Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Maicol Mercuriali apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi
Da una parte le sanzioni, dall’altra l’embargo. Le restrizioni reciproche adottate da Europa e Russia, sulla scia della questione dell’Ucraina, come si riflettono sull’economia della Federazione?
La Banca di Russia, nel bollettino di giugno, prova a dare una risposta a questa domanda, fornendo un punto di vista interno, sugli effetti delle scaramucce diplomatiche e sulle cause principali del tracollo delle importazioni (prezzo del petrolio e svalutazione del rublo).
Perché è questo il dato principale da cui parte il focus della Cbr.
Nel 2014 e nel primo trimestre del 2015, si legge nel bollettino, le importazioni in Russia sono diminuite, rispettivamente, del 9,2% sul 2013 e del 38,2% rispetto al primo trimestre 2014. Nella seconda metà dello scorso anno e all’inizio del 2015 il calo delle importazioni ha subito poi un’accelerata. Solo nei primi tre mesi del 2015 l’import russo ha fatto registrare una caduta di 25,8 miliardi di dollari (circa 23 miliardi di euro) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È interessante capire quali settori hanno contribuito a questa caduta: soprattutto macchinari, veicoli ed equipaggiamenti legati ai trasporti. «L’embargo sui prodotti alimentari», ha sottolineato la Banca di Russia, «introdotto nel paese nell’agosto 2014, non è stato il maggiore fattore della riduzione delle importazioni: la caduta delle importazioni di cibo ha rappresentato solo il 7,2% della diminuzione totale dell’import».
In particolare l’import di prodotti alimentari e materie prime agricole è diminuito del 7,8% nel 2014 e del 42% da gennaio a marzo 2015. Ma la Cbr rileva che il peso di questi flussi commerciali, sul totale del paese, non è cambiato in modo significativo.
«Le restrizioni imposte hanno avuto piuttosto una ripercussione sulla struttura geografica delle importazioni», ha rilevato l’istituto presieduto da Elvira Nabiullina, sottolineando come l’embargo sui prodotti americani, europei, canadesi e australiani sia stato compensato da un aumento delle forniture da parte di altri paesi, America Latina in testa. «Le analisi quantitative confermano che l’impatto sull’import dell’embargo è stato generalmente insignificante», è la netta analisi della Banca centrale. «La diminuzione nelle importazioni registrate sin dall’agosto 2014 non sono dovute alle sanzioni contro la Russia e al seguente divieto di importare un certo numero di beni, ma piuttosto dipende dal deprezzamento del rublo e dal declino dell’economia nel paese. Le sanzioni non hanno avuto un impatto diretto perché il processo di sostituzione dei beni oggetto d’embargo con altre nazioni è stato sufficientemente veloce». Quindi l’import russo ha visto una modifica della propria struttura geografica, piuttosto che nella sua quantità.
Nei primi tre mesi dell’anno l’economia russa si è contratta dell’1,9%. Per la Banca di Russia la contrazione dovrebbe proseguire trainata dal calo degli ordini industriali, da un peggioramento della fiducia dei consumatori e dalla crescita della disoccupazione. Ma, allo stesso tempo, il mercato si sta assestando su questi nuovi valori e, per la fine del 2015, il calo dovrebbe essere minore. Le previsioni per il 2015 parlano comunque di una diminuzione del pil del 3,2%.
L’inflazione a marzo ha raggiunto il 16,9%, per poi scendere al 16,4% in aprile e al 15,8% in maggio. Una diminuzione, ha rilevato la Banca centrale, sostanzialmente dovuta all’assestamento del valore del rublo. E i prezzi del cibo sono quelli che più hanno subito le fluttuazione della moneta: nel febbraio scorso hanno fatto registrare una crescita del 23,3%, il valore più alto dal luglio 2001, per poi scendere al 20,2% a maggio.