La lista di organizzazioni terroristiche islamiche è in aumento. Una di queste è il gruppo somalo Al Shabab, autore ieri di una strage al campus dell’Università Garissa, nel nord del Kenya. Nell’attacco sono morti 147 studenti. Secondo alcuni testimoni, quando gli assalitori sono arrivati hanno chiesto chi fosse cristiano e chi musulmano. Ai primi hanno sparato sul posto.
L’OBIETTIVO
Gli obiettivi di Al Shabab sono la creazione di un “emirato islamico” e l’imposizione della legge islamica in Africa. Nelle zone controllate da Al Shabab sono vietati film e canzoni, oltre alla khat (pianta narcotica), il fumo, la rasatura di barbe e le attività “non islamiche”. Le lapidazioni sono la pena da scontare in caso di adulterio e presunti furti.
AZIONI IN AUMENTO
In un articolo di Pietro Veronese oggi su Repubblica, si legge che “la parabola degli Shabab somali è unica nella galassia del terrorismo islamico perché, nati e lungamente cresciuti nella Somalia della guerra civile attraverso una serie di spaccature e scissioni sempre più radicali, essi appaiono ormai sconfitti e residuali in quel Paese… mentre la loro azione si va facendo più minacciosa in Kenya!”.
Dall’essere una piccola organizzazione con proiezione locale, Al Shabab si è allargata ed è diventata uno dei gruppi estremisti islamici più attivi in assoluto, cercando di operare a livello regionale.
BRACCIO ARMATO
Il nome ufficiale dell’organizzazione è Karakat Shabaab al-Mujahidin, ma fuori dalla Somalia è conosciuta come Al Shabab, che significa “gioventù”. Non ci sono conferme su dove e quando sia nata. Per il Council on Foreign Relations di New York è stata in parte finanziata da Al Qaeda ai tempi di Osama bin Laden.
ATTACCHI PRECEDENTI
Secondo la Bbc, alcuni report dell’intelligence americana sostengono che Al Shabab conti su 9mila combattenti, molti dei quali provengono dagli Stati Uniti e l’Europa. È stata nominata ufficialmente come organizzazione terroristica dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti poco dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.
Prima dell’attacco all’Università di Garissa in Kenya, l’azione più rilevante di Al Shabab era avvenuta a settembre del 2013, quando alcuni terroristi del gruppo entrarono nel centro commerciale Westgate a Nairobi causando 61 morti e decine di feriti. La giornalista somala Yonis Nur ricorda che all’epoca, “il leader dell’organizzazione Godane aveva spiegato che l’attacco a Nairobi era una vendetta per l’intervento delle forze militari del Kenya in Somalia”. A giugno del 2014, l’organizzazione ha dichiarato il territorio keniota “zona di guerra”.
CHI SONO I LEADER
Nonostante quest’ultimo attacco, la leadership di Al Shabab è instabile e minacciata costantemente dai frequenti tentativi occidentali di debellare l’organizzazione. La sua “guida spirituale” è Sheikh Hassan Dahir Aweys, un colonnello del regime di Siad Biarre che nel 1970 ha combattuto contro l’Etiopia. Nel 2006, Aweys ha offerto il comando operativo dell’organizzazione ad un giovane jihadista somalo, Aden Hashi Ayro, poi ucciso in un attacco missilistico americano a maggio del 2008.
Un altro leader di Al Shabab era il fondatore Ahmed Abdi Godane (alias Abu Zubayr), che è stato comandante dell’organizzazione dopo la morte di Ayro ed è morto anch’egli a settembre del 2014. Negli Stati Uniti era stato nominato “terrorista globale” a novembre del 2008.
Altri due leader di Al Shabab, Ibrahim al-Afghani e Moalim Burhan, sono morti a giugno del 2013 in uno scontro a fuoco. Nello stesso mese, Aweys, si è consegnato alle autorità federali di Mogadiscio.
L’attuale leader è Ahmed Omar, noto anche come Abu Ubaidah. Alcuni analisti sostengono che non abbia il carisma e l’intelligenza strategica del suo predecessore ed è improbabile che possa mantenere a lungo il controllo del gruppo.
FONTI DI FINANZIAMENTO
Esperti di antiterrorismo citati dal Council on Foreign Relations dicono che Al Shabab abbia sviluppato diverse fonti reddito negli anni: entrate da altri gruppi terroristici, sponsor somali, finte organizzazioni di beneficenza, pirateria, sequestri ed estorsione. Anche i governi di Eritrea, Iran, Arabia Saudita, Siria, Qatar e Yemen sono stati citati come finanziatori del movimento terroristico, anche se non ci sono conferme ufficiali. L’organizzazione ha anche il controllo del porto di Kismayo dal 2008 e commercia zucchero e carbone, particolarmente prospero a Kismayo e Barawe, secondo l’Onu.
STRATEGIA MEDIATICA
Così come lo Stato Islamico, anche Al Sharab ha un’importante strategia mediatica di propaganda: i video con musica rap, le immagini dei campi di addestramento e l’uso dei social network sono stati efficaci per l’arruolamento di nuovi combattenti. Secondo Stig Hansen, ricercatore dell’Università norvegese Norges miljø- og biovitenskapelige universitet (Nmbu), “il primo foreign fighter americano lasciatosi esplodere nel 2008 era proprio un membro di Al Shabab”.