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Ecco chi si gioverà del golpe di Renzi contro le Popolari. Parla Giulio Sapelli

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’intervista di Sergio Luciano a Giulio Sapelli apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

«Su Renzi e sul suo governo si sta evidentemente esercitando una pressione molto forte, da parte dell’oligopolio finanziario internazionale. Non più filtrata da Napolitano: è l’unica spiegazione razionale che riesco a darmi a questo incredibile blitz»: è tra il caustico e lo stupefatto Giulio Sapelli, storico dell’economia e polemista di primo piano, su quello che definisce un «golpe» per il settore bancario, cioè la ventilata riforma delle banche popolari approvata oggi in consiglio dei ministri.

Professor Sapelli, addirittura un golpe?

Be’, è incredibile che – risponde Sapelli prima dell’approvazione da parte del Consiglio dei ministri – si pensi a una riforma di questa portata, che praticamente stravolge la natura di un terzo del settore bancario nazionale, in un periodo di vuoto di potere, perché manca il presidente della Repubblica, e pare addirittura con un decreto.

A chi gioverebbe, secondo lei?

Chiarissimo: abolire le banche popolari fa comodo ai grandi gruppi bancari tradizionali soprattutto stranieri, che in Borsa stanno già lucrando sui benefici di una riforma per ora solo annunciata.

Cos’è, ci risiamo con i complotti dei poteri forti stranieri e della Goldman Sachs?

Non ci scherzi troppo. C’è oggettivamente oggi sull’Italia un grumo di connessioni internazionali, di pressioni, dinanzi al quale il governo non ha una risposta. Un blitz del genere, per esempio, mette in pregiudizio anche la figura di Padoan, il ministro dell’Economia è lui. Mi stupisce che un uomo avveduto qual è abbia acconsentito a una cosa del genere.

Sì, ma da tempo la Banca d’Italia vuole cambiare le popolari.

Certo, la Banca d’Italia di oggi. Ma appena qualche anno fa via Nazionale pensava addirittura di dare alle popolari il controllo di Mediobanca. La verità è che aderire a queste spinte internazionali dimostra una perdita di indipendenza della banca centrale italiana dai poteri forti. Su questo tema via Nazionale sembrerebbe aver dimenticato l’insegnamento dei Beneduce, dei Menichella, dei Carli, dei Baffi, che tutelavano il credito popolare, demolendo in questo modo un’eredità tecnica ed etica, una visione pluralista delle modalità di collocazione della proprietà bancaria.

Cosa ne penserà il ministro Poletti, già presidente delle Lega delle cooperative?

Lo chieda a lui! Che passi una cosa del genere con un ministro del Lavoro espresso dalle coop, dimostra che la dirigenza cooperativa sta abiurando ai suoi principi, il che determinerà sicuramente qualche conseguenza in quel mondo cooperativo. È una cosa inimmaginabile.

Rimane il fatto che le popolari hanno avuto cattivi risultati negli ultimi anni.

Ma non è affatto vero, anzi: anche l’ultima relazione della commissione europea sul credito dimostra che le banche popolari e mutue hanno avuto ottime performance in tutti i paesi Ue sia sul piano patrimoniale che reddituale. In Italia, a parte il caso limite della Popolare di Milano, le altre popolari si sono comportate bene, le crisi di Montepaschi o Carige non hanno certo riguardato le popolari.

Quindi lei dice che nel mondo il credito cooperativo ha retto bene alla crisi?

Eccome! E se non le basta il caso europeo guardiamo agli Stati Uniti: la Casa Bianca ha appena nominato un nuovo direttore della Fed il quale ha dedicato tutto il suo impegno per l’economia territoriale e lo sviluppo del mondo mutualistico nordamericano, in primis le banche cooperative di credito E non a caso Jamie Dimon, Ceo di JP Morgan Chase, attaccare Obama, addirittura minacciando di trasferire la sede legale in Cina, se non cesserà quella che chiama la persecuzione regolamentaria degli organi dello Stato e della giustizia contro la ‘finanza creativa’ a lui tanto cara e a vantaggio della rinascita delle banche mutualistiche e legate al territorio.

Quindi questo italiano sarebbe un attacco ideologico e interessato?

Assolutamente sì: le popolari sono prede ideali per il grande capitale finanziario internazionale, e bisogna togliere di mezzo le leggi che le tutelano.

Non è che siano in molti, gli economisti a pensarla come lei

Dica pure che c’è uno spaventoso silenzio.

E allora, che fare?

Se proprio si vuol parlare di riforma, lo si faccia con un disegno di legge che consenta una discussione parlamentare e l’intervento della società civile, e si fughino in tal modo le ombre pesanti di sudditanza a poteri forti oscuri e privi di qualunque legittimazione.


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