La Cina ha ufficialmente ammesso di avere delle unità militari preposte alla cyber-guerra per le quali lavorano intere squadre di hacker. In una pubblicazione dell’Esercito popolare di liberazione chiamata “La scienza della strategia militare”, la Cina per la prima volta riconosce formalmente che le sue forze di intelligence hanno unità specializzate per condurre attacchi sulle reti informatiche.
FINE DELLA STRATEGIA DELLA NEGAZIONE
Le azioni di hacking cinesi, soprattutto quelle destinate a sottrarre segreti commerciali alle aziende americane, sono note da anni e rappresentano motivo di costante tensione tra Washington e Pechino. Diverse indagini condotte dai Paesi occidentali, e dagli Stati Uniti in particolare, hanno puntato il dito contro le armate di pirati informatici al servizio di Pechino. Ma finora le autorità cinesi hanno sempre respinto ogni accusa di spiare le aziende occidentali e di avere la capacità di danneggiare infrastrutture critiche come le reti elettriche tramite i cyber-attacchi o iniziative strutturate legate alla cyber-warfare.
Ora Pechino abbandona la strategia della negazione. “E’ la prima volta che assistiamo a un riconoscimento esplicito dell’esistenza delle forze segrete cinesi per la cyber-warfare”, sottolinea Joe McReynolds, ricercatore delle strategie di guerra della Cina presso il Center for Intelligence research and analysis. McReynolds ha spiegato al sito The Daily Beast che l’ammissione da parte della Cina delle sue cyber-operazioni è contenuta nell’ultima edizione di una pubblicazione molto influente, “The Science of Military Strategy”, preparata dal principale ente di ricerca dell’Esercito popolare di liberazione e studiata molto attentamente da analisti e enti dell’intelligence occidendali. “Il documento viene prodotto una volta ogni quindici-vent’anni anni ed è considerato la migliore chance di conoscere la strategia cinese”.
LE TRE UNITA’ CINESI PER LA CYBER-GUERRA
Secondo quanto spiegato dagli esperti, la Cina ha diviso le sue forze per la cyber-guerra in tre tipologie. La prima è quella che i cinesi chiamano “forze militari specializzate per la guerra sulle reti It”, ovvero unità militari operative “impiegate per condurre attacchi sulle reti altrui e difendere le reti nazionali”. La seconda unità è costituita da squadre di specialisti di enti non militari (come il ministero cinese della Sicurezza di Stato) che “sono autorizzati dai militari a condurre azioni di guerra sulle reti”. La terza divisione è fatta di “entità esterne” al governo che “possono essere organizzate e mobilitate per operazioni di guerra sulle reti”. Quali di queste unit prende di mira le aziende americane per rubare segreti industriali? McReynolds non ha dubbi: “Tutte”.
La Cina ha anche un’unità di hacking nota come Axiom che è stata collegata a intrusioni contro le aziende della Fortune 500, giornalisti e gruppi per la difesa della democrazia. Inoltre, il governo di Pechino può pagare singoli hacker della società civile per condurre specifiche azioni (operazioni “hack-for-cash”).
LE IMPLICAZIONI
L’ammissione cinese potrebbe avere implicazioni politiche e diplomatiche per le relazioni della Cina con gli Stati Uniti e altre potenze occidendali. “Significa che i cinesi hanno gettato via la foglia di fico dietro cui cercavano di nascondersi”, afferma McReynolds. Ancora un mese fa Pechino negava di avere un cyber-commando, nota James Lewis, senior fellow del Center for Strategic Studies.
Ora che la Cina ha pubblicamente ammesso le sue cyber-operazioni, non solo le tensioni con gli Usa potrebbero acuirsi ma altri paesi potrebbero mettere in dubbio la credibilità della collaborazione di Pechino nella lotta globale al cyber-crimine. La Cina non è comunque l’unico paese che si avvale di armate di hacker: Eric Rosenbach, assistente al segretario della Difesa Usa, sostiene che nel mondo sono decine le nazioni che stanno mettendo su un cyber-esercito simile al Cyber Command degli Stati Uniti.