Sono giorni cruciali per definire il decreto attuativo della delega fiscale sull’azzardo. In gioco, è davvero il caso di dirlo, l’industria delle scommesse in Italia, che oggi può contare su un giro d’affari di circa 90 miliardi di euro.
L’AZIONE DELL’ESECUTIVO
Il governo punta a ridurre l’offerta; i gestori chiedono un riordino del settore ma non vogliono un aumento della tassazione; le associazioni (tra cui l’Aiart) vedono slot, videopocker, gratta e vinci e quant’altro come il fumo negli occhi. A giugno il testo dovrebbero essere pronto, e l’esecutivo, grazie a una serie di norme più restrittive, pensa di ridurre di 80 mila unità l’offerta di slot.
LE PAROLE DI BARETTA
Per il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta bisogna fare leva su tre principi: “Tutelare la salute pubblica, combattere l’illegalità, garantire le entrate”. Va dunque cercato un compromesso, in una situazione come quella italiana che vede in quella dell’azzardo una delle industrie più floride italiane, basta dire che il giro d’affari è circa il dopo di quella dell’abbigliamento. Il compromesso secondo il sottosegretario passa per il cambio macchine, che non devono essere taroccabili, come accade con le schede dentro le awp.
“Ma questo non significa che bisogna aprire a nuove video lottery così aggressive, di qui la necessità di slot controllate a distanza” afferma Baretta che pensa anche di introdurre limiti per l’introduzione di nuove “macchinette” in base alla densità di popolazione. Basta dire che nella sola città di Roma ci sono non meno di 25 mila terminali abilitati al gioco d’azzardo, concentrati nei quartiere più densamente popolati.
CHE COSA DICE AIART
Le associazioni di cittadini che in questi anni si sono coagulate anche sulla lotta alle ludopatie chiedono di scoraggiare la domanda indotta dai mass media. In che modo? Vietando la pubblicità in TV, come avviene per il fumo. Secondo l’agenzia Agipronews, nel 2013 la spesa diretta in pubblicità è stata di 105 milioni di euro. La metà della pubblicità dei giochi passa dalla tv: nel 2013, sul piccolo schermo sono passati spot pagati 54,4 milioni di euro, un dato in calo del 28,1% rispetto al 2012. Per Luca Borgomeo, presidente dell’associazione di telespettatori cattolici Aiart, che ieri ha organizzato un convegno in merito, serve “uno stop alla pubblicità tutta, soprattutto quella televisiva, e soprattutto quella del sedicente servizio pubblico, perché è invasiva martellante, utilizza tutti gli artifici e le tecniche per aumentare il numero dei giocatori e quindi partecipa alla diffusione della patologia collegata al gioco”. Si calcola che le dipendenze da gioco costano ogni anno circa 7 miliardi di euro.
LA POSIZIONE DI CONFINDUSTRIA SISTEMA GIOCHI
Per Giovanni Maggi, vicepresidente di Confindustria Sistema Giochi Italia, il sistema va riordinato ma attenzione ai livelli occupazionali visto che in questa industria lavorano 140 mila persone. “Condividiamo l’idea delle 80-100 mila macchine in meno e della riduzione delle tipologie di punti vendita in cui è possibile installarle – continua Maggi – A questo deve essere abbinata un’innovazione delle macchine, come quella prospettata dal sottosegretario Baretta, che servirebbe a semplificare i controlli. La riserva statale è fondamentale per i concessionari, che hanno stipulato un contratto con lo stato per gestire il gioco: per questo chiediamo una normativa nazionale”.