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Ecco chi era davvero Warren Weinstein, ucciso con Lo Porto

È morto durante un’operazione dell’antiterrorismo statunitense lo scorso gennaio, al confine con l’Afghanistan, assieme all’italiano Giovanni Lo Porto. E sulla sua identità sono circolate voci diverse, dissonanti. Parliamo di Warren Weinstein, un veterano dell’aiuto umanitario, prigioniero di Al Qaeda dal 2011. Ma chi era davvero l’uomo il cui destino si è intrecciato tragicamente con quello di Lo Porto?

QUARANT’ANNI DI CARRIERA COME OPERATORE UMANITARIO

Settantatré anni, originario di Brooklyn, Warren Weinstein era un operatore umanitario americano e consigliere economico al servizio della U.S. Agency for International Development (USAID) e della JE Austin Associates, Inc. (JAA) l’agenzia che si occupa di aiutare imprese, governi, organizzazioni non-profit, istituzioni educative e finanziarie in tutto il mondo a migliorare la produttività, la competitività, a rafforzare la gestione e l’attuazione delle strategie territoriale, e facilitarne lo sviluppo economico.

Nella sua quarantennale carriera Weinstein aveva lavorato per un bel po’ di anni in Africa e Asia del Sud prima di stabilirsi in Pakistan ed era stato il direttore del Corpo di pace in Costa d’Avorio e Togo. Parlava Swahili, olandese, arabo, urdu e altre sei lingue oltre all’inglese, quelli che lo conoscono raccontano della sua grande facilità nel passare da una lingua all’altra.

IL PASSATO DA PROFESSORE

Weinstein aveva conseguito un master in relazioni internazionali, e un dottorato di ricerca in diritto internazionale ed economia, presso la Columbia University. Nel 1970, è stato professore nel dipartimento di scienze politiche dell’Università di Stato di New York a Oswego, lasciando la cattedra nel 1979 per lavorare nel campo dello sviluppo economico con l’USAID.

LA DEVOZIONE NEI CONFRONTI DEL PAKISTAN

Ma è stato il Pakistan a rappresentare la vera folgorazione della sua carriera. Lì si era trasferito nella città di Lahore, aveva imparato la lingua Urdu e aveva iniziato a vestire in abiti tradizionali. Il suo progetto era quello di migliorare le condizioni dell’agricoltura e dell’industria di quelle zone. In un articolo apparso lo scorso anno sul Newsweek la signora Elaine, moglie di Weinstein, descriveva il senso di pace e di sicurezza che il marito diceva spesso di sentire lavorando in Pakistan. «Quell’atmosfera accogliente e la protezione di cui godeva ha dato a mio marito un grande senso di pace e di sicurezza, e lui faceva di tutto per ricambiare con il suo lavoro e i suoi sforzi». La signora Weinstein non tralasciava, però, la sue preoccupazioni per la salute del marito: «Quando Warren ci ha lasciato per il Pakistan 10 anni fa era già un uomo anziano», scriveva.

IL RAPIMENTO DA PARTE DI AL QAEDA

Nonostante, come dichiarato proprio da sua moglie, in passato non si fosse mai trovato in situazioni di particolare pericolo né avesse ricevuto minacce, nel 2011 – 4 giorni prima del suo previsto ritorno in Marylnand – venne rapito da Al Qaeda. La sua famiglia rimase a lungo silenziosa, fino a che nel 2013 un video del gruppo terroristico non lo mostrò parecchio deperito. Da quel momento la famiglia si era lanciata in una campagna pubblica, che però non diede i frutti sperati. Lo stesso Weinstein in una lettera alla famiglia si diceva molto preoccupato per la sua salute, e spiegava di sentirsi «totalmente abbandonato e dimenticato», mentre in un video girato poco dopo il suo rapimento faceva appello al presidente degli Stati Uniti perché venisse liberato: «Presidente Obama, lei ha una famiglia come me. Tratti con i miei sequestratori, faccia qualcosa per riportarmi dalla mia famiglia». Secondo informazioni ancora incerte la sua  famiglia avrebbe anche pagato un riscatto a qualcuno in Pakistan, ma inutilmente.

LE TESTIMONIANZE DI CHI CONOSCEVA WEINSTEIN

Weinstein è descritto da chi lo conosceva come molto rispettoso delle culture locali, tanto da osservare il digiuno durante il Ramadan anche se di fede ebraica. «Era un uomo modesto che amava indossare la “shalwar kameez” e viveva felice senza necessità di eccessiva sicurezza», ha dichiarato Fasi Zaka, un consulente che aveva incontrato il signor Weinstein a Peshawar, in Pakistan. «Era un uomo molto intelligente impegnato in Pakistan e dedito al suo lavoro» ha spiegato l’uomo. «La prima volta che l’ho incontrato mi aveva detto: “Fammi conoscere ragazzi intelligenti che non hanno paura di sporcarsi le mani nel campo”».

«Era una persona genuinamente squisita» ha spiegato Stephen R. Weissman, l’ex direttore del personale della Camera dei Rappresentanti della Sottocommissione per l’Africa, che per primo incontrò il signor Weinstein nel 1974. «Qualcuno mi ha detto di non essere preoccupato che Weinstein fosse nelle mani di Al Qaeda, perché certamente avrebbe trovato il modo di tornare libero. Era quel tipo di persona».



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