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L’arte di Roberto Saviano per il copia-e-incolla

Roberto Saviano e il copia-e-incolla. Ovvero: l’autore di “Gomorra” – il bestseller di caratura internazionale che non ha bisogno di presentazioni – ha copiato oppure no alcune parti del famosissimo libro, pubblicato da Mondadori? Ha copiato. Sì, è vero, solo una piccola percentuale (potrebbe essere intorno allo 0.6 per cento dell’opera) risulta essere più o meno identica ad articoli già pubblicati sulle colonne de “Le Cronache di Napoli” e de “La voce di Caserta”, quotidiani locali in Campania, editi da Libra. La sostanza comunque non cambia: Saviano ha copiato. Lo dicono i giudici.

Lo scrittore ha riportato stralci di pubblicazioni antecedenti alla sua, senza citare la fonte. A onor del vero c’è da aggiungere che, dall’undicesima ristampa in poi, tra le fonti bibliografiche di “Gomorra” è apparsa una citazione dei nomi della testata e della casa editrice, in riferimento a un brano contenuto a pagina 41 del libro.

Ma procediamo con ordine, riavvolgendo il nastro dalla fine, cioè dall’ultimo capitolo, il terzo, quello della Corte di Cassazione di Napoli che con la sentenza n. 12314/15 (Cass. Civ. sez. I) rigetta tutti i motivi di ricorso (n.551-2014) tranne quello sulla liquidazione (il sesto motivo).

Scorrendo le pagine della sentenza, emessa il 15 giugno 2015, si legge: «E’ evidente che nel caso in specie, non era in discussione l’originalità e la creatività del libro “Gomorra”, ma solo il plagio di alcune parti specifiche e limitate nel libro (…) potendo l’attività plagiaria realizzarsi non solo in relazione all’intera opera ma anche a parti di essa, quando, come accertato nel caso in specie, si realizza la riproduzione integrale dell’opera plagiata senza quindi che per quella parte del romanzo sia intervenuta l’attività creativa dell’autore stesso».

Dunque, secondo la Suprema Corte, presieduta dal dott. Renato Rordof, alcuni brani contenuti nel testo di “Gomorra”, sono stati copiati. Sono un plagio. Lo scrittore, diventato un simbolo della lotta alla mafia proprio dopo la pubblicazione di “Gomorra”, si è sempre difeso a mezzo stampa e nelle sedi legali affermando che le vicende di cui narrano suddetti articoli e il suo romanzo-verità fossero di dominio pubblico. Ha ragione. Potrebbe essere curioso però che le medesime vicende siano state riportate con parole più o meno identiche. Saviano inoltre dovrà inserire tra i “credits” del suo volume il nome di Maurizio Clemente, editore di Libra, condannato in primo grado a otto anni e mezzo di reclusione per ricatti a mezzo stampa.

Su Twitter, Saviano si è così difeso: «Scrivere “secondo un giornale locale” e non “Secondo il Corriere di Caserta” per il gruppo Libra è plagio. Fa sorridere”. In Rete, qualcuno mete in discussione la credibilità dello scrittore. “Ma non era lui il paladino della trasparenza?”, scrive qualcuno. Ancora: “Secondo la Cassazione Saviano ha plagiato e la disonestà intellettuale di chi ha sostenuto il contrario è vergognosa. Se non è vero Roberto Saviano mi querelerà per diffamazione» scrive su Facebook l’avvocato Luca Ponzoni, tra i migliori penalisti di Milano.

Prima di arrivare in Cassazione, la querelle è stata dibattuta in altri tribunali. Nel 2008, in prima istanza, i giudici hanno accolto le motivazioni dello scrittore campano condannando la casa editrice Libra (attrice protagonista della causa legale) al pagamento di 5 mila euro.

In appello, nel 2010, le cose cambiano. Saviano e la Mondadori sono condannati per “riproduzione illecita”, a loro spetta il pagamento di un risarcimento pari a 60 mila euro. Infine si è giunti in Cassazione, qui il risarcimento economico, per intenderci i 60 mila euro, è rimasto in stand by. Il Tribunale infatti ha chiesto alla Corte di Appello di prendere in considerazione la diversità dei circuiti commerciali di pubblicazione.

Sul plagio però i giudici non hanno dubbi perché «l’elaborazione creativa si differenzia dalla contraffazione in quanto, mentre quest’ultima consiste nella sostanziale riproduzione dell’opera originale (…) la prima si caratterizza per un’elaborazione dell’opera originale con un riconoscibile apporto creativo».


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