Lo Yemen sta attraversando la più grande crisi degli ultimi anni. Ieri il leader del movimento ribelle Houthi, Abdul Malik al-Houthi (nella foto), ha annunciato nuove azioni contro il governo. La capitale San’a’ è stata presa d’assalto e il presidente arrestato. Il premier invece è riuscito a fuggire.
La situazione mette a rischio il processo di transizione promosso dalle Nazioni Unite e preoccupa la comunità internazionali. Per alcuni analisti, dietro agli Houthi c’è lo zampino dell’Iran, che approfitta del caos per trarne vantaggio.
MOTIVI DELLA CRISI
Tra le cause del conflitto ci sono grandi disparità di accesso al potere. Alti indici di disoccupazione, leadership debole, corruzione galoppante, carenza di infrastrutture ed esaurimento delle risorse hanno ostacolato lo sviluppo dello Yemen, il Paese più povero del Medio Oriente. Circa 10 milioni di yemeniti non hanno cosa mangiare. Questa realtà lo ha fatto diventare terra fertile per i ribelli.
CHI SONO I RIBELLI
Ma chi sono realmente i militanti del movimento Houthi? Conosciuti anche come Ansar Allah (Sostenitori di Allah), i ribelli appartengono a una parte dell’Islam sciita conosciuta come zaydi. Rappresentano un terzo della popolazione e sono stati al potere nello Yemen del Nord fino al 1962.
IL LEADER
Si chiamano “houthi” perché hanno preso il nome dal leader Hussein Badr al-Din al-Houthi. È stato lui a guidare la prima rivolta del gruppo nel 2004, quando hanno cercato di controllare la provincia di Saada per proteggere le tradizioni religiose e culturali minacciate dai sunniti islamisti. Nel 2004, Houthi è stato ucciso e la sua famiglia ha continuato la lotta.
ACCORDO DI PACE
La crisi è degenerata a metà settembre, quando i ribelli di Houthi e truppe dell’esercito si sono scontrati nella capitale. Sono stati sequestrati palazzi di governo e ministeri. La promessa del movimento era quella di ridare stabilità e benessere alla società.
Dopo settimane di conflitto, il 21 settembre Houthi ha firmato un accordo di pace con l’inviato speciale dell’Onu, Jamal Benomar, e il presidente dello Yemen, AbdRabbuh Mansour Hadi. Le condizioni dei ribelli sono state: il restauro dei sussidi per il carburante, la formazione di un nuovo governo “nazionale tecnocratico” e la nomina di alcuni membri di Houthi come consiglieri presidenziali, così come dal movimento secessionista Hiraak al-Janoubi.
NUOVA CRISI
Al momento della firma dell’impegno per “l’appendice di sicurezza” che prevedeva l’accordo e consegnare le arme, gli Houthi si sono tirati indietro. Ieri sono tornati a San’a’ a fuoco aperto, accendendo di nuovo le violenze. Con la loro retorica sostengono di cercare la riforma del sistema politico, ma dietro sembra nascondersi una gran voglia di potere.