Lo Stato Islamico gode di buona salute finanziaria. Secondo il Centre d’analyse du terrorisme (Cat) con sede a Parigi, il gruppo jihadista ha circa 2,2 miliardi di dollari di riserve di denaro. Le tasse, la vendita di petrolio e i riscatti dei sequestri sono le sue principali fonti d’introito.
La rivista economica francese Challenges, che ha nel suo comitato l’ex magistrato Baltasar Garzón, ha pubblicato l’ultimo rapporto del centro di ricerca, specificando che l’Isis ha circa 200 milioni di dollari in più rispetto all’anno scorso. Gran parte di questo aumento si deve alla capacità di raccogliere imposte: nel 2014 il “sistema fiscale” del gruppo terrorista produceva 600 milioni di dollari e oggi arriva a un miliardo. “L’Isis ha sempre più accesso a tasse e tangenti. Nella provincia di Ninive (Iraq) i terroristi prendono il 50% dello stipendio dei 60 mila dipendenti della regione, il che si traduce in 500-600 mila dollari l’anno”, spiega il rapporto. Il think tank americano Rand Corporation calcola che i drappi neri incamerino più di un milione di dollari al giorno, grazie a tasse, sequestri e vendita di petrolio. Dopo avere conquistato Mosul, hanno rubato direttamente 375 milioni di euro dagli uffici della Banca centrale irachena.
A maggio il New York Times aveva calcolato le entrate dell’Isis derivanti dalle tasse imposte nei territori sotto controllo del sedicente Califfato: circa un milione di dollari al giorno. Nel 2014, invece, il quotidiano americano aveva quantificato introiti per 550 milioni di dollari grazie a furti nelle banche, 100 milioni dal commercio di petrolio e 20 milioni da riscatti.
INCASSI MILIARDARI
L’Isis controlla oggi un’area con una popolazione tra sei e otto milioni di abitanti in Siria e Iraq. A Raqqa, roccaforte dei drappi neri, l’organizzazione paga gli stipendi e i servizi di trasporto che collegano la città con Damasco. Ha anche creato una struttura pseudo statale con un sofisticato sistema di tasse per diversi ambiti della vita quotidiana. Secondo l’agenzia Reuters, solo nella città di Mosul lo Stato Islamico riesce a incassare sette milioni di euro al mese. Ad ogni movimento bancario è imposta una tassa, così come grava una specie di Iva sulle compagnie di telecomunicazioni e un’imposta del 5% sugli stipendi dei lavoratori. Ai non musulmani viene tolto un decimo delle entrate mensili, mentre ai funzionari pubblici iracheni il 50% delle mensilità, da cui entrano circa 300 milioni di dollari all’anno.
RISORSE ENERGETICHE
I camion che attraversano le frontiere controllate dall’Isis pagano 700 euro cadauno e 175 euro chi transita per le autostrade. Le compagnie che trasportano merci devono dare il 20% del loro fatturato ai drappi neri. Secondo alcuni analisti, i jihadisti hanno intenzione di imporre le cosiddette “tasse di protezione” alle aziende multinazionali, come hanno fatto i guerriglieri delle Farc in Colombia.
Il business del petrolio dei terroristi è calato da 1,1 miliardi di dollari nel 2014 a 680 milioni di dollari nel 2015. Ma l’Isis continua a controllare l’80% della produzione petrolifera siriana e meno del 10% della produzione irachena, che viene commercializzata attraverso il contrabbando curdo, giordano e turco. Per compensare la caduta del prezzo del greggio, i terroristi hanno deciso di entrare nel mercato del cotone in Turchia, dove il 5 e il 10% delle importazioni di questo materiale provengono da zone controllate al 90% dall’Isis.
GLI ALTRI BUSINESS
Anche il patrimonio archeologico è fonte di guadagno: Reuters racconta di una “tassa per diritto a saccheggi di zone archeologiche” che a Raqqa varia dal 20% al 50%. Secondo la rivista Challenges, Isis incamera da ciò 20 milioni di dollari. Banche, gas, cemento, cereali, tratta di donne e traffico di organi umani sono altri affari con cui lo Stato Islamico si arricchisce.
Un’altra “imposta tributaria” dell’Isis è la “zakat”, che è anche uno dei cinque precetti dell’Islam. L’Osservatorio siriano dei diritti umani ha denunciato il fatto che, nelle zone controllate dagli uomini di al-Baghdadi, chi possiede oro deve “donarne” il 25% di ogni 100 grammi ai poveri. Ovviamente, sono i jihadisti dell’Isis gli incaricati di amministrare queste ricchezze.