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Il Piano Juncker risolleverà l’Europa? I dubbi di De Nardis (Nomisma)

“E’ dubbio che il piano Junker possa costituire quella politica di investimenti per il contrasto delle tendenze alla stagnazione di cui ha bisogno l’Europa”. E’ quello che si legge nell’analisi di Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma, pubblicata oggi sulla Newsletter del sito del Think Tank bolognese.

LO SCENARIO

Scrive De Nardis: “La ripresa in Europa è ineguale. In molte economie l’output gap, ovvero il divario tra domanda e produzione potenziale continuerà ad essere negativo per diversi anni. Gli investimenti stentano a ripartire in modo deciso, costituendo un fattore di freno della ripresa. Dopo sette anni di crisi sarebbero necessari ritmi di crescita più rapidi per rientrare dell’ampia disoccupazione. Il contrasto delle tendenze alla stagnazione rimane centrale e no adeguatamente affrontato nell’agenda di policy europea”.

TRAPPOLA DELLA LIQUIDITA’

Secondo De Nardis “oggi che la recessione è alle spalle, le azioni di policy devono affiancare alla lotta alla povertà lo stimolo agli investimenti”.  La domanda che sorge spontanea allora è:  cosa c’è dietro alla fiacchezza degli investimenti? La risposta è racchiusa nel concetto di «trappola della liquidità». Per contrastare tale  situazione l’azione della Bce è fondamentale. Come afferma De Nardis “ in Europa la politica monetaria si è mossa in modo significativo, anche se in ritardo, con la decisione di intraprendere i Qe”.

IL RUOLO DEL PIANO JUNCKER

L’intervento si è mostrato quantitativamente importante ma è necessario che la politica fiscale si muova nella stessa direzione. C’è più flessibilità oggi in Europa ma ci si muove entro limiti stretti, forse insufficienti al deciso rilancio della crescita. Pesa, soprattutto, l’inadeguatezza sul fronte degli investimenti. In particolare, il piano Junker non ha tra i suoi obiettivi quello di fornire un soluzione al problema di una insufficiente domanda aggregata che è alla base del rischio di stagnazione europea. De Nardis conclude spiegando che “nel complesso è dubbio che il piano Junker possa costituire quella politica di investimenti per il contrasto delle tendenze alla stagnazione di cui ha bisogno l’Europa. Anche grazie all’azione della Bce, i tassi di interesse a cui i governi possono finanziarsi sul mercato sono estremamente bassi. Progetti di realizzazione di infrastrutture  profittevoli, adeguatamente selezionati e attentamente monitorati potrebbero essere dunque realizzati, in modo coordinato a livello europeo, con investimenti pubblici finanziati con debito. Dato il basso costo di finanziamento essi si ripagherebbero nel lungo periodo e, come mostrano le stime Imf, fornirebbero una spinta consistente all’attività economica dell’area, con effetti favorevoli anche per l’abbattimento del rapporto Debito/Pil. E’ una finestra di opportunità che si è di fatto rinunciato a utilizzare”.


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