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Israele, tutte le sfide di Netanyahu

Per la prima volta dal 2009, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, non è il favorito alla vittoria nelle elezioni israeliane. Secondo alcuni osservatori, dopo aver disintegrato la sua stessa coalizione per motivi strategici, il premier di Tel Aviv ora si trova in difficoltà.

PAREGGIO TECNICO

I risultati di alcuni sondaggi dicono che il prossimo 17 marzo, giorno delle elezioni in Israele, si assisterà ad un pareggio tra le due principali forze politiche: il partito conservatore Likud, del quale Netanyahu è leader, e la coalizione di centro sinistra Campo Sionista, dell’esponente laburista Isaac Herzog e dell’ex ministro Tzipi Livni (qui il ritratto di Formiche.net). L’elettorato è diviso a metà e, a complicare ancora di più la situazione, c’è il consenso che stanno guadagnando i partiti più piccoli.

LA FORZA DELLE COALIZIONI

Per Gideon Raat, ricercatore della Facoltà di Scienze politiche dell’Università ebraica di Gerusalemme, in queste elezioni non ci sono certezze: “Non è neanche chiaro se anche questa volta si rispetterà la tradizione che vuole che sia il partito più votato a formare il governo. Governerà chi avrà più alleati”. In questo caso, Netanyahu potrebbe spuntarla, visto che conta sul sostegno dei partiti dei ministri dell’Economia, Neftali Bennett, e degli Affari esteri, Avigdor Lieberman, mentre Herzog e Livni hanno solo il sostegno del piccolo movimento di sinistra Meretz.

ALLEANZA ARABA

Per la prima volta in 60 anni, quattro partiti di ispirazione araba si sono alleati. La coalizione si chiama Partiti Arabi Uniti e vorrebbe rappresentare le istanze della minoranza araba che vive in Israele. I sondaggi indicano che potrebbe ottenere il terzo posto nelle elezioni e diventare una forza determinante nella formazione del governo. La comunità araba rappresenta il 20% della popolazione totale d’Israele.

SICUREZZA NAZIONALE

La salvaguardia della sicurezza nazionale è al centro della campagna elettorale di Netanyahu. Il primo ministro in carica continua a esprimere la sua contrarietà a un possibile accordo sul nucleare iraniano tra l’Occidente e Teheran. E crede che vadano investite maggiori risorse nel contrasto ai gruppi terroristi che minacciano Israele: Hamas, Hezbollah e lo Stato Islamico.

NUOVI TEMI

Il dialogo di pace in Medio Oriente è fermo ed è passato in secondo piano per l’opinione pubblica israeliana. Gli elettori si preoccupano non solo della sicurezza, ma anche dell’andamento dell’economia. La disoccupazione giovanile e l’inflazione sono alcune delle ragioni che hanno fatto perdere consenso a Netanyahu.

DAGAN, DAL MOSSAD ALL’OPPOSIZIONE

La scorsa settimana circa 40mila persone hanno protestato contro il governo a piazza Rabin a Tel Aviv. Ad animare la manifestazione è stato Meir Dagan, uno dei principali oppositori di Netanyahu. Dagan è stato direttore del Mossad dal 2002 al 2010 e anche collaboratore di Likud. “Israele è un Paese circondato da nemici, ma questi nemici non mi fanno paura. Ho paura invece della mancanza di visione e determinazione. Ho paura della crisi di leadership. Netanyahu è al potere da sei anni. E Israele non è mai stato così fermo”, ha detto durante il suo intervento in piazza. “Il mio unico partito è lo Stato di Israele. Oggi vi parlo come un soldato che si preoccupa per il suo Paese, ha aggiunto Dagan. Non ho nessuna aspirazione politica, non sono una figura pubblica. Il mio sogno è lasciare ai miei tre figli e sette nipoti una società diversa. Desidero che possano dedicare la loro vita al progresso, allo sviluppo e ai sogni e non ad una guerra esistenziale”.


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