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A che punto è il pasticciaccio greco di Tsipras

Alexis Tsipras, Grecia, debito

Ogni anno in corrispondenza con l’inizio del Festival internazionale di arte lirica di Aix-en-Provence, si tiene ‘le rencontre des économistes’, un congresso internazionale di economisti su temi di attualità. Quest’anno i temi ruotavano su occupazione e distribuzione del reddito e, ovviamente, la star è stata Thomas Piketty ed il suo Capitalismo nel XII Secolo. Finito il congresso il 5 luglio, numerosi economisti (e non solo) si fermano per spettacoli del Festival e spesso alloggiano negli stessi alberghi dei ‘melomani vaganti’ come il vostro chroniqueur. Nelle conversazioni, il tema si sposta dai tristi argomenti ‘pikettiani’ al ‘melodracma’ (ossia la Grecia) in corso da mesi.

Interessante il punto di vista di Dominique Moïsi (ora professore al King’s College si Londra e consulente speciale dell’Istituto Francese di Relazioni Internazionali) il quale parla un ottimo italiano in quanto per dieci anni ha insegnato a Bologna. E’ un po’ una chiave interpretativa della arroganza con cui Tsipras ha chiesto un prestito ponte triennale, prima ancora di presentare un adeguato piano di consolidamento della finanza pubblica, di aumento della produttività, e di sviluppo dell’economia reale. “Siamo costretti ad aiutare la Grecia nonostante i suoi comportamenti di sfida all’Unione Europea (UE), ed al fatto che calpesti sfacciatamente le regole dell’unione monetaria”, dice senza buonismi  Moïsi. Ancora più duro Jean Louis Buorlanges, economista di rango e ex-deputato centrista: “La strategia di Tsipras è quella del passeggero clandestino che vuole non pagare il biglietto e, se del caso,ti pugnala alle spalle”.

Il prestito ponte è, in effetti, un “cavallo di Troia” che può minare l’intera UE. Intendiamoci, io stesso, su questa testata e su Avvenire, ho proposto più volte che si prendessero misure quali l’allungamento delle scadenze del debito estero. In cambi , però, di quello che un tema veniva chiamato uno scambio politico che, nonostante i mali della Grecia siano in gran misura solamente sua responsabilità, permettesse alla Repubblica Ellenica di ripartire. Il piano avrebbe dovuto contenere, come minimo, misure di consolidamento fiscale (aumento del gettito, revisione dell’Iva, drastica riforma della previdenza) e provvedimenti per favorire la concorrenza abolendo le mille parrocchiette (dai taxi al commercio, alle così dette professioni liberali) che la frenano. Non c’è ragione per nuovi prestiti se, prima che vengano concessi, la Grecia non attua una serie di riforme “a costo zero”. Anzi, è un insulto ai Paesi dell’eurozona e dell’UE che riforme del genere hanno adottato per fare parte dei club europei.

Tuttavia, dietro la faccia di bravo ragazzo, Tsipras ha un’arma che potrebbe essere fatale alla stessa UE. Da un lato, se la Grecia viene esclusa dall’eurozona ma resta nell’UE può bloccarne il processo decisionale ogni volta che i Trattati richiedono il voto all’unanimità; questi casi sono numerosi particolarmente nelle materia di politica estera europea. La Repubblica Ellenica, quindi, potrebbe bloccare misure quali le sanzioni nei confronti della Russia, nonostante, per il momento, Putin non ha risposto con calore agli abbracci del Presidente del Consiglio Greco.

La ‘povera’ Grecia spende il 2% del Pil per le forze armate (una delle percentuali più elevate nella Nato) con grande soddisfazione di Washington che per questa ragione sta facendo di tutto per impedire una rottura tra la Grecia ed il resto dell’UE. I militari greci di oggi non solo quelli conservatori del colpo di stato nel 1967. Al contrario, sono vagamente ‘nasseriani’ e nazionalisti socialisti. I loro voti non vanno al centro ma ai neofascisti di Alba Dorata e a Syriza. Tsipras li corteggia ma se la sua tattica non ha successo potrebbero defenestrarlo senza troppi complimenti.

Quindi, il pasticciaccio è davvero complicato. L’unica via d’uscita è in una risposta europea che chieda rigorosamente alla Grecia di avviare le riforme; solo quando sono in fase di attuazione e, dietro monitoraggio internazionale, si potrà parlare di nuovi prestiti.

Perché gli statali ed i pensionati italiani che hanno già dato ad Atene 40 miliardi devono di nuovo aprire il portafoglio prima di vedere passi concreti di miglioramento?


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