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Tutte le favolette dei benecomunisti

Cosa sono i beni comuni? I beni a metà tra il pubblico e il privato, i beni che devono essere accessibili e fruibili da tutti, i beni in via d’estinzione che soddisfano bisogni primari; beni superiori, beni scarsi, beni difficili da indicizzare, beni non proprio pubblici ma guai se si fanno diventare privati, beni di tutti e di nessuno. Ecco, queste pseudo descrizioni rendono i beni comuni dei “benicomunisti”: contro la proprietà privata ma sul chi va là anche per una (mala)gestione pubblica.

“I beni comuni oltre i luoghi comuni”, libro del Bruno Leoni a cura di Eugenio Somaini presentato ieri a Roma presso l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi, vuole parlare di questi confusi beni comuni, andando oltre i benecomunisti. Vuole andare oltre le dicotomie pubblico/privato, Stato/mercato, comunismo/liberismo. Vuole provare ad andare oltre la tragedy of the commons – dovuta ad un “degrado di utilizzo o ad uno sfruttamento incontrollato” degli stessi – spingendosi verso una comedy  dei beni comuni, per citare il premio nobel Elinor Olstrom, cioè verso una terza via senza classificazione pubblico/privato.

Esempio: il referedum sull’acqua del 2011. I benpensanti benecomunisti hanno vinto grazie allo slogan “l’acqua è di tutti” e se la privatizzi sei un cretino. Ma l’acqua è già un bene di tutti e se la privatizzi non la rendi di pochi, ma magari “la rendi fruibile in maniera più efficiente, senza sprechi”, dice Serena Sileoni, autrice del capitolo su questo tema. Qualche numero: dal 2007 al 2014 le tariffe sono cresciute del 20% e la dispersione dell’11%. Nel 2011 stravinse lo statalismo alla Stefano Rodotà “pervasivo e benpensante”, per dirla con le parole dell’editorialista del Corriere della Sera, Pierluigi Battista, che ha presentato il libro.

Altro esempio: il cibo. I benpensanti benecomunisti stanno vincendo ancora. Tutte le nuove mode sull’agricoltura biologica, biodinamica e biosalvavita, sembrano frutto di una diffusione forzata di prodotti senza i quali le nostre tavole, oggi, non possono essere imbandite. Ma come spiega Luigi Mariani, autore del capitolo sul cibo, qualche volta queste filiere alternative fanno peggio di quelle tradizionali: a volte i prodotti agricoli non hanno abbastanza nutrienti (si sfamano non si nutrono); altre volte i concimi naturali non sopperiscono ad eventuali batteri. Piccola storia: Germania, anno 2011, morte di 54 persone e 10.000 ricoveri in ospedale per batteri di Escherica coli derivante dalla produzione di germogli di fieno di un’agricoltura biologia. Il consiglio di Mariani è quello di puntare sulla tecnologia, sull’innovazione, sugli OGM per evitare gli sprechi dovuti a siccità, gelo, salinità eccessiva. E’ un bene comune? Sulla carta si (è limitato e dovrebbe essere accessibile a tutti), ma è privato e quindi non si sa.

O forse per capire meglio cosa sia il bene comune, bisognerebbe ispirarsi ad Abramo Lincoln che nel XIX secolo, nella redistribuzione delle terre dell’ovest, seguì il principio de “la terra è un bene comune e di tutti quindi deve diventare privato” e di tutti.



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