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Il caso Marino e il PD. Cosa accadrà ora?

Roma non è una città facile. Roma è il centro del potere politico e lì si intrecciano interessi di vario genere. Purtroppo, come la cronaca recente ci ha dimostrato, si tratta di una politica di basso, anzi bassissimo livello, basata su una logica che è ben nota nella letteratura sociologica e politologica nostrana: il voto di scambio. Ma di quello davvero becero.

Marino è stato un sindaco che ha scardinato, o per lo meno ci ha provato, un sistema di interessi e opportunismi da far accapponare la pelle. Sapevamo che c’era del marcio a Roma, ma è evidente che il marcio è andato ben oltre. Non posso esprimere un giudizio sull’operato di Marino come amministratore locale. Non vivo a Roma e non saprei quindi che giudizio dare della gestione della cosa pubblica.

So, però, che il lavoro svolto, come sottolineato da Matteo Orfini stesso, è stato importante e che molto è stato fatto. Sono stati compiuti però anche tanti, troppi, errori. Anche qua, parlo sulla base di quello che ho letto sui giornali e sentito nelle interviste. La storia degli scontrini nasconde certamente di più. Ma resta un fatto imbarazzante. Nella mia idea di Nuova Politica sta anche il non rendersi protagonista di scandalucci di alcun genere. La fiducia è una cosa fragile. Da qualche parte avevo  sentito questa cosa: la fiducia è come la superficie di uno specchio, una volta incrinata è difficile da recuperare. Le cose piccole messe insieme incrinano lo specchio e rendono un volto meno credibile di prima. Il che non significa che quella persona non sia onesta. Questo è l’errore che vedo purtroppo. Accusare Marino di essere un disonesto non è intellettualmente giusto.

Da tutta questa situazione però, il PD non ne uscirà per niente bene. Per tante ragioni e vorrei limitarmi ad elencarle:

1) non si fa la guerra a un proprio sindaco a colpi di tweet o di comunicati stampa.

2) non si butta giù un sindaco democraticamente eletto, per altro con il metodo del voto diretto, senza passare da un atto di sfiducia formale nella camera consiliare.

3) non si attribuisce a un commissario il ruolo di panacea.

4) non si riduce tutto a una questione di emergenza.

Le motivazioni che ho citato hanno un elemento comune: l’abbandono da parte della Politica del suo ruolo. Una rinuncia colpevole alle regole e alle forme della democrazia partecipativa. Non è pensabile che un partito, sulla base di sue proprie valutazioni e suoi propri problemi interni faccia o sfaccia scenari politici. Gli impatti sociali su Roma, ora, saranno ben peggiore, a mio modesto avviso, dell’aver tenuto in sella Marino fino ad un atto di sfiducia formale, magari a Giubileo concluso.

La Politica perde credibilità proprio a causa di queste cose. Perché si dà proprio il senso di una totale ignoranza del ruolo delle cittadine e dei cittadini. Il PD è un partito plurale e complesso che fa della partecipazione attiva un valore fondamentale. Ecco, le modalità con cui è stata gestita la questione Marino sono state pessime e gli esiti ancor peggiori.

Alle prossime elezioni il PD non ne uscirà bene. Spero francamente che si riesca a trovare un’alternativa valida per la città. Che si possa trovare un accordo positivo nell’arco dei partiti del centro sinistra. Vogliamo riproporre un modello Pisapia? La città ne avrebbe giovamento, a patto che il Partito sia tale e che non si erga a sostituto della volontà delle cittadine e dei cittadini.


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