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Ecco come Merkel vuole germanizzare il Fondo Juncker

Non c’è solo il diverso approccio al caso greco che in questi giorni divide Francia e Germania. Gli entourage di Angela Merkel e François Hollande stanno gentilmente bisticciando su una poltrona di peso per il fondo Juncker.

Anche se restano le perplessità sulla effettiva capacità del piano di raggiungere gli obiettivi dichiarati, per non parlare di una tempistica non ancora chiara, il Fondo Juncker – che punta a rilanciare la crescita in Europa, mobilitando 315 miliardi – inizia a muovere formalmente i primi passi.

Tre giorni fa è arrivata la notizia che la Gran Bretagna contribuirà con sei miliardi di sterline, circa 8,5 miliardi di euro, al finanziamento dei progetti che beneficeranno del sostegno dell’Efsi, lo strumento alla base del Piano Juncker in cui Bei (Banca europea per gli investimenti) e Commissione Ue hanno messo 21 miliardi (5+16) di garanzie.

Inoltre Il regolamento dell’Efsi che stabilisce governance e linee guida per la selezione dei progetti è stato pubblicato. Restano da nominare il managing director, il vice e i membri dell’Investment Committee, che avrà il compito di selezionare i progetti.

Insomma, non proprio nomine secondarie. E a riprova dei rischi temuti da alcuni addetti ai lavori – ovvero che la Germania la faccia da padrone, come sottolineato da tempo su Formiche.net – da ambienti di Bruxelles e Strasburgo giungono rumors di una sotterranea baruffa in corso tra Francia e Germania sul managing director. Con il governo francese e il presidente Hollande in prima fila per scongiurare un nome tedesco. Una prospettiva che cerca di essere evitata anche da altri Paesi.

Ecco all’incirca il ragionamento alla base delle preoccupazioni francesi sotto forma di una domanda: Berlino può esprimere anche la terza carica di una architettura che vede già nelle prime due cariche rilevanti per la realizzazione del fondo Juncker personalità tedesche o espressione comunque della Germania?

Infatti il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, pur non essendo tedesco ma lussemburghese, è il frutto di una manovra merkeliana. Mentre è tedesco il presidente della Bei, Werner Hoyer. Per non parlare di un altro tedesco di peso ai vertici dei palazzi europei, come il numero uno del fondo Mes (Meccanismo europeo di stabilità), Klaus Regling.

Difficile dire se l’azione francese centrerà l’obiettivo, e che ruolo avrà l’Italia, ma in ambienti diplomatici non si esclude che alla fine si possa arrivare a una soluzione terza – tra francesi e tedeschi – più filo-tedesca che filo-francese, ad esempio con una nomina di esponente dei Paesi del Nord Europa.

Timori eccessivi o sano realismo vista l’egemonia tedesca nei palazzi europei?


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