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Il Corriere della Sera strattona Renzi sull’Italicum

Troppi seggi al primo partito vittorioso alle elezioni. Troppo potere di fatto al leader del partito vincente. Insomma, un abito cucito a misura del Pd quello preparato nella premiata sartoria renziana.

E’ quello che in sintesi sostiene oggi l’editoriale del Corriere della Sera diretto da Ferruccio de Bortoli. Il commento sulla prima del Corsera è firmato da Antonio Polito e non lascia adito a dubbi: più difetti che pregi nell’Italicum, la nuova legge elettorale voluta fortissimamente da Matteo Renzi architettata agli inizi con Silvio Berlusconi, che ora contesta Patto del Nazareno e legge elettorale.

L’Italicum, o Renzellum che dir si voglia, provoca malumori e mal di pancia nella sinistra Pd. Per capire le reali divergenze tra renziani e bersaniani è utile legge questo pezzo di Edoardo Petti che punto per punto analizza i veri attriti tra le due anime del Partito democratico.

Di seguito, ecco ampi brani dell’editoriale firmato da Polito oggi sul Corriere della Sera:

In dirittura finale l’Italicum arriva con un sostegno politico molto ristretto, perfino inferiore alla stessa maggioranza di governo, a causa della fronda interna al Pd; addirittura inferiore al consenso con cui fu approvato il Porcellum, che per lo meno ebbe i voti di tutti i sostenitori del governo dell’epoca, e cioè Forza Italia, An, Lega Nord e Udc.

C’è dunque un’elevata probabilità che gran parte dello schieramento politico consideri ostile la legge che sta per essere approvata, e ne contesti aspramente la legittimità anche in futuro, fino magari a sostituirla per l’ennesima volta quando le maggioranze muteranno. Non sarebbe una novità: da vent’anni cambiamo sistema elettorale ogni dieci anni. Ma se il risultato fosse eccellente, e cioè una legge elettorale di stampo europeo al di sopra di ogni sospetto, si potrebbe anche tollerare il modo in cui nasce. Purtroppo non è così.

Di stampo europeo certamente non è, perché il premio di maggioranza non esiste in nessuna delle grandi democrazie europee con l’eccezione della Grecia (anche se il premier garantisce che correranno a copiarcela tutti). Al di sopra di ogni sospetto nemmeno, perché introduce di fatto l’elezione diretta del capo del governo senza dargliene i poteri e senza prevedere i contrappesi che esistono nei sistemi presidenziali.

Produrrà dunque uno pseudo presidente in uno pseudo Parlamento, quest’ultimo essendo ulteriormente indebolito dal declassamento del Senato a vacanze romane dei consiglieri regionali e dalla selezione per nomina di un elevato numero di deputati. Per di più, non prevedendo la possibilità di apparentamenti al secondo turno come invece è nelle città italiane e nel Parlamento francese, assegna il 55% dei seggi a uno solo e il restante da dividere tra tutti gli altri, che a questo punto saranno molti visto che lo sbarramento è al 3%. Il risultato non sarà una forte e responsabile opposizione, bensì un coacervo di sigle frammentato e impotente, inevitabilmente portato al chiasso mediatico e alla protesta demagogica.

Non stiamo infatti per approvare una legge maggioritaria, che moltiplica i voti in seggi per dare una maggioranza; ma una legge proporzionale, cui alla fine si sommano i seggi del premio. Della stessa famiglia, dunque, delle tre più contestate della nostra storia: la legge Acerbo del 1923, la cosiddetta legge-truffa del 1953 (su entrambe il governo mise la fiducia) e la legge Calderoli del 2005.

I difetti dell’Italicum sono tanti. Il pregio è unico, ma non da poco: risponde a uno stato di necessità, e riempie il vuoto aperto dalla sentenza della Consulta. Qualsiasi legge elettorale è meglio di nessuna legge elettorale.

 



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