Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori, pubblichiamo l’articolo di Andrea Pira uscito sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi
I tempi delle trattative con gli Stati Uniti sul Ttip rischiano di indebolire la posizione europea. “La concentrazione della parte più viva e controversa del negoziato nell’arco di pochi mesi potrebbe imporre tempi non congeniali ai processi di formazione del consenso nell’Ue a 28”, si legge sulla scheda di lettura sul Trattato transatlantico per gli scambi e gli investimenti realizzata per il Senato dal servizio Affari internazionali.
L’ottavo round di negoziati che si è tenuto a Bruxelles dal 2 al 6 febbraio ha avuto come obiettivo “intensificare il confronto” tra l’Unione europea e gli Usa. Un primo passo in questa direzione è stata la convocazione di altre due tornate di negoziati entro l’estate. Tra le novità c’è l’idea di istituire un organismo comune che si occupi di norme. “Nessun passo significativo si è invece registrato su alcuni temi caldi”, continua il documento del Senato. Tra questi quello caro al comparto agricolo italiano, come la tutela della denominazione di origine controllata, ma anche sui servizi finanziari ed energia. Il calendario resta tuttavia uno degli aspetti principali di un negoziato che trova diversi critici su modi e contenuti, in particolare il controverso meccanismo di composizione delle controversie tra investitore e Stato. Questo nonostante sia stato presentato come uno strumento di rilancio per l’Europa. Lo stesso governo italiano, durante il semestre di presidenza europeo si è speso in elogi dei benefici che arriveranno dal trattato. E lo scorso 23 febbraio il ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, ha paventato la perdita di influenza geopolitica della Ue se non si dovesse arrivare a un accordo.
“Appare probabile che i negoziati non subiscano un’accelerazione reale prima della seconda metà del 2015”, spiega ancora il documento. Prima l’amministrazione Usa punta a portare a termine le trattative sul trattato di libero scambio nel Pacifico, che coinvolge dodici Paesi tra Americhe, Asia e Oceania. “Solo allora”, si legge nel documento “sarà possibile affrontare in concreto i capitoli negoziali, come appalti pubblici, indicazioni geografiche e servizi finanziari”. Inoltre “l’opportunità di chiudere il negoziato stesso, o comunque raggiungere un punto d’arrivo politico prima che la campagna elettorale Usa entri nel vivo potrebbe incidere negativamente sulla qualità dell’intesa”. Infine c’è un problema di posizione negoziale. La chiusura dell’intesa con i partner del Pacifico rende il Ttip meno indispensabile. Assieme alle migliori performance dell’economia statunitense, questo può indebolire ancora di più la posizione Ue. “Esiste pertanto la possibilità concreta” che per evitare rinvii la Ue si trovi costretta ad accettare termini meno favorevoli in modo da chiudere entro il 2015.