Brano estratto dal report “Analisi delle possibili soluzioni alla crisi in Libia” del Centro Studi Internazionali
Negli ultimi mesi si è allungata l’ombra oscura di IS e del Califfato. Infatti, nel novembre 2014, la proclamazione, avvenuta a Derna, della nascita del califfato e il successivo giuramento di fedeltà allo Stato Islamico ed al suo leader Abu Bakr al-Baghdadi hanno inserito nel mosaico libico un nuovo tassello. La nascita del califfato in Libia, chiamato “Bayda” in onore del vecchio nome arabo della Cirenaica, non rappresenta un avvenimento estemporaneo, bensì un risultato frutto dei fenomeni politici interni libici e delle attuali contingenze internazionali.
Derna è sempre stata uno dei maggiori poli salafiti della Libia anche se mai legata strettamente ad al-Qaeda, come testimoniato da diversi fattori: le rivolte islamiste contro Gheddafi negli anni ’80 e ’90 nonché il continuo flusso di miliziani partiti per combattere sia il jihad anti-americano in Iraq nel 2003 che la rivolta in Siria e Iraq dal 2012 ad oggi.
La scorsa primavera, alcuni miliziani salafiti di Derna, detti il “Gruppo Battar”, che avevano combattuto al fianco dello Stato Islamico, sono tornati in patria, costituendo il Consiglio della Shura della Gioventù Islamica (CSGI). Tale formazione, pur senza entrare a far parte né di Ansar al-Sharia né del Consiglio dei Rivoluzionari di Bengasi, formazione ombrello che raccoglie diverse milizie islamiste libiche della Cirenaica, ha combattuto al loro fianco contro le milizie rivali e successivamente contro le forze di Haftar. A settembre, con l’arrivo di al-Azdi, il CSGI ha intensificato la propria azione di proselitismo e propaganda nell’area di Derna, soprattutto nelle aree rurali attigue alla città poiché il nucleo urbano era controllato dai rivali della Brigata dei Martiri di Abu Salim.
Ad oggi, con la dichiarazione della nascita del califfato, i reduci libici della guerra siro-irachena pongono una nuova e imprevedibile sfida alla inconsistente architettura politica e di sicurezza nazionale. Infatti, se da un lato la Comunità Internazionale cercherà di favorire il dialogo tra Tobruk e Tripoli per facilitare la formazione di un fronte moderato e sosterrà le azioni di Haftar, dall’altro l’esperienza e l’assertività del CSGI proverà a compattare e riunire sotto la bandiera dello Stato Islamico libico le formazioni jihadiste. Dunque, la Libia rischia non solo di continuare ad essere dilaniata dalla guerra civile e dalla polarizzazione del panorama politico, ma di trasformarsi, in caso di inefficacia dell’azione internazionale, in un santuario salafita a due passi dalle coste italiane.
Appare possibile che, nei prossimi mesi, le attività del nuovo califfato di Bayda si intensifichino e che la minaccia jihadista passi da essere locale a nazionale e infine internazionale. La creazione di una realtà para-statale di matrice terrorista alle porte dell’Europa, purtroppo, rende concreto il rischio che la Libia si trasformi in una fucina di miliziani pronti a colpire non soltanto in Africa, ma anche nel Vecchio Continente. La chiave del successo delle reti jihadiste è costituita dalla cooptazione delle reti tribali e dalla capacità di stringere alleanze con le milizie locali. Anche in questo caso, gli eventi di Sirte sono esemplificativi della strategia del Califfato Bayda, capace di sostituirsi alla famiglia Senussi, l’antica casata reale libica, quale attore egemone nella città, integrando all’interno dei propri ranghi alcune bande armate precedentemente inquadrate in Ansar al-Sharia.
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