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Immigrazione, la ricetta di Madrid e Barcellona

Mentre la Germania e il Regno Unito cercano la strategia più adeguata per bloccare l’ondata di migranti provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, l’amministrazione locale di due delle principali città spagnole spalanca le porte agli extracomunitari. Di fronte all’inerzia del governo spagnolo e dell’Unione europea, il sindaco di Madrid, Manuela Carmena, e il sindaco di Barcellona, Ada Colau (qui il ritratto di Formiche.net), hanno deciso di farsi avanti e stanno cercando di coordinare un piano di emergenza per assistere i rifugiati.

L’INERZIA DEL GOVERNO

Il presidente spagnolo Mariano Rajoy ha detto che la quota di rifugiati della Spagna aumenterà a 2.739 posti: “La Commissione ha fatto una proposta. Abbiamo negoziato e alla fine abbiamo deciso di accogliere 2.739. Siamo disposti a trattare il tema, ma ci sono cose che deve fare la Commissione europea”, ha detto Rajoy in conferenza stampa con il cancelliere tedesco Angela Merkel.

LA PROPOSTA DI COLAU

In Spagna, la prima a farsi avanti è stata Colau, attivista sociale vicina al partito Podemos e leader e fondatrice di una piattaforma per aiutare gli “okupa” di Barcellona. Il sindaco ha criticato l’atteggiamento del governo di Rajoy e ha detto che “non si sta facendo niente per affrontare la grave crisi migratoria in Europa. La Spagna deve essere all’altezza delle circostanze. Ci sono fondi per questa situazione che non si stanno utilizzando”.

REGISTRO DI FAMIGLIE

Secondo il quotidiano spagnolo El Pais, la proposta di Colau è di fare un registro di famiglie che permetterà di canalizzare gli sforzi della società civile a sostegno dei rifugiati. Il problema principale è la mancanza di risorse: in Catalogna ci sono soltanto 28 posti per rifugiati, per un tempo massimo di sei mesi. L’Ayuntamiento di Barcellona sta però studiando la possibilità di disporre una struttura per alloggiare temporaneamente gli immigrati.

LA RISPOSTA DI BARCELLONA

Barcellona ha 1000 richieste di asilo, “persone che si trovano nel limbo, per la lentezza del processo burocratico. Abbiamo pensato che possono essere le città a proporsi come ‘luoghi di collaborazione’ per creare una rete di città di rifugio e asilo di fronte alla crisi umanitaria”, ha detto Colau. Sarà ogni cittadino, a secondo delle proprie possibilità, ad offrire aiuto al rifugiato, sia con un posto letto o donazione economica o materiale. “La reazione, a pochi giorni della proposta, – ha aggiunto Colau è stata molto attiva. La nostra società non è indifferente al dolore umano”.

LA RISPOSTA DI MADRID

All’iniziativa di Colau si è voluto aggiungere il sindaco di Madrid, Manuela Carmena, anche lei legata al partito Podemos. Carmena ha sollecitato una risposta al governo centrale per gestire l’emergenza immigrazione: “Devono assumersi le proprie responsabilità e coordinare una soluzione con le amministrazioni autonome e municipali. Madrid ha un carattere aperto e solidale, specialmente con le persone che sono costrette a scappare degli orrori della guerra”. Il sindaco ha detto che disporrà di una parte del bilancio 2016 per “abitazioni e stanze per rifugiati” e lavorerà insieme a Barcellona alla rete di Città di accoglienza. I due sindaci si incontreranno la settimana prossima per mettere a punto la strategia. “Siamo due grandi città diverse ma di accoglienza. Stiamo preparando il bilancio per abitazioni e quote per i rifugiati”, ha detto Carmena.

ALTRE CITTÀ DI ACCOGLIENZA

Dalle pagine di Abc si legge che il sindaco di Valencia, Joan Ribó, ha intenzione di entrare nella rete di città rifugio, ma vuole aspettare la contro-proposta del governo. L’Ayuntamiento di Coruña sta studiando la proposta di Colau perché la trova “interessante” ed è in contatto con diverse ong della città. L’amministrazione di Las Palmas di Gran Canaria si è detta disposta ad accogliere rifugiati, ma con la condizione che sia il governo centrale a mettere a disposizione infrastrutture e risorse. I Paesi Baschi non hanno ancora risposto, ma il portavoce del governo, Josu Erkoreka, si è detto disposto a offrire risorse per attendere l’emergenza umanitaria.


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