Articolo tratto da Nota Diplomatica
Avendo risolto tutti i problemi che un paese complesso e agitato come l’Egitto possa esprimere, il presidente Abdel Fattah al-Sisi ora intende “duplicare” il Cairo e spostare la capitale. Il sito prescelto per la nuova sede dello Stato, e per una popolazione di oltre cinque milioni di persone, è un vasto appezzamento di pieno deserto ad est dell’attuale città.
Il progetto è – ci mancherebbe – faraonico. La metropoli occuperebbe sette volte la superficie di Parigi e vanterebbe 2mila scuole e università e 600 tra cliniche e ospedali. Il governo egiziano stima che possa essere pronta in sette anni a un costo di circa 45 miliardi di dollari.
Non è il primo tentativo egiziano di operare un programma di “rinnovo urbano” su una scala simile, ma l’ultima volta è finito molto male, tanto da lasciare (indirettamente) ai posteri il mito della “Maledizione del Faraone”.
Il “grande eretico” Amenofi IV, alias Akhenaton, (m. circa 1335 a.C.), trovandosi in contrasto con gli dei – e con i preti – della vecchia capitale Tebe, l’abbandonò per fondarne una nuova chiamata Akhetaton.
La sua gente però non amava la città e se ne fuggì appena il Faraone morì per cause non chiare in giovane età. Fece comunque in tempo a generare un figlio maschio, il più noto Tutankhamon, che da parte sua spirò a soli diciotto anni.
Tutankhamon fu un sovrano di scarso rilievo storico, ma la grande parte della squadra di archeologi che riscoprì la sua tomba – negli anni Venti del secolo scorso – è morta misteriosamente poco dopo, dando origine alla leggenda della maledizione.