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Editoria, ecco come il Pd (non) vuole mettere al bando i bandi di gara

Può una norma appena stralciata rientrare dalla finestra? Sì. Succede alla Camera, più precisamente in quella commissione Ambiente che ha approvato una serie di emendamenti al disegno di legge di delega per il recepimento delle nuove direttive Ue sugli appalti. La norma in questione è quella che riguarda l’obbligo di pubblicare su almeno due quotidiani gli avvisi e i bandi di gara relativi ai lavori pubblici. Una piccola manna per i giornali (e gli editori) in tempi di crisi di vendite e di pubblicità su carta. Peccato che pochi giorni fa norma in questione è saltata, con un blitz a sorpresa del Pd e del Movimento 5 Stelle. Alt. Ora  la misura potrebbe essere ripristinata nel corso dell’esame dell’Aula. Ricostruiamo la vicenda.

IL BLITZ NOTTURNO DI DEMOCRATICI E GRILLINI

Tutto è accaduto la notte del 1 ottobre quando, secondo alcune indiscrezioni raccolte da Formiche.net, Pd e Movimento 5 Stelle hanno trovato un accordo sulla cancellazione dell’obbligo. “Tutto è avvenuto dopo 12 ore di Aula, a notte fonda, oltre la mezzanotte”, ha rivelato una fonte contattata da Formiche.net. L’emendamento a firma 5 Stelle e Pd ha così abolito in un colpo solo l’obbligo di pubblicazione dei bandi sui grandi quotidiani nazionali, cartacei e online. Per la verità si tratta di una misura applicata a singhiozzo nel corso degli anni, rafforzata ulteriormente nel 2012 con la legge anticorruzione di quell’anno ma poi messa in discussione più volte, l’ultima delle quali dal premier Matteo Renzi.

LO STOP&GO DEL PD

La pubblicità legale sui quotidiani è uno degli introiti fondamentali per gli editori di giornali cartacei, con introiti che si aggirano intorno ai 100 milioni di euro. Prima a Palazzo Chigi e poi al Senato si è assistito a una sorta di stop&go. Nell’aprile del 2014, alla vigila dell’esame della delega da parte di Palazzo Madama, Renzi annunciò che per finanziare il bonus Irpef da 80 euro avrebbe rottamato l’obbligo di pubblicità legale sui quotidiani. Salvo poi, ai primi di giugno del 2015, spingere il Pd a infilare un emendamento in extremis in commissione Lavori Pubblici del Senato per ripristinare di fatto la norma. E cioè obbligando sì il governo a rivedere la normativa “in modo da fare ricorso principalmente a strumenti di pubblicità di tipo informatico”, ma dall’altro prevedendo “la pubblicazione degli stessi avvisi e bandi in almeno due quotidiani nazionali e in almeno due quotidiani locali”. Misura che allora accontentò un po’ tutti, in primis, ovviamente, gli editori. Ma ora la faccenda torna in auge.

LA BATTAGLIA DI REALACCI

Ermete Realacci, presidente dem della commissione Ambiente della Camera e tra i padri fondatori dell’ambientalismo italiano – come riportato da Repubblica – mira a presentare in questi giorni un emendamento in Aula a Montecitorio per reintrodurre l’obbligo. “Perché credo che i bandi degli appalti debbano essere pubblicati sui giornali”, ha spiegato al quotidiano diretto da Ezio Mauro. Si tratta di una norma “per la piena trasparenza nelle gare d’appalto”, ha aggiunto Realacci. Secondo alcune fonti contattate da Formiche.net l’emendamento, che prolungherà l’obbligo fino a tutto il 2016, dovrebbe essere presentato a ore. Ma resta il parere dell’Aula che dovrà valutare se respingere o meno la proposta di modifica al ddl. Se l’emendamento Realacci non dovesse essere approvato, la pubblicità legale verrà confinata su non meglio precisati siti della Pubblica amministrazione.

LE SPERANZE DEGLI EDITORI

Gli editori di giornali sperano in un miracolo dell’ultima ora. Il gettito per le testate non è mai stato stimato con precisione, anche se secondo alcuni dati raccolti da Formiche.net gli incassi per gli spazi concessi per la pubblicità legale variano tra gli 80 e i 130 milioni di euro all’anno. Non proprio spiccioli per gli editori, che ne hanno bisogno ora più che mai. Soprattutto se si guarda al calo delle stesse inserzioni istituzionali sui quotidiani. Come riportato da Formiche.net tra gennaio e agosto 2013 si sono registrati 11.961 spazi complessivi, in calo del 2,4 per cento rispetto all’anno scorso, per un ammontare economico di 86,254 milioni di euro, pari a -8,8 per cento se confrontati con i 94,566 milioni del 2012. Numeri importanti se pensiamo che nello stesso arco di tempo il volume totale delle inserzioni pubblicitarie sui giornali cartacei ha raggiunti i 519,040 milioni di euro. Con una riduzione ben più vistosa del 22,4 per cento dai 668,820 milioni della stagione precedente.

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