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Net neutrality, che cosa cambia con la proposta della Fcc

Il presidente della Federal Communications Commission americana 
Tom Wheeler ha deciso: ai colleghi commissari ha proposto nuove regole per Internet che avvicineranno la gestione del web a quella in vigore per le utility o i pubblici servizi, riclassificando i fornitori della banda larga come “servizi di telecomunicazione”, in base al Title II del Communications Act, e non considerandoli più, come è oggi, “servizi di informazione” (meno regolamentati).

Il Title II dà alla Fcc l’autorità (pur se messa in dubbio dagli oppositori) per regolare più pesantemente il web ed ergersi a garanzia che gli Isp non interferiscano con il traffico web degli utenti, bloccando o rallentando alcuni contenuti. Per la prima volta, inoltre, queste regole riguarderanno non solo le società del cavo e i provider delle connessioni fisse a Internet, ma anche gli operatori della telefonia mobile.

POTERI “FORTI” ALLA FCC

“Dopo più di dieci anni di dibattito e un processo che ha attratto un record di quasi 4 milioni di commenti pubblici, è ora di trovare una soluzione alla questione della net neutrality”, scrive Wheeler. “Darò ai membri della Fcc la mia proposta per nuove regole che difenderanno Internet come piattaforma aperta. Gli operatori delle reti broadband hanno il comprensibile interesse a gestire la loro rete in modo da massimizzare il guadagno, ma le loro azioni potrebbero non essere sempre ideali nell’ottica di chi usa la rete”.

“Internet deve essere veloce, aperto, equo”, scrive ancora Wheeler. “E’ questo il messaggio che mi è arrivato da consumatori e innovatori in tutta la nazione. Questo è il principio che ha permesso a Internet di diventare una piattaforma unica per l’innovazione e l’espressione delle persone”.

Wheeler ricorda come in un primo momento abbia pensato alla possibilità di accordi “commercialmente ragionevoli” per gli Isp, ma spiega di essersi reso conto che tali accordi potevano essere male interpretati e gestiti a sfavore dei consumatori.

“Sto presentando ai miei colleghi le più solide protezioni per l’open Internet mai proposte dalla Fcc”, continua Wheeler. “Queste regole, attuabili, chiare a precise vieteranno di pagare per la priorità, di bloccare o rallentare contenuti e servizi. La mia proposta garantisce il diritto dell’utente di Internet di andare dove vuole, quando vuole, e anche il diritto degli innovatori di introdurre nuovi prodotti senza dover chiedere il permesso a nessuno”.

Tutto questo, secondo Wheeler, si può ottenere senza smettere di incoraggiare gli investimenti nelle reti broadband: per preservare gli incentivi per gli operatori della banda larga il presidente della Fcc promette di modernizzare il Title II, riadattandolo “al 21mo secolo”, e di dare alle aziende che costruiscono le reti che rendono il paese competitivo il giusto ritorno.

Sulla decisione di Wheeler ha pesato l’intervento diretto del presidente Barack Obama a favore della net neutrality e della riclassificazione sotto il Title II. La Fcc voterà sulla proposta il 26 febbraio.

LE REAZIONI

La decisione di Wheeler rappresenta una vittoria per le piccole web companies e gli attivisti della net neutrality che da sempre sostengono che senza regole forti si darebbe uno sleale vantaggio competitivo alle aziende del web più grandi che possono permettersi di pagare per ottenere priorità per i loro contenuti e servizi sulle reti delle telco. “Ringraziamo il presidente Wheeler per aver incluso l’uguale trattamento per il broadband fisso e mobile nella sua proposta”, ha dichiarato Michael Beckerman, Ceo della Internet Association, che rappresenta tra gli altri GoogleYahoo e Amazon. “C’è solo un Internet e gli utenti si aspettano un accesso senza censure al web indipendentemente che si colleghino da device fisso o mobile”.

Dall’altro lato si collocano gli Internet service provider: per loro la riclassificazione della banda larga come pubblico servizio bloccherà investimenti e innovazione. Wheeler ha promesso un approccio regolatorio “light touch” e ha detto che la Commissione non cercherà di decidere i prezzi né richiederà agli Isp di aprire le reti ai loro concorrenti, ma le telco non sono convinte. “La Fcc può evitare comportamenti dannosi o anti-competitivi senza ricorrere a questa scelta radicale”, ha detto Michael Glover, senior vice president di Verizon Communications. “E’ controproducente perché una regolazione pesante di Internet creerà incertezza e ostacolerà gli investimenti”.

“Per noi esiste una via di mezzo che permette di salvaguardare l’open Internet senza mettere a rischio gli investimenti e creare anni di incertezza legale”, ha detto Jim Cicconi, senior executive vice president of external and legislative affairs di At&t.

“La decisione di Wheeler non può piacere a At&t e Verizon, per le quali la non-regolamentazione del wireless è una priorità”, nota Paul de Sa, analista di Sanford Bernstein Research.

Meredith Attwell Baker, Ceo della Ctia, l’associazione industriale che rappresenta telco e Isp, ha detto che il Title II potrebbe avere un forte impatto negativo sull’industria e sottolinea che “la Fcc non ha l’autorità per imporre le regole del Title II per le utility anche ai servizi di banda larga mobile”.

Il vero grande timore degli Isp americani è che il prossimo passo della Fcc sia l’unbundling: costringere gli incumbent a dare accesso ai concorrenti alle loro reti. Queste politiche sono considerate dalle telco americane una deleteria imitazione di quanto avviene in Europa, un freno agli investimenti nella banda larga e un’indebita interferenza del regolatore, come spiega Michael Powell, presidente dell’Ncta, gruppo di lobby delle aziende del cavo.

Rick Boucher, ex parlamentare americano che oggi rappresenta le aziende della banda larga presso uno studio legale e tramite la Internet Innovation Alliance, altro gruppo di lobby, ribadisce che il più grande timore dei provider americani è proprio di essere costretti ad affittare le loro reti, dando accesso all’ultimo miglio. Dal punto di vista di Boucher l’unbundling crea una falsa concorrenza: ci sono più fornitori ma il servizio offerto è più scarso.

Non tutti i commentatori americani sono però dalla parte delle telco. Secondo alcuni la Fcc dovrebbe affrontare proprio il tema dell’ultimo miglio, perché gli americani hanno un servizio di banda larga di scarsa qualità rispetto ad altri paesi avanzati proprio per la poca concorrenza (il mercato è dominato da Comcast e TimeWarner, che ora vogliono anche fondersi) dovuta all’assenza di unbundling: oggi negli Usa chi vuole fare il provider di banda larga deve costruirsi la sua rete e non può affittarla; per questo i provider non sono tanti.

LE MANOVRE DELL’OPPOSIZIONE

In previsione della decisione di Wheeler, le telco americane hanno tentato un’ultima carta a fine gennaio, sponsorizzando una proposta di un gruppo di Repubblicani al Congresso che hanno chiesto un emendamento al Communications Act, aggiungendo delle regole sull’open Internet ma impedendo la temuta riclassificazione dei provider della banda larga come utility. L’emendamento vieterebbe inoltre alla Fcc di usare la sezione 706 del Telecommunications Act per regolare Internet. Insomma, un tentativo di svuotare di potere il regolatore. Il Congresso sta ancora lavorando su questa modifica della legge, ma si tratta di una proposta di matrice Repubblicana e, senza l’appoggio dei Democratici, si scontrerà probabilmente col veto di Obama.

Le aziende della banda larga hanno però un’altra potente arma fuori dal Congresso: le aule di tribunale. “Se la Commissione approverà la riclassificazione sotto il Title II, l’industria mobile americana non avrà altra scelta che ricorrere alla Corte d’Appello”, avverte il Ceo della Ctia Baker. Le cause legali fioccheranno.

IL PROBLEMA DELL’INTERCONNESSIONE

Wheeler non ha chiarito se la sua proposta proteggerà anche le aziende del video online come Netflix e YouTube dalle tariffe richieste dai fornitori della banda larga, con gli accordi di transito, per trasportare i video agli abbonati in modo veloce e senza interruzioni.

L’esperienza dell’utente finale non sarebbe infatti un problema in America: Dan Rayburn, principal analyst di Frost & Sullivan e proprietario di StreamingMedia.com dice che è buffo che le tre regole della Fcc siano “no blocking, no throttling, no paid prioritization”, visto non c’è un esempio di un solo Isp negli Usa che blocchi o rallenti contenuti a livello di consegna all’utente.

Le dispute sul rallentamento del traffico esistono, invece, a livello di interconnessione: Netflix, per esempio, ha accusato Comcast di rallentare di proposito il suo servizio. Anche qui le telco pensano di avere ragione a volersi far pagare: fornitori di contenuti come Netflix o YouTube usano quote spropositate delle loro risorse di rete. La Fcc ha detto che esaminerà questi accordi di transito caso per caso, per verificare che siano “ragionevoli”. Ma non è chiaro quali criteri adotterà.


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