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Se in Liguria il Pd si sfascia

Le primarie in Liguria si sono concluse con un accuse pesanti di brogli. La commissione di Garanzia ha annullato il voto in 13 seggi e su due sta indagando la magistratura per infiltrazione mafiosa. Che dire? Siamo in una situazione ormai oltre i limiti dell’accettabile e in questa vicenda non si giocano i destini politici di due candidati, ma molto di più: la credibilità complessiva del Partito Democratico.

La vicenda

Sergio Cofferati è un volto storico della sinistra italiana e del mondo sindacale. Un nome di peso che ora decide di lasciare il PD. Prima della conclusione delle primarie per la scelta del candidato del PD alla Presidenza della Regione Liguria, Sergio Cofferati aveva fatto appello alla Segretaria Nazionale del PD, a Matteo Guerini e Matteo Renzi in persona, per intervenire sulle regole dello svolgimento delle consultazioni di partito. Gli esponenti di NCD avevano platealmente annunciato di partecipare alle primarie per sostenere la candidata, sempre del PD, Raffaella Paita.

Il messaggio di Cofferati cade nel vuoto. Matteo Renzi vuole che le primarie si facciano con le regole attuali, che consentono a tutti di partecipare. A prescindere, di fatto, dall’appartenenza partitica. Dico di fatto poiché in teoria per partecipare alle primarie occorre sottoscrivere il manifesto dei valori del PD e l’albo degli elettori: quelli di NCD che hanno partecipato, quindi, lo hanno fatto ingannando tutti. Sono elettori/elettrici di un partito diverso dal PD, alle elezioni voteranno un partito diverso dal PD, non condividono, evidentemente nessuno dei valori del PD, eppure hanno potuto partecipare nella selezione di un candidato di partito della parte avversaria: nessuno ci vede un problema?

Lo scandalo

Durante le votazioni Cofferati torna all’attacco. Lui e il suo Staff denunciano truppe cammellate di marocchini e cinesi in diversi seggi, da La Spezia a Imperia. Il Presidente del Seggio sospende le procedure di voto, ma da Roma niente: tutto regolare, si procede con le votazioni. Sergio Cofferati è incredulo e con lui molti altri,iscritti e non del PD.

La vittoria di Paita

Raffaella Paita vince con un ampio margine le primarie del PD (o meglio dire le primarie del chiunque partecipi va bene). Sergio Cofferati non riconosce l’esito delle votazioni e fa ricorso. Matteo Renzi non si fa persuadere. 13 seggi annullati, oltre 4000 voti annullati e su due casi indaga la magistratura per infiltrazione mafiosa. Una cosa molto grave che getta sulla competizione in questione un ombra oscena. Motivi più che sufficienti, in situazione normale, a dire: annulliamo tutto e ripetiamo le consultazioni con regole più stringenti e chiare. Invece no, Matteo Renzi, urbi et orbi, proclama vincitrice la candidata che lui desiderava, in Direzione PD.

L’addio di Cofferati (forse…)

Cofferati dice addio al PD. Su questa mossa ci possiamo riflettere in modo approfondito. In molti diranno che è solo una ripicca personale perché ha perso la competizione e non gli è andata giù. Altri lo lodano per il coraggio e la determinazione di aver detto sempre come stavano le cose e di non aver finto che tutto fosse apposto. Altri lo criticano: potevi andartene quando il PD demoliva l’art.18 che tu come ex sindacalista avresti dovuto difendere? Insomma, nella scelta di lasciare il partito e di auspicare un soggetto nuovo, a sinistra, scatena critiche di opportunismo e di egoismo. Alcuni provocano Pippo Civati, sostenendo che la mossa eclatante ora l’ha fatta Cofferati. Ma in realtà, Civati deve essere cauto perché ha un potenziale enorme dalla sua parte e raccoglie il consenso di molte elettrici ed elettori che orbitano attorno al PD, ma che non si sono iscritti perché non si riconoscono in una gestione personalistica come quella di Renzi. Dall’Europarlamento, poi, Simona Bonafé tuona: allora lasci il seggio. Su questo concordiamo, se cambia schieramento, lasci l’incarico al Parlamento Europeo. Ma anche altri eletti in altre liste e poi passati al PD, allora dovrebbero lasciare il loro incarico: Migliore (ex SEL) e Romano (ex Scelta Civica), a rigor di logica, no?

Lo spazio a sinistra del PD

Indubbiamente si apre uno spazio politico alla sinistra del PD. Per lo meno in Liguria. Dopo le dichiarazioni del deputato PD Luca Pastorino è evidente che c’è un rischio scissione ormai conclamato nel PD ligure. Non basta che Gianni Cuperlo si dica dispiaciuto e reputi l’addio di Cofferati una ferita.

Riflessione sul PD in generale 

La Liguria diventa oggi il banco di prova del Partito Democratico al tempo di Matteo Renzi. In questo anno le tensioni interne si sono via via acuite. Sarebbe miope non vedere che c’è uno scollamento crescente tra linea politica di Renzi e consenso interno, specie verso la parte più a sinistra del partito. Quell’ala rappresentata da Pippo Civati e a cui si è recentemente aggiunto Stefano Fassina. Cuperlo, Bersani e la Bindi non li possiamo ritenere facenti parte di quell’ala di sinistra che davvero non ne può più. Sembra che per loro valga il principio della critica forte sui giornali, ma della genuflessione poi nelle votazioni e nelle discussioni importanti. Anche nella sinistra del PD c’è un certo grado di schizofrenia.

In Liguria ci potrebbe essere un’occasione imperdibile per la minoranza della minoranza del PD, di verificare il proprio grado di forza. E anche per Renzi c’è l’opportunità di testare esattamente l’entità dell’eventuale perdita. Secondo i sondaggisti il 44% degli italiani non voterà alle prossime elezioni politiche. Un dato drammatico, perché l’a partecipazione elettorale in Italia è sempre stata a livelli alti. Sarà un momento davvero incerto. Secondo l’area di sinistra del PD quel 44% potrebbe contenere una % importanti di elettori di sinistra delusi dal PD e dalla politica poco chiara di Matteo Renzi. Secondo la parte destra del PD, quel 44% contiene per lo più moderati e centristi che solo una figura come l’attuale Segretario può mobilitare.

La verità è che nessuna delle due parti ha la minima idea di cosa accadrà. Per questo la minoranza non si scolla dal PD, e per questo Renzi non provoca mai una vera rottura. Entrambi le parti sanno che l’incertezza è troppo grande e dunque il rischio di un fallimento per tutti e due è eccessivo.

Per Renzi, poi, i dati sono scoraggianti. Questo a causa della pomposa retorica del 40,8% delle elezioni Europee. Percentuale erroneamente (o volutamente) sovrapposta a quella delle elezioni politiche normali. Che assurdità. Troppe variabili incerte in questa analisi: l’astensionismo prima di tutto… un dato così enorme che rende quasi nulla ogni previsione elettorale. Se i sondaggi hanno un valore, però, allora Renzi non ha nulla di cui gioire: il Centro Destra si è rafforzato notevolmente. Secondo le ultime stime, Matteo Salvini è il leader a destra più apprezzato e questo può solo preoccuparci.

Il Centro Sinistra è sceso in modo forte in questi ultimi sei mesi. Ad oggi avrebbe il 36,8% mentre il Centro Destra il 36,3%. Si ripresenterebbe una situazione di non governabilità o di larghe intese, a meno che il PD non si allei con il M5S (cosa assai difficile) che porta con se un decisivo 15-18% (una perdita enorme rispetto al 24% delle elezioni politiche precedenti). Il PD ha perso 6 punti percentuale nelle intenzioni di voto, passando da quel fantomatico 40.8% al 34,8%. La fiducia in Matteo Renzi come leader è crollata, come messo in luce dall’Atlante Politico del prof. Ilvo Diamanti, dal 74% del giugno 2014 al 52% alla fine di novembre 2014. Ad oggi la fiducia è al 45%, ancora in forte calo.

Anche la fiducia complessiva nella squadra di Governo è crollata. Dal 69% di giugno al 43% di fine novembre e al 36% oggi.

Rischi, opportunità e scenari inesplorati

In conclusione cosa possiamo dire? Credo si possano mettere insieme alcune riflessioni per punti:

1) il Governo e il Premier hanno perso in modo potente consenso e fiducia. Le divisioni interne hanno punito la strategia comunicativa di Renzi. Gli elettori del PD si sono stancati: da una parte quelli che non lo hanno mai sostenuto, dall’altra quelli che gli hanno dato fiducia e che si sono sentiti traditi dagli interventi in materia di lavoro ed economia;

2) la degenerazione della struttura del Partito Democratico. La retorica del 40,8% ignorava (volutamente o colpevolmente?) che c’erano le preferenze di mezzo e che in molti hanno votato sollecitati da questa possibilità: scegliersi finalmente un rappresentante. Renzi ha sovrapposto le cose: ha preso come una conferma di sé questo esito elettorale, sbagliando. La vera conferma doveva arrivare dalle elezioni regionali. Invece è emerso che l’astensionismo è cresciuto in modo preoccupante, specie nell’elettorato di sinistra, tradizionalmente molto attivo e partecipe. La svalutazione del ruolo dell’iscritto ha concorso, a mio avviso, in modo importante a questa degenerazione: militanti e attivisti si sono sentiti marginali se non inutili. Che vantaggio c’è nell’iscriversi quando poi alle primarie per la scelta dei candidati di riferimento partecipano tutti, senza alcuna distinzione di impegno, partecipazione o appartenenza ideale e valoriale ai principi del partito, compresi quelli del campo politico avversario? Crisi di identità e di ruolo!

3) I casi di malaffare, corruzione e scarso rispetto del regole da Venezia, a Milano, passando da Roma ed oggi in Liguria ha raffreddato gli animi di tutti coloro che, nel PD e nel Centro-Sinistra in generale, riconoscevano uno schieramento politico più attento a questi aspetti. La Legalità, come ho scritto tante volte in passato e non mi stancherò mai di ripetere, doveva e deve essere il cuore della ristrutturazione politica del PD e dell’Italia. C’è un’incoerenza assoluta tra i propositi iniziale di questa nuova fase e quello che realmente sta accadendo e che quotidianamente stiamo vivendo. Ad ogni livello, dal più piccolo circolo del PD al sistema Paese, il problema è serio e deve essere affrontato. Con coraggio e onestà. Dove sono queste qualità, oggi?

4) Un nuovo soggetto politico a sinistra? Ora è possibile? In Liguria senza dubbio sì: questa sarà davvero una interessante occasione. Un laboratorio di creatività politica in cui vedere se ci saranno novità nel panorama partitico nostrano. Il rischio è comunque grande: se nel territorio una lista nuova che si contrappone all’attuale sistema, fatto di seggi annullati e di controlli della magistratura, si confusione politica e di interferenze esterne, ha ottime possibilità di avere successo, se non addirittura di sconvolgere i piani elettorali di PD e FI, a livello nazionale questo progetto potrebbe essere la Waterloo della minoranza PD e dei suoi “nuovi” leader. Una regionalizzazione del consenso a sinistra farebbe sì che a livello nazionale un nuovo soggetto politico non possa aspirare a più del 4-5% (per essere molto ottimisti) condannandosi così all’irrilevanza, però avrebbe una coerenza interna e d’identità. Quindi starei attento con il fare annunci troppo prematuri: sfrutterei la Liguria come laboratorio, ma prenderei i risultati positivi comunque con la dovuta cautela. Mentre fossero negativi allora starei sereno: nessuna opzione praticabile a livello nazionale.

5) Riscoprire la propria identità: un’ultima opzione che mi viene in mente e che auspico, è la riscoperta dell’identità degli elettori/elettrici del Centro-Sinistra. Serve un bel bagno di umiltà anche a Renzi e un bel bagno di coerenza a tutti gli altri: a Berlino l’ex sindaco Klaus Wowereit dice ai suoi che devono riscoprire l’anima socialdemocratica. Eh sì, cari amici del PD: dobbiamo riscoprire la nostra anima. In occasione di Mafia-Capitale scrissi questa lettera che condivido con voi, nella speranza che le persone deluse non si allontanassero, ma si impegnassero per sostenere quelli che condividevano con loro preoccupazioni e speranza: solo partecipando attivamente le cose si possono cambiare e nel verso giusto. Sarebbe il caso che il PD si ricompattasse, perché solo insieme si può vincere. Solo insieme si possono superare le diversità, ma con un metodo diverso da quello usato fino ad ora. Basta insulti e accuse: basta coi Gufi. Qui c’è gente seria che discute, che si confronta e chi è ora alla guida di questo Partito si deve assumere la responsabilità del suo successo o del suo fallimento.



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