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La Buona Scuola secondo Andrea Gavosto (Fondazione Agnelli)

“Forse è arrivato il momento di discutere se, e a quali condizioni, vogliamo finanziare le scuole paritarie e, nel caso, riformare la Costituzione”. Così il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto (nella foto) commenta a Formiche.net le norme del ddl scuola sugli istituti paritari che introducono la detrazione fiscale a vantaggio delle famiglie, per garantire loro maggiore libertà di scelta. Mentre sul disegno complessivo di riforma, dopo averlo letto tutto, avverte: “Il governo non ha ancora svelato la propria visione del futuro della scuola. Occorre che il dibattito parlamentare sia approfondito e offra indicazioni più precise”.

Gavosto, come valuta le norme sull’assunzione dei precari?

Fin dal documento La Buona Scuola del settembre scorso e per tutto il percorso accidentato e piuttosto incoerente che ha portato oggi al disegno di legge, sul tema delle assunzioni si è proceduto con logica capovolta. Invece di chiedersi di quali insegnanti abbia bisogno la scuola italiana oggi e nei prossimi anni, si è partiti dall’idea di assumere tutti i precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae). E lì, infine, si è rimasti, con la sola esclusione di quelli delle materne.

Anche agli iscritti alle Gae, però, bisognava dare una risposta. La si è trovata?

Si può comprendere la volontà politica di risolvere una volta per tutte la questione delle Gae. Tuttavia, si è trascurato che non tutti i precari delle Gae – per il profilo che hanno, per le materie che insegnano, per il luogo ove risiedono – servono alla scuola italiana. Non a caso più della metà dei contratti fino al termine delle attività didattiche in questi anni sono stati fatti a precari fuori dalle Gae. Al miglioramento della qualità dell’insegnamento si è anteposta, di fatto, l’urgenza di risolvere un problema del mercato del lavoro.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha rivendicato il fatto che è la prima volta che si inserisce un criterio di merito nella scuola italiana. Non è così?

In modo insoddisfacente. I dirigenti scolastici avranno una certa somma da distribuire fra i propri insegnanti, senza che siano stati chiariti i criteri con i quali farlo. Secondo me, sarebbe stato preferibile premiare il merito attraverso la costruzione di una carriera degli insegnanti, con passaggi regolati da concorsi, che privilegino competenze, impegno e l’assunzione di responsabilità organizzative.

Almeno i presidi potranno godere di maggiore autonomia, è un bene?

In linea di principio, l’idea che i dirigenti scolastici abbiano più autonomia e poteri, anche nella gestione delle risorse umane, è certamente giusta. Così com’è positivo che per la prima volta si sia aperta la strada alla chiamata diretta dei docenti da parte della stessa scuola, con un ruolo decisivo attribuito ai presidi. Nel disegno di legge, però, manca o è appena accennato il riferimento ai necessari contrappesi, senza i quali la maggiore autonomia può sconfinare  nell’arbitrio e alimentare conflitti fra dirigenti scolastici e insegnanti. Speriamo che l’iter parlamentare corregga questa debolezza.

Insomma, quali sono i punti di forza e le debolezze più evidenti del ddl scuola?

In linea del tutto teorica, estendere e arricchire l’autonomia degli istituti scolastici è importante, così come lo sono la “scuola del pomeriggio” e la riforma della formazione iniziale e del profilo professionale dei docenti. Bisognerà, però, vedere il percorso parlamentare: il governo ha chiesto deleghe molto ampie su questi e altri punti, senza però svelare la propria visione del futuro della scuola. Occorre che il dibattito parlamentare sia molto approfondito, per dare indicazioni precise al governo. Bene, ovviamente, insistere sull’alternanza scuola-lavoro, ma le risorse per ora non bastano.

Che cosa manca nella riforma?

Come dicevo prima, manca o è insufficiente una riflessione preliminare e lungimirante su quale scuola, quali insegnanti, quali apprendimenti e quali competenze servano all’Italia nei prossimi 10-15 anni. Troppe scelte sono state fatte a partire dalle necessità di fare assunzioni in determinate classi di concorso. Va benissimo avere più musica, o più diritto ed economia. Ma tutto ciò dovrebbe nascere da una visione generale di che cosa devono imparare i nostri figli, non dal fatto che abbiamo un eccesso di precari proprio in quelle materie.

Pregi e difetti delle misure sulle scuole paritarie?

Sinceramente, ho molti dubbi che la detrazione fiscale a vantaggio delle famiglie che scelgono le scuole paritarie possa passare l’ostacolo del “senza oneri per lo Stato”, previsto dalla Costituzione. Forse è davvero arrivato il momento di discutere se, e a quali condizioni, vogliamo finanziare le scuole paritarie e, nel caso, riformare la Costituzione: ad esempio, concedendo una detrazione sull’istruzione a tutte le famiglie, che poi decidono come utilizzarla. Mi pare più serio che ricorrere a escamotage come i buoni scuola o il rimborso dei costi standard.

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