può ridurre il peso sulla groppa dell’asino. Non può tagliare quell’enorme debito pubblico dell’Italia e che la sta affondando.

Sa che secondo alcuni il debito non è un problema perché anche il Giappone ce l’ha?

Mi fanno ridere quelli che paragonano i debiti di Italia e Giappone: quello giapponese lei lo vede a occhio nudo, ogni volta che ci va. Vede cioè megainfrastrutture, vede istituzioni moderne, e vede capitale umano altamente formato. Il debito italiano è svanito nelle pance e nelle tasche dei politici. E Renzi sta cercando di cambiare.

Torniamo all’euro allora…

È stato un errore enorme per l’Italia. Voluto dai politici per sentirsi più europei e, qualcuno l’ha persino detto, per guardare in faccia in tedeschi: una cosa ridicola, come quando Benito Mussolini voleva cercare di essere all’altezza di Adolph Hitler. Gli Italiani non sono i tedeschi.

Uno degli uomini che disse di sì all’euro, Romano Prodi, torna in questi giorni come possibile candidato al Colle.

Prodi è un economista provato e una persona onesta. E di onestà, nella politica italiana, non c’è un’offerta illimitata, però lui dovrebbe dire: «Sono onesto e competente ma ho fatto un grave errore: l’euro».

Non è stato il solo a volere la moneta unica.

Certo, fu un gruppo di politici che vedevano alcuni vantaggi. Il primo era quello di realizzare una disciplina monetaria sul sistema politico italiano: in questo modo, si pensò, quelli del Nord Europa ci controlleranno e ci imporranno dei limiti, ci renderanno fiscalmente responsabili. La seconda ragione, però, è tutta psicologica: quei politici erano piccoli, bassi e scuri e pensavano, con l’euro, di diventare alti, biondi e con gli occhi blu.

E che Paese eravamo prima dell’euro?

Un Paese inefficiente, che però cresceva più della media europea. C’era una Confindustria debole e un sindacato forte che faceva pagare bene i dipendenti, tanto, dopo, i soldi glieli portava via la svalutazione, che si rendeva necessaria. Svalutazioni successive inevitabili in uno Stato in cui si faceva finta di governare e di pagare le tasse.

Quindi, secondo lei, l’uscita dall’eurozona sarebbe consigliabile? È la bandiera di Matteo Salvini.

Con l’euro non c’è e non ci sarà crescita. E ci sarà maggiore disoccupazione. Ma guardi che è una questione aritmetica. Le faccio due conti…

Prego…

Il debito italiano è oltre 2mila miliardi ma l’Italia ha dovuto aderire al fiscal compact per cui, ogni anno, deve ridurre di 100 miliardi circa. Significa che, oltre a non fare deficit, come ora stabilisce anche la Costituzione, ogni anno si debbono trovare risorse pari a 20 Imu. Ora, chi voglia rimanere seriamente nell’eurozona, ragiona di patrimoniale.

Operazione difficile…

Difficile? Ci vorrebbe la Gestapo che va in giro a individuare i dipinti, gli arazzi, i patrimoni privati. Perché se ti limiti ai conti in banca, come fece Giuliano Amato nel 1992, fai una cosa ingiusta perché rischi di beccare i soldi del pensionato che ha appena venduto un monolocale per integrare. A parte che, se a me prelevassero l’8% dal conto corrente, mi metterei a fare il bandito. Ma non c’è solo questo.

E che cos’altro c’è?

Quando hai un debito così e aumentano i tassi anche solo di un goccio, e tutti prevedono che crescano, sei davvero al fallimento: devi pagare interessi, non fare deficit e tagliare 100 miliardi. Impossibile.

Ma i mercati sono calmi e lo spread è basso…

L’unica ragione per cui i mercati non riconoscono questo stato di cose e non accade, come per l’Argentina o la Grecia, è l’idea che, alla fine, l’Europa salverà Italia. Ecco perché il governatore della Banca tedesca ripete, continuamente, che non sarà fatto.

Renzi però vuole che l’Europa gli consenta di non calcolare gli investimenti nel rapporto debito/Pil.

Queste richieste non varranno a niente. Non si può aiutare un paese debitore ad aumentare il debito. Siete lo Stato che paga 450mila euro all’anno di pensione a un signore in Sicilia, l’ex-commissario ai rifiuti. E questo Stato non ha diritto a un centesimo. Le faccio un altro esempio.

Avanti…

A Bagheria (Pa) c’è il 40% di disoccupazione. È un falso, perché il restante 60 lavora per la inutile Regione, per la Provincia, inutilissima, e per il comune, oggi governato da giovani bravi e onesti, ma oberato da centinaia di dipendenti.

Ci sarà pure qualcos’altro, mr. Luttwak…

C’era. Infatti fino agli anni ’60, Bagheria prosperava con l’export di limoni. Ma da quanto l’Italia è nell’eurozona, quel limone non è più concorrenziale con quello che viene dal Marocco. Mentre per la Germania è stato molto diverso.

Paese esportatore…

E infatti l’euro ha salvato Berlino perché, se oggi avesse ancora il marco, quella moneta sarebbe salita alla stelle, bloccando le esportazioni. E invece la Germania ha potuto continuare a esportare senza danni, guadagnando, in questi anni di eurozona, almeno mille miliardi. Ossia un triliardo.

Noi, dovremmo uscirne, quindi?

Se l’Italia non lo farà, crescerà la sofferenza sociale e la situazione si farà estrema. Anzi mi meraviglio che il collasso politico non sia già avvenuto. L’altro giorno parlavo con un importante politico asiatico.


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