Una bozza dei tecnici di Palazzo Chigi mette a soqquadro il settore delle tlc. Con Telecom che grida implicitamente alla rottamazione della rete in rame, paventando svalutazioni monstre – secondo il Sole 24 Ore – con impatto dirompente sui conti, sui dividendi dunque anche sul titolo in Borsa. Mentre sullo sfondo resta in ballo il dossier Metroweb e alcuni osservatori indicano proprio nelle tensioni susseguenti alla rottura tra governo e Telecom sul controllo della società per la rete in fibra ottica uno dei motivi delle tensioni in corso. Ma vediamo da dove nasce la polemica e le principali questioni in ballo, in vista del consiglio dei ministri di martedì prossimo. E c’è chi dice martedì prossimo sul testo finale non saranno indicate date precise sullo switch off.
PROGETTO RING
Ring, acronimo di rete italiana di nuova generazione. E’ questo l’obiettivo contenuto nella bozza del decreto legge per la banda larga che impatta in primo luogo su Telecom Italia e che dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri il prossimo martedì. Il contenuto del piano predisposto dagli uffici tecnici della presidenza del Consiglio, e ora sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico e che da qui a martedì potrà cambiare ulteriormente, è “incandescente”, scrive il Corriere della Sera: basterebbero i titoli provvisori dell’articolo 1, inclusione della banda ultralarga nel servizio universale, e dell’articolo 2, attivazione graduale e definitiva delle reti di nuova generazione, per capire quale possa essere il grado di preoccupazione tra gli operatori.
I PUNTI DELLA BOZZA
Il punto 2 del decreto è dedicato all’”Attivazione graduale e definitiva delle reti di nuova generazione in fibra ottica” e nell’articolato prevede un punto, il primo, “che se applicato con rigore avrebbe l’effetto di uno tsunami sulla prima azienda di tlc del paese, la Telecom”, scrive Giovanni Pons di Repubblica. Eccolo: «Al fine di rilanciare lo sviluppo nazionale nel settore digitale, a far data dal 31 dicembre 2030, la fornitura di servizi di connettività ed accesso ad Internet nei confronti di utenti ed imprese può avvenire, da parte degli operatori autorizzati ai sensi del Dlgs 259/2003, esclusivamente attraverso reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga».
LO SCENARIO
Nella sostanza il piano prevede lo switch off (ovvero l’abbandono) della rete in rame – di proprietà di Telecom Italia – entro il 2030. “Un retroscena mostra l’importanza di questo passaggio: fino a una settimana fa la data ipotizzata era il 2024. Una scadenza spostata in avanti di sei anni, visto lo scontro in campo”, nota Fabrizio Massaro del Corsera. Che aggiunge a proposito della bozza: “Il piano al quale ha lavorato Raffaele Tiscar per conto del governo sarebbe ora oggetto di considerazioni non sempre concordi da parte di Andrea Guerra, consulente economico di Renzi”. 2030? “Persi 20 anni. Ora basta. Anche 2030 è troppo”, ha cinguettato l’ex Garante della Privacy, Franco Pizzetti.
GLI EFFETTI DEL DECRETO
“In pratica con tale documento si mette una data precisa alla rottamazione della rete in rame – secondo Pons di Repubblica – Telecom, che ha iscritto a bilancio la sua rete ancora in gran parte in rame, per un valore intorno ai 15 miliardi, sarebbe costretta a operare una svalutazione monstre di questo valore, con conseguenze imprevedibili per azionisti e obbligazionisti che sul valore di quell’asset hanno prestato i loro soldi alla società. Insomma a qualcuno è sembrato un blitz ai danni di Telecom forse dettato dal duro scontro in atto in queste settimane sulle modalità di costruire intorno alla società Metroweb un veicolo per sviluppare la rete di nuova generazione del paese”. “E se più banalmente – si chiede Antonella Olivieri alla fine del suo commento odierno sul Sole 24 Ore molto critico con l’impostazione invasiva della bozza governativa – “l’obiettivo fosse riportare Telecom al tavolo Metroweb?”.
DOSSIER METROWEB
La partita si innesta, dunque, con il dossier Metroweb. Pochi giorni fa il board di Telecom ha bocciato l’ingresso in Metroweb (la società di fibra ottica controllata dal fondo F2i e dalla Cassa depositi e prestiti attraverso Fsi) presentato dall’ad Marco Patuano e ha varato 3 miliardi di investimento sulla rete veloce. In altri termini, come spiegato qui da Formiche.net, il forcing del governo sui principali operatori del settore per realizzare una operazione sistemica su Metroweb non è stato accolto da Telecom, che puntava al 51% della newco di Metroweb per la realizzazione della rete di nuova generazione. Ma una posizione dominante sulla fibra ottica da parte dell’ex monopolista – che detiene anche la fibra in rame – desta perplessità in vari settori del Parlamento e anche del governo, anche per i rischi antitrust denunciati ad esempio da Vodafone in un esposto all’Autorità di garanzia del mercato e della concorrenza.
DIPLOMAZIE AL LAVORO
Ma a cosa punto il piano del governo? Raggiungere gli obbiettivi dell’Agenda digitale europea che prevedono al 2020 che il 100% della popolazione possa usufruire di una rete almeno a 30 Megabit al secondo mentre il 50% della popolazione deve viaggiare a 100 Megabit. “Poiché Telecom Italia da sola non è in grado di soddisfare tali obbiettivi – scrive Repubblica – ecco che il governo ha deciso di mettere in campo risorse pubbliche, si parla di 6-7 miliardi, e convogliare anche gli investimenti degli operatori privati all’interno di un veicolo comune in modo da evitare duplicazioni nelle aree a maggiore interesse. Ma finora la quadra non è stata trovata anche se la disponibilità a trattare, da una parte e dall’altra, sembra ancora viva”.