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Colpi di scena sul commissariamento dei Francescani dell’Immacolata

Il gruppo più consistente di religiosi che si è visto alla V “Marcia Nazionale per la vita”, tenutasi a Roma il 10 maggio scorso, è stata quella dei Frati Francescani dell’Immacolata, “commissariati” da ormai due anni dal cardinale João Braz de Aviz, prefetto della “Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica”. La vicenda dell’Istituto fondato da padre Stefano Maria Manelli e “congelato” dopo il contestato decreto dell’11 luglio 2013, a motivo di problemi interni e di supposto mancato rispetto della riforma liturgica del Concilio Vaticano II, è stata in queste ultime settimane contrassegnata da due clamorosi “colpi di scena”. Vediamoli.

L’operazione della Guardia di Finanza

Il primo. A fine marzo arrivava la notizia che la Guardia di Finanza di Avellino eseguiva un “sequestro preventivo” di beni immobili e mobili per un valore di oltre 30 milioni di euro, allora nella disponibilità delle associazioni «Missione dell’Immacolata» e «Missione del Cuore Immacolato» dei Francescani dell’Immacolata, al fine di sottoporli alla “custodia giudiziale” del commissario apostolico nominato nel 2013 dalla Santa Sede, il religioso cappuccino padre Fidenzio Volpi.

L’ipotesi di reato rivolta ai laici che gestivano tali beni è addirittura quella di “truffa aggravata” e “falso ideologico” perché, come afferma la Procura in un comunicato, «nonostante il commissariamento della congregazione dei Frati francescani dell’Immacolata, hanno proceduto alle modifiche degli statuti delle due associazioni allo scopo di mantenere il controllo sulle stesse ma anche e soprattutto sui loro cospicui patrimoni, così da impedire al commissario apostolico (nel mentre nominato dalla Santa Sede) di esercitare le prerogative che gli statuti assicurano al governo dell’ordine religioso».

«In particolare, consentendo – continua il comunicato – l’ingresso di laici nelle compagini associative (laici non vincolati all’obbedienza verso la gerarchia ecclesiastica, all’epoca e tuttora rappresentata dal commissario apostolico), si è raggiunto in maniera fraudolenta il risultato di sottrarre le due associazioni ad ogni forma di controllo da parte dell’ordine religioso di cui costituiscono da sempre una diretta espressione».

Come riportato da un vaticanista assai documentato come Andrea Tornielli, «il patrimonio sequestrato sarebbe stato gestito da persone vicine a padre Manelli, che ne avevano ottenuto il controllo al momento del commissariamento, quando il fondatore era stato estromesso dalla guida dell’istituto. I nuovi titolari del patrimonio avevano chiesto la restituzione dei veicoli e di locali nella disponibilità dei frati a Napoli e a Rocca di Papa. E avevano anche intimato lo sfratto ai Francescani dell’Immacolata dalla Curia generalizia di via Boccea, utilizzata anche come studentato» (Sequestrati 30 milioni di beni dei Francescani dell’Immacolata, in Vatican Insider, 26 marzo 2015).

Insomma, una brutta faccenda di “lotte” intestine all’interno dell’Ordine fra i fautori del “nuovo corso”, cioè sostenitori delle ragioni del “commissariamento”, ed i francescani rimasti fedeli al fondatore Manelli, il cui comportamento non è giudicato tale da giustificare l’attuale situazione. Dal Tribunale di Avellino, poi, emergeva evidentemente un orientamento, dovuto per carità alla “obbligatorietà” dell’azione penale, ma molto diverso rispetto a quello del proconsole dell’Acaia Gallione. Quando gli Ebrei gli portarono San Paolo apostolo con l’accusa di «persuadere la gente a rendere culto a Dio in modo contrario alla Legge» (At 18,9ss.), la sua risposta fu chiara nel senso della “non intromissione”: «Se si tratta di un delitto o di un misfatto, io vi ascolterei, o Giudei, come è giusto. Ma se sono questioni di parole o di nomi o della vostra Legge, vedetevela voi: io non voglio essere giudice di queste faccende». I Romani antichi non volevano essere coinvolti in alcun modo nelle questioni fra religiosi ed, in effetti, il diritto romano è ancora oggi un faro di civiltà ancora studiato in tutto il mondo. Eppoi oggi un tribunale può anche fare l’interesse della Santa Sede, ma domani?

Chiusa (E SUBITO RIAPERTA) l’“era Volpi”

Quindi il secondo “colpo di scena”. Il 29 aprile si diffondeva la notizia della morte del “commissario apostolico”, subito smentita dai Francescani dell’Immacolata del “nuovo corso”. In un comunicato stampa pubblicato il 6 maggio sul sito www.immacolata.com, infatti, era precisato che «Padre Volpi ancora oggi saluta e tranquillizza tutti con affetto», perché il 29 aprile «era stato semplicemente colto da un malore con la necessità di un ricovero ospedaliero».

E invece gli “antipatizzanti” del commissario apostolico si erano affrettati a dichiarare «chiusa l’“era Volpi”, che sarà certamente ricordata come una delle più tristi della storia di quest’ordine religioso» (Roberto de Mattei, Si è chiusa l’“era Volpi”, in Corrispondenza romana, n. 1390, 13 maggio 2015). Padre Volpi, in effetti, pare sia stato colto da un malore non certo lieve, vale a dire un’ischemia cerebrale, cui è seguita un’emiparesi, la quale avrebbe gravemente pregiudicato le condizioni di salute del religioso, tanto da costringerlo ad un ricovero d’urgenza in una clinica romana. Tradendo un classico caso di “Wishful thinking”, i fautori del “dimissionamento” di Padre Volpi si sono affrettati ad annunciare una imminente «rinuncia irrevocabile al suo incarico di Commissario» (R. de Mattei, art. cit.). E allora i “fautori” hanno subito contro-replicato, pubblicando una dichiarazione di P. Volpi che, nell’informare sulle sue dimissioni, assicurava di aver «riassunto il pieno esercizio delle funzioni di governo» e di esssere «in procinto di riprendere la normale attività lavorativa» (Comunicato di Padre Fidenzio Volpi, Commissario Apostolico ad nutum Sanctae Sedis, Roma 15 maggio 2015).

Insomma, dimesso o non dimesso, è un fatto che l’attuale crisi della vita religiosa non ha certo bisogno di “guelfi” e “ghibellini” suscitati da una figura di “garante”, come il Commissario Volpi, che evidentemente non è stato in grado di assicurare la pace nella Congregazione dei Francescani dell’Immacolata. Tanto più se, come riportato, «una percentuale superiore al 70 per cento dei frati Francescani dell’Immacolata sono rimasti fedeli a padre Manelli» (R. de Mattei, art. cit.).

La credibilità di padre Volpi è stata anche compromessa dall’accordo del 12 febbraio 2015 presso il Tribunale di Roma, da lui prima sottoscritto e poi confutato, nel quale il Commissario ammetteva di aver diffamato i familiari di padre Manelli, accusandoli di essersi appropriati di beni dell’Istituto.

Con queste ultime “involuzioni” della vicenda del commissariamento, verrebbe di rivolgersi alla Santa Sede chiedendo: «Di fronte all’attuale crisi della vita consacrata, non avremmo più bisogno di amplificazione di lotte intestine e beghe interne. Ma, ci si consenta, che i Francescani dell’Immacolata possano a tornare, al 100 per cento, ad essere quel “segno prezioso” e quella “roccia della tradizione contro il modernismo e l’irenismo”, che hanno potuto sperimentare negli scorsi anni tutti quelli che li hanno potuti conoscere direttamente (le parole citate tra virgolette sono della giornalista e scrittrice cattolica, che da nessuno potrà essere tacciata di “tradizionalismo”, Costanza Miriano)».


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