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Tutte le nubi su Atene

Secondo le corrispondenze da Bruxelles, Atene e Berlino, sui giornali di questa mattina, il nodo greco starebbe per sbloccarsi. Grandi sorrisi a Berlino (in Germania baci ed abbracci non si usano) tra Cancelliere tedesco e Presidente del Consiglio ellenico.

Una riunione straordinaria dell’Eurogruppo convocata per lunedì 30 marzo dovrebbe sbloccare cinque miliardi di euro di aiuti ed impedire il default; sempre il 30 marzo il Governo di Atene presenterebbe ai partner europei un programma di riassetto strutturale economico “accettabile” (ossia al minimo sindacale) che, almeno per i prossimi mesi, dovrebbe fare sì che il Governo greco adotti le misure essenziale per impedirne un’uscita (o espulsione) dall’unione monetaria.

Tuttavia, proprio in questi giorni, si profilano due nubi che minacciano nuove tempeste. La prima riguarda indirettamente la Grecia ma minaccia di colpire la Banca centrale europea (Bce), e quindi anche eventuale supporto che Atene speri di ottenere da Francoforte. La seconda attiene, invece, spiccatamente ai rapporti tra la Repubblica Ellenica e la Repubblica Federale Tedesca.

Andiamo con ordine. Gli amministratori delegati di tre importanti gruppi industriali tedeschi Jůrgen Heraeus (dell’omonimo conglomerato di alta tecnologia), Patrick Adenauer (a capo di uno dei colossi dell’edilizia) e Hienrich Weiss (uno dei ‘grandi’ della siderurgia) hanno ingaggiato uno dei più noti giuristi d’Oltre Reno, Christoph Degenhart, allo scopo di presentare, entro la fine di aprile, un ricorso alla Corte Costituzionale Tedesca sull’ammissibilità, o meno, in base alle norme ed a trattati vigenti, degli acquisti di obbligazioni da parte della Bce in base al programma di Quantitative Easing (QE).

Può sembrare una minaccia spuntata, da “giapponesi” asserragliatisi nella giungla birmana dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. E’ molto probabile che non solo che i tempi saranno lunghi ma che la Corte tedesca rinvii alla Corte di Giustizia Europea per un parere che alla fine dirà tutto e nulla. Tuttavia, nell’eurozona, il quadro politico è cambiato profondamente rispetto a due anni fa. Il ricorso potrebbe innescare tensioni e, dato che la Grecia è chiaramente nel mirino dei ricorrenti, rendere meno accomodanti gli altri.

Il secondo punto è, invece, a favore della Grecia, in particolare della richiesta di riparazioni dalla Germania per i danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo precisa un professore tedesco di storia del diritto dell’economa, Eberhard Rondholz. In un suo saggio, precisa che l’’accordo di Londra del 1953 non è mai stato presentato come un “trattato di pace” e prevede solo una moratoria su eventuali risarcimenti al fine di permettere alla Germania di rimettersi in piedi e solo allora trattare la questione.

Anche nel 1990, al trattato di Mosca che benedì la riunificazione, furono proprio i negoziatori tedeschi ad insistere che non si menzionasse ‘trattato di pace’ o qualcosa di simile. Non solo ma dal 2004, la Germania versa ad Atene un milione d’euro l’anno ai fini dell’’avvenire greco-tedesco’; l’impegno e, per ora, di versarlo sino al 2017 ma Berlino si è detta disposta ad estenderlo. E’ una piccola somma simbolica ma che rappresenta, in qualche modo, un’ammissione di responsabilità. Infine, secondo Rondholz, nessun accordo ha previsto sanatorie od altro rispetto al prestito forzoso imposto alla Banca nazionale greca nel 1942 (ora valutato in 11 miliardi di euro) ed ai crimini di guerra (per lo più rappresaglie) riconosciute dai tribunali greci ma mai da quelli tedeschi. Prescrizione? Rondholz è puntuale: il diritto internazionale non la prevede se non stipulata in trattati.

In punta di diritto, il nodo è sempre più avviluppato.


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