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Vi spiego perché il taglio delle imposte sulla casa è sacrosanto

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha lanciato la prospettiva di una stagione di riduzione delle imposte: 45 miliardi di euro in tre anni. Si dovrebbe comnciare l’anno prossimo, con la eliminazione della Tasi sulla prima casa. Al di là delle polemiche politiche, visto che il centrodestra ha reclamato la paternità della iniziativa mentre alcuni esponenti del PD l’hanno bollata come un passo indietro a favore dei più ricchi, è utile ricostruire sia il contributo recato in questi anni al gettito fiscale dall’aumento della imposizione immobiliare, sia le conseguenze che ne sono derivate in termini di caduta dell’attività edilizia, prezzi degli immobili, e sofferenze bancarie.

Per la prima casa tutto ricomincia da zero con il decreto legge 93/2008, con cui il governo Berlusconi tiene fede alla promessa di eliminare l’Ici fatta in campagna elettorale. Fu una boccata d’aria, in un contesto economico e finanziario che si stava già facendo difficile: nello stesso tempo, il Ministro dell’economia Giulio Tremonti si affrettava a mettere in sicurezza i conti pubblici con una serie di misure, tra cui la Robin Tax: un aumento dell’imposizione nei settore energetico e delle banche che macinavano superprofitti derivanti dall’aumento dei prezzi e dei tassi di interesse.

Tutto rimase fermo fino al 2011, quando il peso dell’Ici sulle seconde case fece incassare all’Erario 9 miliardi di euro. Le batoste sul settore immobiliare arrivarono con alla fine dell’anno, con il decreto legge Salva Italia: il governo Monti introdusse l’Imu, una vera e propria batosta sugli immobili, che prendeva spunto da una disposizione in tema di federalismo fiscale. Nel 2012 si pagarono così complessivamente ben 22 miliardi di euro di imposte immobiliari: 4 riferiti alle prime case, fino ad allora esenti dall’Ici, e ben 18 sugli altri immobili che videro l’imposizione raddoppiata rispetto al 2011.

Fu così che gli immobili ed i terreni, considerando i capannoni industriali, gli impianti “imbullonati” al suolo, e l’Imu su terreni agricoli, sono diventati il bancomat dei governi e dei comuni: il susseguirsi di manovre lacrime e sangue, varate a partire dall’estate del 2011 con l’aumento ripetuto dell’Iva, delle accise, l’introduzione dei super bolli su auto e la tassa d’ormeggio per le barche, portò nel 2012 a ben 32 miliardi di maggiori entrate tributarie, di cui ben 13 miliardi derivanti dalla sola Imu. L’aumento delle entrate tributarie fu del 7% rispetto al 2011, ma la caduta del Pil non fu meno clamorosa: -2,8% in termini reali.

Nel 2013 l’Imu sulla prima casa venne sospesa, per via dell’accordo di maggioranza stretto dal Governo Letta con il Centrodestra: la conseguenza fu che i contribuenti italiani risparmiarono 4 miliardi di imposte sulla prima casa rispetto al 2012. Anche le entrate tributarie dell’anno diminuirono, di 3 miliardi: il gettito dipende tutto dalla imposizione sugli immobili. La vicenda dell’Iva e delle accise sui prodotti petroliferi è eloquente: aumentando le imposte, il gettito addirittura cala perché i consumi rallentano più che proporzionalmente.

Dopo la sospensione dell’Imu nel 2013, c’è stata una nuova riforma. Con le nuove aliquote previste per la Tasi, la tassa sulle prime case, nel 2014 ci si è assestati a 3,8 miliardi, mentre quest’anno si prevedono ben 6,8 miliardi: un altro raddoppio.

La conclusione è semplice: in termini nominali, il pil del 2015 dovrebbe tornare ad essere pari a quello del 2011 (circa 1.638-1639 miliardi di euro), ma vengono pagati ben 42 miliardi di tasse in più. L’imposizione immobiliare contribuisce per il 37,6% all’aumento delle entrate tributarie. I pil reale nel 2015 sarà comunque inferiore del 4,2% rispetto al 2011.

La metà della caduta del pil reale registrato tra il 2015 ed il 2011, quasi 2 punti percentuali, viene accreditata alla caduta dell’attività nel settore edilizio ed alla crisi dell’immobiliare: fatto 100 l’indice dell’anno 2010, la produzione edilizia è arrivata nel primo trimestre di quest’anno a quota 63; alla fine del 2014, l’indice dei prezzi per le case esistenti era arrivato ad 83,6. A fine 2012, il numero delle compravendite era tornato al livello del 1985, con 430 mila transazioni, rispetto al picco di 877 mila toccato a metà del 2016. La riduzione della tassazione immobiliare incide immediatamente sul mercato: tra la metà del 2008 e la fine del 2011, la eliminazione dell’Ici sulla prima casa aveva immediatamente stabilizzato il numero annuale delle compravendite a circa 600 mila transazioni.

Il crollo del mercato immobiliare ha avuto un impatto consistente sulla ricchezza delle famiglie, visto che il valore delle abitazioni è diminuito di 459 miliardi di euro. La contrazione dell’attività nel settore edilizio è costata assai dal punto di vista occupazionale, con la perdita di 267 mila unità di lavoratori, pari all’81% del totale delle perdite del settore industriale. Le sofferenze bancarie nei settori dell’edilizia e dell’immobiliare a marzo scorso pesavano per 61 miliardi di euro, su un totale complessivo di 140,6 miliardi.

Il governo Renzi ha varato un “Piano casa”, con la conversione a maggio del decreto legge 47/2014. Si prevedono interventi per oltre 1 miliardo e 740 milioni di euro per il sostegno all’affitto a canone concordato, l’ampliamento dell’offerta di alloggi popolari, lo sviluppo dell’edilizia residenziale sociale a favore di famiglie che si trovano in difficoltà nel pagare l’affitto.

In questi anni sono crollati insieme sia il settore dell’edilizia residenziale, per via del concludersi del ciclo ventennale e dell’aumento della tassazione sugli immobili, sia quello degli investimenti pubblici infrastrutturali. Occorre ristrutturare il patrimonio edilizio privato al fine di migliorarne la qualità e la efficienza energetica. Servono grandi infrastrutture per i trasporti pubblici locali su ferro.

La legge Tupini del ‘49, il Piano Fanfani del ’57, i decreti Goria degli anni ’80, segnarono una svolta nello sviluppo del Paese. Il Piano casa e l’eliminazione della Tasi non sono che un primo passo: la strada è giusta, ma il cammino da fare ancora lungo.

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