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Fcc, con la net neutrality l’America sarà più competitiva

La net neutrality approvata dalla Federal Communications Commission americana non è un piano per regolare Internet. Almeno non più di quanto “il Primo Emendamento sia un piano per regolare la libertà di parola”, ha detto il presidente dell’authority Tom Wheeler. La net neutrality vuol dire che nessuna azienda può controllare che cosa un utente fa su Internet e le nuove regole servono a stimolare l’innovazione e un mercato equo.

LA VITTORIA SULLE CORPORATION

Se le telco e i Repubblicani scuotono la testa, e Google sembra nutrire forti perplessità, ci sono tante parti d’America che hanno abbracciato la visione di Wheeler (e del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama). “Internet aperto stimola innovazione e crescita nelle comunicazioni e nell’economia. Il voto della Fcc per la net neutrality è una vittoria per tutti”, ha twittato il Senatore Chuck Schumer.

Ha parlato di vittoria per la libertà di espressione il senatore Al Franken, che ha dichiarato: “Internet è una parte vitale delle nostre vite quotidiane e la net neutrality è al cuore del funzionamento di Internet. E’ cruciale che la nostra democrazia e la nostra economia continuino a funzionare così”. Per il Senatore Bernie Sanders, “la Fcc si è assicurata che Internet resti una piazza per il libero scambio di idee e informazioni senza discriminazioni e controllo da parte delle corporation. Non ci devono essere corsie preferenziali e veloci per i pochi che si possono permettere di pagare. Internet resterà l’area della nostra società più puramente democratica. La gente può battere le corporation”.

LOTTA AI POTERI FORTI DEL BROADBAND 

C’è anche un ragionamento prettamente economico dietro questi entusiasmi. Gli Stati Uniti sono rimasti indietro rispetto alle nazioni più evolute in fatto di velocità e accessibilità della banda ultra-larga, notano gli esperti, e il motivo è nella scarsa concorrenza di mercato. Dati della National Telecommunications and Information Administration State Broadband Initiative e della Fcc mostrano che il 75% degli americani può scegliere tra un solo o nessun provider di Internet su banda larga (velocità di 25 megabit al secondo). Per l’ultra-banda larga (50 megabit), l’82% degli americani ha al massimo un provider a cui rivolgersi.

Agli occhi di Wheeler e della Casa Bianca questo è un punto di fallimento del mercato americano. Scaricare un film ad alta definizione richiede sette secondi a Seoul, Hong Kong, Tokyo, Zurigo, Bucharest e Parigi, dove il costo delle connessioni Internet può essere di solo 30 dollari al mese. A Los Angeles, New York e Washington scaricare lo stesso film richiede 1,4 minuti per chi ha l’ultra-broadband, che costa fino a 300 dollari al mese, ha denunciato lo studio The Cost of Connectivity dell’Open Technology Institute della New America Foundation.

Lo studio mette a confronto l’accesso a Internet in alcune città americane, europee e asiatiche. Mentre in generale gli Usa restano indietro, alcune piccole città Usa — Chattanooga, Kansas City (sia in Kansas che in Missouri), Lafayette, Bristol – fanno rilevare tra le velocità più alte, al pari delle più evolute città d’Europa e Asia; qui il provider dell’accesso Internet non è un big dell’industria telecom o del cavo ma la città stessa con la propria rete.

“Il ritardo americano nella velocità, insieme ai prezzi esorbitanti dell’accesso Internet, sono un puro prodotto di logiche economiche”, sottolinea Tim Wu, il professore della Columbia Law School, ex consulente della Federal Trade Commission e “padre” della net neutrality. “In media ogni mercato americano ha uno o al massimo due fornitori del servizio Internet e così si crea un monopolio o duopolio sui prezzi”.

Di qui l’idea della Fcc e della Casa Bianca di creare un set di regole più robuste per proteggere l’open Internet e arginare lo strapotere delle corporation, favorendo le esperienze delle città. Tom Wheeler l’anno scorso ha detto che “Il cuore delle politiche sul broadband è che la concorrenza è lo strumento più efficace per promuovere innovazione, investimenti e benefici economici e per i consumatori. Purtroppo, oggi la realtà è che, mentre la banda larga cresce, la concorrenza e la scelta per i consumatori diminuiscono”.

“Al momento, le cable companies hanno vinto sul mercato dell’Internet ultra-veloce”, afferma Susan Crawford, condirettore del Berkman Center for Internet and Society della Harvard Law School, ed ex consulente dell’amministrazione Obama. Le nuove regole, spiega la Crawford, non garantiscono l’ingresso e la concorrenza di nuovi entranti (dai fornitori di tecnologie mobili di nuova generazione alle reti ultra-veloci costruite dalle singole città), ma evitano che i fornitori dominanti della banda larga abusino del loro potere di mercato.

Tuttavia non tutti pensano che le regole della Fcc serviranno. “E’ improbabile che sorgerà un forte concorrente su scala nazionale che insidi gli incumbent nell’immediato futuro”, sottolinea Kevin Werbach, ex consulente della Fcc e professore associato della Wharton School dell’Università della Pennsylvania.

I PROGETTI MUNICIPALI

Negli Stati Uniti, decine di città stanno lavorando per creare le loro reti broadband locali. Di solito questi progetti prevedono che la città finanzi direttamente o sostenga terzi per la costruzione di reti con la tecnologia fiber to the home e velocità fino a 1 gigabit al secondo.

Anche Google sta lavorando con diverse città per fornire queste reti in fibra, col suo progetto Google Fiber. I critici della net neutrality “alla Wheeler” dicono che Google Fiber è esattamente la storia di successo che prova che la scarsa regolazione favorisce i progetti nuovi e la concorrenza. “Il mercato della banda larga non è perfetto, ma funziona”, afferma Larry Irving, ex funzionario del dipartimento del Commercio sotto Clinton e ora co-chairman della Internet Innovation Alliance. “Credo che la cosa importante sia dare alle persone incentivi per competere anziché cercare di creare la concorrenza con le regole”.

Ma quanto peso hanno le iniziative municipali per il broadband? Secondo alcuni potrebbero rimanere casi isolati: i budget locali sono ristretti e i risultati non sempre incoraggianti. “Per ora le reti di banda larga delle città sono l’unica concorrenza che vediamo all’orizzonte e non credo che sarà gran cosa”, osserva David J. Farber, professore di informatica e politiche pubbliche della Carnegie Mellon University, che ha lavorato anche per la Fcc.

Le città però già cantano vittoria parlando di un importante passo in avanti per creare più concorrenza sul mercato broadband: la riclassificazione della banda larga significherà anche che le aziende telcom, ora più regolate, dovranno fornire accesso alle loro infrastrutture e i progetti municipali sulla fibra ottica, compreso quello di Google, potranno essere attuati a costi inferiori. 

OBAMACARE E OBAMANET

L’intervento pubblico sull’economia di Internet è così sgradito ad alcuni da aver già stimolato il paragone con l’Obamacare e fatto coniare il termine Obamanet. Tuttavia per gli analisti di Quartz l’accostamento è improprio. Con Obamacare, il Congresso ha scritto una legge che richiede che tutti gli americani abbiano l’assicurazione medica, creando sussidi (finanziati con le tasse) per poter rendere più accessibile la copertura sanitaria. Obamacare ha anche creato nuovi mercati per l’acquisto delle assicurazioni e fissato regole sulle assicurazioni mediche; in più ha esteso la copertura Medicare per i poveri. Con le regole della net neutrality, invece, non ci sono né leggi, né tasse né nuove spese da parte dello Stato. Classificando aziende come Comcast, At&t e Verizon come servizi di comunicazione e non informazione la Fcc vuole assicurarsi l’autorità per vigilare sul comportamento di queste aziende e far sì che trattino tutti i dati sulle loro reti in modo uguale. La Fcc ha già indicato che rinuncia al potere di fissare i prezzi e livellare tariffe. Non a caso, due telco, Sprint e T-Mobile, concorrenti delle big Verizon e At&t, non hanno mosso critiche alla scelta della Fcc.

Ciononostante, le critiche e i paragoni con l’Obamacare non si placano. Per il Wsj, la Fcc non ha alcuna prova che le aziende telecom blocchino i contenuti per gli utenti: starebbe solo prevenendo un teorico male futuro. Al contrario, “è difficile immaginare un mercato più giusto e ragionevole di Internet. E non avrebbe senso chiedere che le aziende innovino senza recare danno alle altre: Apple esisterebbe se il governo avesse costretto Steve Jobs ad essere ‘ragionevole’ con tutti i suoi concorrenti?” Anche se forse non è l’argomento più convincente.


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