Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Bonifacio Borruso apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Diciassette minuti e quattro secondi: tanto è durato il discorso di Papa Francesco agli 80mila aderenti a Comunione e liberazione giunti sabato scorso in piazza S. Pietro per un’udienza speciale, concessa al movimento cattolico nel decennale della morte del fondatore, Luigi Giussani. Un discorso breve, destinato a far parlare, dividendo il movimento cattolico fra entusiasti e critici. Che cosa ha detto Jorge Bergoglio? Ha intessuto un elegio del fondatore, di cui ha ribadito d’essere un estimatore. Fatto certo non nuovo ai lettori di ItaliaOggi, visto che questo giornale, a pochi giorni dalla sua elezione al soglio pontificio, ricordò la frequentazione dell’allora arcivescovo di Buenos Aires con Giacomo Tantardini e la comunità ciellina della Capitale.
Il pontefice ha però riservato la seconda parte del suo discorso a mettere in guardia i ciellini dall’indugiare sul passato e, così facendo, di mal interpretare il carisma stesso di Giussani. Il pontefice ha raccomandato di ricordare che «il centro non è il carisma, il centro è uno solo, è Gesù!» e che «tutta la spiritualità, tutti i carismi nella Chiesa devono essere «decentrati».
Un passaggio che ha fatto sobbalzare più d’uno. Il ciellino Antonio Socci ha parlato di «gaffe bergogliana» nel suo editoriale su Libero e, proprio usando il fondatore del movimento, ha ricordato che il carisma «è il terminale ultimo dell’Incarnazione». Ma non si tratta di una disquisizione teologica, perché il Papa ha anche attaccato i vizi di certi ciellini, cui ha detto che «Il riferimento all’eredità che vi ha lasciato don Giussani non può ridursi a un museo di ricordi, di decisioni prese, di norme di condotta. Comporta certamente fedeltà alla tradizione, ma fedeltà alla tradizione – diceva Mahler – «significa tenere vivo il fuoco e non adorare le ceneri».
Parole che non sono sfuggite a Robi Ronza, ciellino della primissima ora, tra i primi intervistatori di Giussani, e già portavoce del Meeting di Rimini, intervenuto domenica, su sito La Nuova Bussola quotidiana. Ronza ha parlato di un «discorso di ammonimento», da parte di Francesco: «A parte le parole cordiali rivolte a Julian Carron, non si rileva invece in tutto il discorso alcun cenno positivo, anzi alcun cenno in assoluto, alla realtà attuale del movimento e alla sua antica rilevante presenza in quelle periferie del mondo che tanto stanno a cuore a Papa Francesco».
Infatti, al grande impegno sociale ciellino, fiorito in questi sessant’anni, il pontefice non ha fatto riferimento. Non una parola sui malati di Aids ugandesi curati, sui poveri di Lima per i quali si è costruito un ateneo, sui ragazzini dei Quartieri spagnoli a Napoli o sui figli degli immigrati che a Milano frequentano i doposcuola legati al movimento, sull’accoglienza dei minori in difficoltà in tante zone d’Italia e alla grande macchina sfama-poveri del Banco Alimentare, non una parola per quanto le periferie esistenziali fossero state citate nuovamente dal Bergoglio stesso.
Paragonado l’udienza ciellina a quella dei Neocatecumenali, del giorno prima, Ronza ha dovuto rilevare che il Papa «non ha nei confronti di Cl una particolare simpatia». Una sensazione che ha avuto più d’uno, dalla piazza: l’udienza è persa quasi frettolosa, breve come un’omelia di Santa Marta, di fronte a una folla che s’era messa in moto coi pullman la sera precedente, viaggiando tutta la notte. È durato più il passaggio della papamobile in piazza, rallentato dal papismo festoso dei ciellini, che il discorso stesso, cui è seguito il tradizionale saluto ai dirigenti di Cl, fra i quali spiccava l’assenza di Giancarlo Cesana, che negli ultimi anni giussaniani, quando le condizioni del vecchio sacerdote erano peggiorate, era diventato di fatto la guida del movimento.
Non mancava, invece, l’altro grande laico, il fondatore della Compagnia delle Opere, Giorgio Vittadini. E della Cdo, c’era anche l’attuale presidente, il tedesco Bernhard Scholz. Nessun volto della politica, con Maurizio Lupi e Roberto Formigoni in platea, seppure in posizione privilegiata, la figura pubblica più alta in grado, fra quanti hanno incontrato il Papa vis-à-vis, è stata il giudice costituzionale Marta Cartabia.