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Manca l’Europa e manca l’Unione

Migliaia di migranti attraversano l’Europa. L’eccezionale flusso migratorio non accenna ad arrestarsi. Intere famiglie provenienti dall’Africa, dal Medio oriente e dal Sud est asiatico, fuggono da guerre e povertà. Mentre l’Onu insiste sulla necessità di rispettare il diritto d’asilo “senza alcuna forma di discriminazione”, l’Ungheria costruisce un muro lungo il confine con la Serbia per bloccare i migranti. Tornano i controlli alle frontiere.

Durante il suo primo discorso sullo “Stato dell’Unione”, Jean Claude Juncker, ha chiesto agli Stati membri di assumersi le proprie responsabilità davanti al flusso di rifugiati in arrivo. Le quote proposte dalla Commissione restano obbligatorie e, rispetto a maggio, sono state quadruplicate. Da inizio Ottobre sarà permesso alle navi in forza all’Unione di bloccare, perquisire e dirottare le navi sospettate di trasportare migranti. Finalmente l’Ue si muove, ma bisogna migliorare.

Questa crisi pone nuovamente l’Unione europea di fronte ad un dilemma: quanta sovranità dovrebbero “cedere” le nazioni europee, per preservare la solidarietà all’ interno del continente? Secondo i piani del presidente della Commissione Europea, i paesi membri dovranno ridistribuire 160.000 rifugiati, attualmente bloccati in Italia, Grecia e Ungheria. Molti governi europei sembrano però scettici. Perché? Perché la proposta della Commissione riguarda uno dei principi fondamentali della sovranità: l’autorità di determinare non soltanto chi entra nel territorio nazionale, ma anche chi può rimanervi.

Nel passato, i paesi membri hanno accettato di cedere la propria sovranità in cambio di una maggiore integrazione a livello comunitario. Mentre Germania, Francia e Italia, credono che un impegno obbligatorio da parte degli stati membri nell’accoglienza ai migranti sia l’unica soluzione, i paesi dell’est -ma non solo- lo considerano “inaccettabile”. Per paesi come Repubblica Ceca e Ungheria, gli sforzi di ogni Stato membro per fronteggiare la crisi, devono rimanere a discrezione dello Stato stesso. Insomma, non vogliono accettare gli ordini che arrivano da Bruxelles. La Gran Bretagna accetterà di accogliere fino a 20.000 migranti, ma Cameron tiene a precisare che il suo paese non è obbligato a partecipare al piano di redistribuzione imposto da Bruxelles.

E’ bene però ricordare su quale base giuridica si legittima la proposta della Commissione. L’articolo 78, paragrafo 3 del TFUE:

Uno o più Stati membri devono affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi. Il meccanismo dev’essere attivato in circostanze eccezionali in cui, sulla base di elementi chiari e misurabili, il funzionamento del sistema di asilo di uno o più Stati membri può essere messo a rischio da un afflusso intenso e costante di rifugiati sul suo territorio, specialmente se hanno evidente bisogno di protezione internazionale.

Requisiti preliminari per l’attivazione del meccanismo sono pertanto: una soglia elevata di urgenza e la gravità del problema. Caratteristiche che certo non mancano alla crisi attuale.

Cosa accadrà, quando anche altri paesi che oggi rifiutano la proposta della Commissione, avranno bisogno dell’aiuto degli altri Stati membri?

La recente fase di stallo, rischia di minare la credibilità politica –già messa a dura prova dalla crisi economica- dell’intera Unione. Non servono nuove regole. Non servono nemmeno sanzioni economiche per chi non le rispetta. Serve una nuova Europa. In poche parole un’Europa politica, che non si basi solo su regole economiche e numeri. All’interno dei singoli Stati, i partiti nazionalisti guadagnano giorno dopo giorno sempre più consenso. Intervenire a favore di una maggiore integrazione a livello comunitario, sembra quanto mai rischioso per i partiti di governo. Quest’ultimi potrebbero perdere consenso, ma è necessario se si vuole che l’Ue continui ad esistere.


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