Grazie all’autorizzazione del gruppo Class, pubblichiamo l’articolo di Antonino D’Anna uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi
Lo schema sembra quello di Vatileaks: il cavallo (la Curia) si imbizzarrisce e butta a terra il cavaliere (il Papa). Ha funzionato, e bene, con Joseph Ratzinger; potrebbe funzionare anche con Jorge Mario Bergoglio.
Non è difficile guardare ad uno scenario come questo, si dice anche Oltretevere, mentre sulla stampa affiorano i verbali delle riunioni in cui i cardinali litigano tra loro anche sul controllo dell’Apsa, (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica) la vera banca centrale del Vaticano.
Come in Vatileaks il «cattivo» da azzoppare per far cadere il Papa è stato individuato nel cardinale Tarcisio Bertone e la corrente bertoniana (che però, va detto, ci ha messo anche un certo impegno nella colonizzazione degli spazi vaticani), così il «cattivo» che adesso emerge dalle pagine dei verbali vaticani è perfetto per l’occasione: nientemeno che George Pell, il cardinale australiano scelto da Francesco come riformatore e ministro delle finanze vaticane.
Una nomina di fiducia personale made in Bergoglio (ed è la cifra delle scelte – giuste o sbagliate – di questo papato), che tuttavia sta finendo per scontentare quel mondo romano (non solo clericale, ma anche e soprattutto una certa finanza presente Oltretevere) desideroso di rimettere piede nei salotti finanziari papali. L’accusa: è troppo accentratore, vuole decidere tutto lui. E’ più o meno lo stesso che veniva detto di Bertone.
Fateci caso: prima le voci insistenti sulla cattiva salute del Papa; il Sinodo straordinario sulla Famiglia (che avrebbe dovuto dare il la a chissà quali enormi aperture) i cui risultati (viste le attese) sono stati scarsi e che ha visto roventi polemiche tra progressisti e conservatori; poi ancora le liti per il controllo delle sacre finanze. Il metodo è quello ed è collaudato: convincere il Pontefice che la macchina non funziona, è tutto una gran confusione in cui il Papa non riesce a gestire niente, per giungere alla conclusione più logica.
E le scelte sono due: o il Papa decide un repulisti profondo della Curia, decapitando tutti i capi dicastero, i segretari e giù fino ai capufficio (impossibile da fare, specie per Francesco che ha una conoscenza della Curia molto scarsa); oppure, giunto alla conclusione che la situazione è ingestibile, specie dopo il Sinodo sulla Famiglia del 2015 (vedremo i risultati), il Papa potrebbe trovare una via d’uscita nelle dimissioni.
Tra l’altro, Bergoglio il 17 dicembre 2016 compirà 80 anni, l’età che Paolo VI fissò nel 1970 per far decadere i cardinali dall’elettorato attivo e passivo in Conclave nonché – definitivamente – da tutti gli incarichi di Curia. Ratzinger ha dimostrato che un Papa si può dimettere e lo ha fatto: e se invece Bergoglio finisse per istituzionalizzare le dimissioni papali a quell’età?