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Instant Articles, ecco come Facebook salva (o affossa) l’editoria

I giornali non possono più fare a meno di Facebook. E’ il social network il potere emergente – o forse nemmeno più emergente – del mondo delle news. Negli Stati Uniti il 30% degli adulti legge le news da Facebook, secondo il Pew Research Center, e il social network è responsabile del 20% del traffico verso i siti di news a livello globale, secondo i rilevamenti di SimpleReach. Sui device mobil queste cifre salgono.

Ora nove realtà editoriali, cinque americane e quattro europee, tra cui New York Times, Guardian e Bild, rompono gli indugi e compiono il passo storico, l’alleanza con Facebook, entrando a far parte del programma Instant Articles (di cui si rumoreggiava da qualche giorno) con cui Facebook si accaparra contenuti di qualità per arricchire news feed e alimentare le condivisioni e i giornali mettono il turbo al loro traffico. Qz non ha esitato a definire l’accordo (che coinvolge anche Buzzfeed ) “salva-giornali”, ma per TechCrunch meglio stare in guardia, perché Facebook avrebbe in mente di “divorare” Internet e i suoi utenti: “Facebook non vuole che lasciate mai la sua piattaforma, perciò si sta mangiando qualunque destinazione cerchiate di raggiungere per offrirvela direttamente sul suo network”.

L’ACCORDO

Il sistema Instant Articles di Facebook è stato lanciato per ora solo sulla sua applicazione per iPhone: in accordo con New York Times, National Geographic, BuzzFeed, Nbc, The Atlantic, The Guardian, Bbc News, Spiegel e Bild, il social network pubblicherà gli articoli delle testate direttamente sulla sua piattaforma e gli utenti potranno accedervi senza lasciare Facebook. In cambio per gli editori c’è visibilità ma soprattutto una sostanziosa fetta di ricavi pubblicitari: gli editori potranno sia vendere direttamente pubblicità e incorporarla nei loro articoli, mantenendo il 100% del guadagno, sia vendere le ads tramite il programma Audience Network di Facebook e in tal caso a Facebook va il 30% del guadagno e il resto agli editori. “Abbiamo progettato Instant Articles per dare agli editori controllo sulle loro storie, la brand experience e le opportunità di monetizzazione”, annuncia Facebook.

Altro elemento chiave per le aziende dei media è la possibilità di attingere al vasto e prezioso bacino di dati sui lettori che accedono ai loro articoli su Facebook, tracciando il traffico e usando strumenti di analisi.

Dal punto di vista della tecnologia, la proposta di Facebook si basa su velocità e interattività, essenziali perché oggi sempre più persone accedono alle news da mobile: Instant Articles permette infatti di caricare le notizie fino a 10 volte più velocemente rispetto allo standard degli articoli cui si accede online da dispositivi mobili (che richiedono una media di 8 secondi); inoltre, gli articoli possono contenere foto, video, mappe e possibilità di commentare live.

Dove si trovano questi articoli? Sulla pagina Instant Articles dell’app mobile (ultima versione) di Facebook per iPhone e ovviamente non si tratta di contenuti esclusivi per Facebook: gli editori possono pubblicare gli stessi articoli altrove. Il programma inizierà con pochi articoli e poi si espanderà – rapidamente, assicura Facebook.

L’ALGORITMO

Per gli editori si tratta di una buona opportunità per raggiungere più lettori. Al tempo stesso, affidare a Facebook ulteriori quote della gestione e diffusione delle informazioni allarma chi teme che i criteri di Facebook – già di fatto molto influenti nella costruzione del palinsesto informativo dei suoi utenti – prevalgano sulle priorità giornalistiche tradizionali di cui sono sempre stati responsabili gli editori.

Se da un lato, dunque, le condizioni vantaggiose offerte agli editori (guadagni sulla pubblicità, accesso agli strumenti di statistica e di analisi) può migliorare i rapporti, non sempre facilissimi, tra Facebook e le grandi testate. Lo scontro si incentra soprattutto sugli algoritmi con cui Facebook gestisce le news: il sistema non mette le notizie in ordine cronologico, ma le lancia sulla base degli interessi e del comportamento degli utenti, cercando di offrire il contenuto che l’algoritmo ritiene rilevante per quella persona. In passato molti editori si sono lamentati di questo sistema, chiedendo che fosse migliorato e che funzionasse in modo meno arbitrario.

Ora Facebook avrebbe garantito agli editori che con Instant Articles non ci sarà trattamento preferenziale per alcuni format, non almeno a priori. Tuttavia, se gli utenti cliccano, mettono “Mi piace”, commentano e condividono alcuni articoli più di altri, i primi avranno più visibilità, cioè compariranno nelle prime posizioni e più di frequente nel flusso di notizie, in quanto più “popolari”.

Facebook ha cambiato più volte l’algoritmo che determina quello che le persone vedono in bacheca. Emblematico il caso di Zynga, la società del mobile gaming, che ha costruito il suo business su Facebook finché il social network non ha cambiato i suoi sistemi, rendendo meno visibile l’attività degli utenti sui giochi e causando un crollo del traffico per Zynga.

L’anno scorso Facebook ha deciso di promuovere i contenuti di qualità anziché quelli virali ma di scarso valore. Un mese fa ha di nuovo cambiato il suo algoritmo per dare preminenza ai post personali di amici e familiari. Chris Cox, chief product officer di Facebook, pensa sia ovvio modificare continuamente le regole: “La missione di Facebook è dare ai suoi utenti quello che vogliono di più e il primo obiettivo è aiutare le persone a connettersi con amici e parenti; il secondo tenerli informati su quel che succede nel mondo”.

DALLA PARTE DEGLI EDITORI

Per gli editori, Instant Articles rappresenta l’ennesimo compromesso cui devono piegarsi nei confronti di Facebook, scrive il New York Times. Facebook cattura l’attenzione degli utenti mobili più di ogni altro servizio e i giornali non hanno altra scelta che collaborare con Facebook, sottolinea Vivian Schiller, ex executive di Nbc, The New York Times e Twitter. “Il pubblico è lì, è un tale fenomeno di massa che non si può ignorare”.

Ma è proprio il potere di Facebook come distributore di news a preoccupare chi lavora nelle redazioni: il timore è che Instant Articles cannibalizzi i siti dei giornali, allontanando alla fine lettori (tra cui gli abbonati) e pubblicità.

James Bennet, editor in chief di The Atlantic, testata che partecipa al progetto, ha detto che pubblicare con Instant Articles significa “perdere il controllo sui mezzi di distribuzione”. D’altro lato, “stiamo cercando di raggiungere più lettori possibile e costruirci un pubblico fedele, appassionato”. Perciò The Atlantic entra nell’accordo con Facebook “con gli occhi aperti”, consapevole che Facebook è nella posizione di dettare nuove condizioni meno favorevoli se diventerà sempre più importante per il business degli editori.

Se i redattori si preoccupano, i top manager per ora mostrano entusiasmo: “Partecipiamo ad Instant Articles per esplorare altri modi per accrescere il numero dei nostri lettori. Abbiamo una lunga tradizione quanto ad andare dove sono i lettori”, ha detto Mark Thompson, presidente e Ceo del New York Times.

“E’ fantastico vedere Facebook aprire nuove strade per garantire il successo del giornalismo di qualità su mobile”, ha dichiarato Tony Danker, International Director di Guardian News & Media, pur aggiungendo che “è fondamentale che Instant Articles produca benefici costanti per gli editori, che investono in contenuti originali”.

“Facebook ha capito quello che era importante per noi”, ha commentato il presidente di BuzzFeed Greg Coleman. “Non ha imposto le sue condizioni, ma guardato a quello che andava bene per noi”.

UNA “TASSA SULLA NAVIGAZIONE”

Non tutti gli editori, ovviamente, la vedono così. Il Cmo di News Uk (che pubblica tra gli altri The Sun e il Times), Chris Duncan, ha detto l’anno scorso che un accordo con Facebook sarebbe stato equivalente a una “tassa sulla navigazione” o a una “tassa sull’audience”, riferendosi ai dati che Facebook raccoglierebbe sui lettori dei giornali. Duncan sottolineava anche il rischio che i siti dei giornali fossero cannibalizzati, insieme a parte degli introiti dalla pubblicità e anche dei lettori a pagamento (come è il caso proprio di The Sun e The Times, cui si accede per abbonamento).

Già nel 2011 Facebook si era alleata con alcuni giornali (The Guardian, The Washington Post, Business Insider, e The Independent) creando l’app Social Reader per permettere agli utenti di leggere e condividere contenuti dentro Facebook. Nel 2012 la maggior parte degli editori si è chiamato fuori dall’esperimento: il beneficio era tutto per Facebook, era qui che aumentavano i click e le visite, non sui siti dei giornali.



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