La questione del nuovo corso renziano della Cassa Depositi e Prestiti è al centro dell’attenzione ormai da settimane. Se ne scrive, se ne parla, non solo sui giornali, di carta e on line, ma soprattutto nei palazzi della politica e della finanza. E sempre più spesso, nel calderone delle discussioni si accosta all’intricata faccenda, un’altra querelle, quella dell’Iri, che ha segnato la storia economica e industriale del nostro paese.
E proprio di Cdp e di Iri si è parlato nel corso de “La liquidazione dell’Iri: fu vera gloria?”, il titolo di un dibattito che ha avuto luogo ieri pomeriggio a Milano, in una gremitissima sala Buzzati della Fondazione Corriere della Sera.
Prendendo spunto dal saggio “L’ultimo decennio, revisione di una liquidazione sommaria” scritto dal giornalista e ora parlamentare Pd, Massimo Mucchetti, e contenuto nel quarto volume della storia dell’Iri a cura di Roberto Artoni (Laterza), si è disquisito del rapporto tra il pubblico (lo Stato) e il privato.
Al dibattito hanno preso parte lo stesso Mucchetti, ora presidente della commissione industria del Senato; Mariana Mazzucato, economista e autrice del libro “Lo Stato innovatore” (Laterza) e Andrea Guerra, ex capo azienda di Luxottica e “protagonista del momento per la questione di Cassa Depositi e Prestiti” come consigliere del premier, ha esordito il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana.
IL PENSIERO DI MUCCHETTI
Mucchetti è convinto che la liquidazione dell’Iri sia stata parzialmente un errore, ne è talmente convinto da averci scritto appunto un saggio e spiega, cifre alla mano, il perché: “Nel 2002, tra soldi incassati, valori residui di mercato e debiti pagati l’Iri ha prodotto 24 miliardi di utile. Forse allora non era così fallita come si credeva”. E forse neppure la mission di Cdp lo è oggi. Alla base del pensiero del giornalista e parlamentare risiede una visione positiva dell’intervento statale, visione che condivide anche la Mazzucato. La professoressa dell’University of Sussex sostiene che “nel mondo ci siano esempi di realtà in cui lo Stato ha creato il mercato”, su tutti la Silicon Valley americana. Ha aggiunto l’economista: “Il problema dell’Iri non è stata la sua configurazione pubblica quanto piuttosto la sua politicizzazione”.
TRA IRI E CDP
E’ stato poi il turno di Andrea Guerra, il manager e consigliere renziano assurto nelle cronache giornalistiche a ispiratore della rottamazione dei vertici della Cassa depositi e prestiti: “La lettura data da Mucchetti rispetto alla questione dell’Iri è veritiera ma è una lettura storica e tale deve rimanere. Il mondo è cambiato, la tecnologia è cambiata e l’Europa pone vincoli straordinariamente alti”. Il presidente della commissione industria, commercio e turismo precisa a questo punto che “la storia non va dimenticata, perché potrebbe insegnare”. Poi tuona: “In Italia non esiste un mercato di capitali adeguato alle nostre ambizioni”.
PARLA IL RENZIANO GUERRA
Guerra prosegue affermando che nel corso degli ultimi dieci anni, mentre aveva luogo un mutamento degli equilibri mondiali, “l’Italia si è fermata, siamo di fronte a un deficit di capitali, di tecnologie e di internazionalizzazione delle aziende”. Cosa fare dunque per ripartire? “Oggi una serie di riforme di questo governo ci portano a un punto importante che può segnare la ripresa”. Il direttore del Corsera a questo punto non si esime dal chiedere all’ex manager di Luxottica una spassionata riflessione su Cdp e Guerra chiarisce: “Cassa Depositi e Prestiti è una struttura ben gestita e indipendente, ma investe in un mercato che ha dei tassi bassi”. Ha un attivo di 350 milioni, buona parte derivante dal servizio di tesoreria “non può investire in aziende decotte – prosegue il consigliere di Renzi per le politiche industriali – c’è bisogno di qualche idea in più”. Deve aver pensato la stessa cosa il Presidente del Consiglio Renzi quando ha messo in atto il ribaltone ai vertici di Cdp: il presidente Franco Bassanini si è dimesso per diventare consigliere speciale a Palazzo Chigi e l’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini sta valutando come e quando uscire da Cdp visto il forcing rottamatorio del governo.
L’AGENDA RENZIANA PER CDP
“Non c’è nessuna volontà di stravolgimento, l’unica volontà è quella di fare diventare Cdp più protagonista ed efficiente”. C’è chi mormora che la riforma di Cdp sia stata voluta soprattutto per risolvere una volta per tutte il problema dell’Ilva “se fa piacere pensarlo che lo si pensi pure, ma è una follia – ha detto ancora Guerra – è cambiato il momento bisogna essere più incisivi e solo con le persone incisive si può fare meglio”. Conclude: “Il 90 per cento dell’iniziativa imprenditoriale dipende dalle persone. Se le persone sono quelle giuste è difficile sbagliare”.
DOSSIER TELECOM
“Non si vuole stravolgere Cdp o fare cose strane”, ma che diventi protagonista di un mondo che ha “nuovi confini, nuove tecnologie e tassi bassi”. Alla domanda se entrerà in Telecom risponde di non avere “voce in capitolo sulla futura strategia” della Cassa, però dice: “In Telecom succede una serie di cose, Deutsche Telekom ha dentro la Cdp tedesca e Orange la Cdp francese. Non è che i nostri concorrenti siano angeli o agnelli e noi i più puri. Ci sono momenti in cui prendere delle responsabilità”. Più chiaro di così…