Tanto rumore per nulla sulla banda larga? È la sensazione che si trae per il vociare confuso nonostante interviste chiarissime dei principali attori del settore.
Sta di fatto che mentre tutti (o quasi) invocano operazioni sistemiche per lo sviluppo anche digitale del Paese, e investimenti esteri in Italia, c’è chi maledice investitori stranieri che hanno ampliato in Italia il mercato della telefonia, introducendo un po’ di concorrenza, e bistratta il ruolo pubblico.
È quanto si arguisce, ad esempio, dal pensiero dei vertici di Telecom Italia sul dossier Metroweb, presieduta da Franco Bassanini. Mentre Vodafone è pronta a partecipare al progetto di Metroweb Sviluppo per diffondere la fibra ottica con il fondo strategico della Cdp, in una sorta di condominio con gli altri operatori, Telecom in sostanza dice: nessun condominio, voglio comandare io avendo il 51 per cento, vade retro stranieri (ovvero Vodafone e Wind).
L’aspirazione del gruppo presieduto da Giuseppe Recchi (già alla testa del comitato investitori esteri in Confindustria, gulp) e guidato dall’ad, Marco Patuano, è comprensibile: con il 51 per cento della società della fibra ottica potrà consolidare nei conti il nuovo asset aumentando l’appeal contabile e irrobustendo il patrimonio. Ma bisognerà vedere se l’Antitrust potrà dare il via libera a una concentrazione non da poco tra rame e fibra.
Comunque per venire incontro ai desiderata dell’esecutivo, Telecom – secondo quanto scritto oggi dal Sole 24 Ore – sarebbe disposta a sterilizzare i diritti di voto oltre la maggioranza per non influire in maniera determinante nella nuova Metroweb. Una soluzione che, secondo altri rumors, ad esempio non entusiasma affatto Vodafone.
La partita, come si vede, è ancora aperta. Per questo c’è chi, tra gli addetti ai lavori e nell’esecutivo, scruta con interesse un unico gruppo delle torri (fra Rai Way ed Ei Towers) che ha potenzialità di sviluppo digitale ancora non del tutto comprese e vagliate, anche in materia di banda larga. Si vedrà.