Skip to main content

Che cosa (non) c’è nel Def

Per illustrare l’aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (su cui nell’ultimo fine settimana si sono arrovellati sia economisti italiani che la tecno-burocrazia di Bruxelles), è bene ricorrere a termini musicali. In estrema sintesi, questa versione del DEF sembra un moderato, cantabile (titolo, tra l’altro, di un celebre romanzo di Marguerite Duras da cui Peter Brook trasse un film d’arte di grande successo anche nelle sale) ma cela un andante, con moto.

Il termine moderato, cantabile (attenzione alla virgola; è importante) indica un movimento dolce che può essere cantato, anzi canticchiato quando ci si fa la barba o si va al lavoro in bus o metro. Quello andante è senza dubbio più spedito e il con moto (con o senza virgola) contraddistingue un certo vigore, anche se unicamente per convincere gli avversari.

Il moderato, cantabile è, innanzitutto, nel quadro economico di riferimento, il DEF, forte degli ultimi dati ISTAT (anche se provvisori), prevede anzi postula un consolidarsi della ripresa. Purtroppo, proprio mentre il Consiglio dei Ministri approvava il DEF, i venti maggiori istituti di analisi previsionale (tutti privati, nessuno italiano) stimavano che nell’anno in corso (ormai giunto quasi al termine) il Pil crescerà appena dell’0,6%.

“Programmare” alla base del DEF un tasso di crescita medio dell’1,6% per il 2016 vuol dire passare bruscamente all’andante con moto, ove non (per restare in termini musicali) ad un presto od anche ad un prestissimo. Teniamo presente che, prima della crisi del 2008, Bce, Banca Mondiale, Fmi ed altri istituti concordavano su un potenziale di crescita dell’1,3% per l’Italia. La crisi ha lasciato molta capacità produttiva inutilizzata; quindi, c’è modo di superare il potenziale. Dato che a causa della congiuntura internazionale (Cina, Brasile, Russia) è arduo pensare che lo stimolo venga dall’estero, una crescita ipotizzabile potrebbe essere di giungere all’1,6% nel dicembre 2016, con una media sull’1,2%. Ciò ci riporta al moderato, cantabile ma cambia drasticamente il quadro specialmente in termini di peso del debito pubblico. Lo cambierebbe ancora di più se dall’inizio del 2016 il mondo si trovasse con tassi d’interesse in rialzo.

Che il moderato, cantabile celi, almeno, un andante con moto appare dai maggiori comparti del DEF. In primo luogo, l’addio all’IMU e alla TASI (almeno in parte); è un impegno con un forte contenuto elettorale che sembra un po’ come il Farewell to Arms (Addio Alle Armi) di Ernest Hemingway; in effetti si continuò (grazie al Cielo) a combattere, nell’altopiano di Asiago, dopo Caporetto (che fa da scenario al romanzo e provoca la fuga in Svizzera dei due protagonisti). E’ verosimile che l’addio sarò un parziale arrivederci, immediatamente compensato da balzelli locali. In secondo luogo, la riduzione appena del 3,4% della spending review (hanno fatto cilecca anche gli ultimi commissari, scelti da Renzi in persona, o le corporazioni hanno ingabbiato il Presidente del Consiglio che ama farsi chiamare Premier? Manzonaniamente, ai posteri l’ardua sentenza). In terzo luogo, si prevedono ampi introiti da privatizzazioni: ne saremmo lietissimi, ma venti anni di DEF (o documenti simili) hanno peccato di eccessivo ottimismo.

In effetti, il DEF annuncia una manovra keynesiana in guisa di moderato, cantabile ma con tempi di andante con moto. Lo mostra il disavanzo delle pubbliche amministrazioni “programmato”: un buon 17,9 miliardi (se le esperienza del passato contano qualcosa sarà almeno 20 miliardi) mentre secondo il Fiscal Compact dovremmo essere in pareggio. La manovra di bilancio si situa in una prosecuzione del Quantitative Easing, quindi in una politica monetaria “accomodante”.

Si badi bene. Dopo anni di stagnazione e tre di recessione, il vostro chroniqueur non ha nulla contro una manovra espansionista. Ma sarebbe più efficace non contraffarla attribuendola a “circostanze eccezionali” ed ad componenti le spese per gli immigrati. E non fare finta che il disavanzo delle pubbliche amministrazione resterà sotto il 3% del Pil. Sarebbe più utile dire francamente che i parametri definiti frettolosamente a Maastricht un quarto di secolo fa vanno rivisti. E prevedere un percorso per la riduzione del debito pubblico che il DEF lascia fuori la porta.



CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter