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Papa Francesco a lezione da Papa Ratzinger?

Nell’omelia pronunciata nella basilica di San Pietro, Papa Francesco ha paragonato il genocidio degli armeni agli stermini che si sono consumati nel corso del Novecento. Si tratta di una lettura non priva di rischi sul piano storiografico (può suonare, ad esempio, come una involontaria omissione del carattere unico e irripetibile della Shoah).

Ma non è questo il punto. Denunciando il genocidio armeno come il primo capitolo di una persecuzione contro i cristiani che miete ancora vittime in tutto il pianeta, il Papa si propone come il difensore più autorevole della cristianità offesa e martirizzata anche nel mondo delle chiese orientali. Lungo la via armena Roma si avvicina a Mosca, l’altro grande polo cristiano d’oriente.

Dopo l’intemerata di Francesco, come cambieranno i rapporti tra islam e cristianesimo? È difficile dirlo. Ma il problema non è la reazione della Turchia islamica di Erdogan (anche se il Papa non ha citato gli autori del genocidio armeno del 1915-1917, ovvero i “Giovani Turchi”, che erano laici e volevano modernizzare il proprio Paese). Il problema è che la distanza tra islam e cristianesimo resta incolmabile sul piano teologico.

Ne erano convinti due intellettuali assai distanti tra loro: Alain Besançon, fervente cattolico e liberale di tendenza conservatrice, e Jacques Ellul, studioso appartenente alla scuola del teologo calvinista svizzero Karl Barth, schierato su posizioni di radicale ambientalismo e simpatizzante per gli ideali anarchici (è di Besançon la prefazione al libro postumo di Ellul “Islam e Cristianesimo. Una parentela impossibile”, Edizioni Lindau, 2006).

Chi avesse voglia di sfogliarlo, potrà trovarvi un’analisi assai acuta dell’attrattiva che la religione musulmana esercita in certi ambienti cristiani, e non solo del vicino oriente. E cioè il fascino che promana da una critica severa della modernità capitalistica, a cui si contrappongono la stabilità delle tradizioni, lo spirito comunitario, il calore dei rapporti umani. In questa prospettiva, per certi ambienti cristiani i musulmani sembrano perfino  “migliori” degli ebrei, dal momento che onorano Gesù e Maria; cosa che gli ebrei non fanno.

Proprio nel 2006 Benedetto XVI svolgeva all’Università di Ratisbona il suo celebre discorso, suscitando nel mondo musulmano le violente reazioni che conosciamo. Pur invitando al dialogo tra fede e ragione e all’incontro tra le diverse fedi, Papa Ratzinger distingueva chiaramente tra la propria religione e l’islam.

In fondo, il suo successore oggi fa lo stesso. L’Isis e i massacri dei cristiani stanno lì a dimostrare che è impossibile un ritorno ai tempi di San Giovanni Damasceno, quando ci si domandava se l’islam non fosse una forma come un’altra di cristianesimo.



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