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Perché i cloni cinesi dell’iWatch non fanno paura ad Apple

L’Apple iWatch non è ancora sul mercato (forse a marzo) e già arrivano i suoi “cloni” cinesi. Al Ces di Las Vegas, la grande fiera dell’hitech che si è appena conclusa, si sono visti vari modelli che copiano l’orologio smart della Mela, con forme e funzioni apparentemente simili ma prezzi ben diversi: l’iWatch dovrebbe costare 350 dollari, i “cloni” anche solo 60. L’avanzata delle “copie” cinesi non fa però molta differenza per Apple: è difficile che questi prodotti si diffondano oltre i confini della Cina, per ovvie questioni di copyright (scatterebbero subito le cause brevettuali da parte della Mela). Inoltre Cupertino è in una fase di piena espansione: registra vendite record di iPhone 6 e di applicazioni sull’App Store e il sistema iOs per la prima volta rosicchia quote di mercato ad Android. Non in Cina, ma Apple, come è noto, punta non ai grandi numeri, ma agli alti margini.

I PRIMI CLONI

La comparsa dei cloni di iWatch sorprende solo fino a un certo punto. Ogni marchio che conta ha una scia di imitatori e Apple non fa eccezione. Non appena la Mela ha cominciato a parlare del suo orologio smart, sono iniziate ad apparire le copie. Già a luglio 2014 il produttore cinese Goophone ha annunciato un suo orologio che ricordava in tutto quello dell’azienda fondata da Steve Jobs. Poi a dicembre la Aiwatch di Hong Kong ha messo sul mercato il suo orologio hitech simile a quello di Apple, con un prezzo di partenza di circa 65 dollari.

AUDACI COPIE AL CES

Ma certo l’esposizione dei “cloni” di iWatch alla più importante fiera mondiale della tecnologia (al China Pavilion) fa più effetto. La copia considerata più “audace” è quella della Shenzhen Hyperdon Technology, piccola azienda cinese che produce un po’ di tutto, dai tablet agli auricolari Bluetooth e molti smart watch, tra cui uno, esposto al Ces, esattamente uguale a quello di Apple.

“Le smaccate copie viste alla più grande fiera hitech del mondo dimostrano la velocità, l’audacia e l’incredibile precisione con cui i contraffattori cinesi riescono a imitare anche prodotti pionieri”, scrive il Financial Times. Che conferma di aver visto al Ces dei “falsi” iWatch che sembravano del tutto identici al vero e che spesso usano come sistema operativo Android di Google, ma riprogettato per apparire simile ad iOs di Apple.

(Apple ovviamente non è l’unica azienda occidentale ad essere imitata: non mancano le copie degli orologi smart Gear di Samsung o dei fitness tracker come Fitbit e Misfit Shine. Qualcuno di questi device è già in vendita su Alibaba).

L’ANALISTA

Ben Bajarin, analista di Creative Strategies, che pure ha osservato diversi “falsi” al Ces, ribadisce che il fenomeno non è così sorprendente: “La Cina fabbrica molte imitazioni di orologi di fascia alta”. E così esistono anche le copie cinesi di iPhone e iPad, che però hanno pesato ben poco sulle vendite di Apple, aggiunge Bajarin, perché si rivolgono a tipi di pubblico ben diversi. “Questo tipo di prodotti non potrebbe mai lasciare la Cina”, sottolinea Bajarin. “Tuttavia c’è da aspettarsi una valanga di smart watch Android a basso costo in Cina, apparentemente simili nel design”.

Naturalmente non tutte le aziende cinesi copiano: la maggior parte, soprattutto le grandi e più note, offrono prodotti con tecnologie legittime, da Lenovo a Haier, da Tcl a Hisense. 

APP STORE DA RECORD

Ma mentre la Cina si prepara a una nuova ondata di “cloni” (e di tanti altri legittimi prodotti low-cost), Apple in Occidente naviga col vento in poppa. La prima settimana di gennaio l’App Store ha registrato vendite record per 500 milioni di dollari (e il 1 gennaio è stato in assoluto il giorno di vendite maggiore nella storia del negozio Apple): questo è un segnale più che positivo, perché vuol dire che ci sono anche molti clienti nuovi dei device Apple (iPhone, iPad e iPod Touch) che scaricano applicazioni.

Gli esperti pensano dunque che i buoni risultati dell’App Store siano il preludio di un trimestre dalle performance robuste. Giudicando dal numero altissimo di download dall’App Store, gli analisti si aspettano che Apple abbia venduto circa 70 milioni di iPhone nell’ultimo trimestre del 2014 (i risultati ufficiali arriveranno a fine gennaio). Thomson Reuters prevede un fatturato di 66,49 miliardi di dollari.

Per Apple le vendite dell’App Store sono importanti perché, anche se il grosso del suo guadagno viene dalla vendita di hardware (gli iPhone, principalmente), su App Store e iTunes i margini sono generalmente più alti che sui device.

Tutto il 2014 è stato un record per l’App Store. Secondo dati della stessa Apple, le vendite di app sono aumentate del 50% anno su anno; Cupertino ha versato 10 miliardi di dollari ai suoi sviluppatori nel 2014, mentre Apple (che trattiene il 30% delle entrate da ciascuna transazione su App Store) ha messo in tasca circa 4,3 miliardi (5 miliardi secondo il Financial Times) dalle transazioni sul suo negozio di app. Una base utenti che spende parecchio sulle applicazioni resta uno dei vantaggi chiave di Apple rispetto a Google e al suo sistema operativo Android: anche se è quest’ultimo il sistema mobile dominante nel mondo, le revenues globali dell’App Store sono state del 60% più alte delle revenues del Google Play Store nel terzo trimestre 2014, secondo la società di analisi App Annie.

IOS IN ASCESA

Le forti vendite di iPhone 6 hanno fatto sì anche che sul mercato globale dei sistemi operativi mobili iOs di Apple abbia visto aumentare il suo share a scapito di Android, ancora dominante ma in lieve flessione sui mercati occidentali per le ottime performance di Apple. Negli Stati Uniti, in particolare, secondo i dati di Kantar Worldpanel ComTech, Android perde quote sul segmento smartphone per la prima volta da settembre 2013. “L’iPhone 6 è stato il cellulare più venduto negli Usa nei tre mesi terminati il 30 novembre, catturando il 19% delle vendite di smartphone”, sottolinea Carolina Milanesi, Chief of Research di Kantar Worldpanel ComTech.

Anche nell’Eu5 (Uk, Germania, Francia, Italia e Spagna), nei tre mesi terminati a novembre 2014, il sistema operativo di casa Google ha visto il suo market share scendere al 69,9% rispetto al 73,1% di un anno prima. La perdita di quote di mercato è massima in Gran Bretagna, con un calo per Android di 6,7 punti percentuali; al contrario, grazie al lancio di iPhone 6 e iPhone 6 Plus, iOs rappresenta il 42,5% delle vendite di smartphone nei tre mesi fino al 30 novembre, un miglioramento del 12,2%.

La perdita di share del sistema di Google è stata ancora più netta in Australia: qui la quota di Android sulle vendite di smartphone è in flessione del 10,1%, mentre iOs sale di 9,9 punti percentuali.

In controtendenza si collocano, tra i paesi studiati da Kantar, il Giappone e, soprattutto, la Cina, dove Android continua a dominare con una quota dell’80,4% delle vendite di smartphone nei tre mesi terminati a fine novembre scorso, contro il 18,1% di iOs. “La grande varietà di prodotti offerti dai vendor locali, primo fra tutti Xiaomi, continua a far salire la quota di Android”, spiega Tamsin Timpson, strategic insight director di Kantar Worldpanel ComTech Asia. Ma finché la valanga cinese resterà in Cina, Apple non dovrà temere.



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