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Telecom Italia, chi gongola (e chi no) per il concambio

L’operazione di concambio delle azioni approvata ieri dal cda di Telecom Italia divide il vertice, con tensioni rilevanti tra il presidente Giuseppe Recchi (ispiratore della manovra) e l’ad, Marco Patuano, e apre scenari differenti per i due francesci arrembanti nell’azionariato del gruppo: con Vincent Bolloré che vede di buon grado la mossa di Telecom, a differenza dell’effetto che potrà avere invece per Xavier Niel. Ecco tutti i dettagli.

L’OPERAZIONE

Ieri sera il cda di Telecom ha messo ai voti il progetto di conversione delle risparmio in azioni ordinarie a pagamento. L’operazione, che era già stata studiata diverse volte durante la gestione di Franco Bernabè e poi in quella di Roberto Colaninno, prevede che venga offerto ai soci senza diritto di voto di concambiare il loro titolo con un’azione ordinaria aggiungendo 9,5 centesimi di euro e rinunciando così al privilegio sul dividendo. L’operazione è facoltativa, ma poi diventerà obbligatoria con la fine del periodo di offerta a un concambio di 0,87 ordinarie per ogni azione di risparmio. Il tutto avverrà prima della distribuzione del dividendo 2015, che di fatto verrà annullato per le risparmio. Per chi opterà per la conversione facoltativa, il premio, rispetto alle quotazioni degli ultimi 6 mesi, è del 12,7%, mentre per l’obbligatoria è del 7%.

LA RICOSTRUZIONE DI REPUBBLICA

La decisione ha mostrato una vistosa spaccatura ai vertici del gruppo: “L’operazione non è stata proposta dall’attuale amministratore delegato Marco Patuano – ha scritto Giovanni Pons di Repubblica – Anzi, quando si è trattato di votarla, il risultato è stato 12 a 1, poi lo stesso Patuano ha deciso di convertire il suo voto, da contrario a favorevole. E così il risultato ufficiale è l’unanimità ma è evidente che si è creato un solco profondo tra l’ad e il suo cda”.

L’ATTRITO RECCHI-PATUANO

La mossa è stata ispirata in particolare dal presidente Giuseppe Recchi, il quale “ieri non ha messo l’operazione risparmio all’ordine del giorno e a inizio seduta ha introdotto il tema della conversione chiamando al tavolo le risultanze di uno studio di Equita sim, l’advisor dei consiglieri indipendenti”, ha scritto Pons. Dallo studio emergeva come grazie al rialzo in Borsa delle azioni ordinarie di questi ultimi giorni, provocato dall’incursione nel capitale dell’imprenditore Niel, la convenienza per la conversione fosse diventata evidente. Domanda di Pons: “Possibile che Patuano, il quale aveva annunciato al mercato ad agosto che l’operazione conversione era allo studio, non si fosse accorto di questa finestra di opportunità?”.

L’ANALISI DEL CORRIERE

L’iter della delibera del cda è stato irrituale, ha sottolineato oggi anche il Corriere della Sera: “Di solito avviene il contrario, ossia è l’amministratore delegato a mettere a punto le proposte per il consiglio – ha scritto Federico De Rosa -Tanto più se si tratta di operazioni di una certa rilevanza. Se non è un gesto di sfiducia, certamente segnala un’insoddisfazione e a questo punto non si possono escludere scossoni al vertice, dove la convivenza tra Recchi e Patuano non è mai stata facile”.

BOLLORÈ GONGOLA, NIEL NO

La mossa difensiva del gruppo presieduto da Recchi non è neutrale rispetto ad aspettative e ambizioni dei due soci francesi piuttosto arrembanti: la decisione di Telecom, secondo Antonella Olivieri del Sole 24 Ore, “può far gioco a Vincent Bolloré, ma non certo allo sfidante Xavier Niel”. Infatti Vivendi non ha nessuna intenzione di lanciare un’Opa su Telecom Italia. Se l’obiettivo inespresso è di giocarsi la carta Telecom per sedersi al tavolo del consolidamento in posizione di forza, allora serve avere la partecipazione più consistente possibile: “E con la conversione la quota di Vivendi scenderà al 13,8% e ci sarà perciò di nuovo ampio margine per risalire fino al 24,9%, senza arrivare alla soglia del 25%, oltre la quale occorre lanciare un’Opa”. Invece Niel che, apparentemente, ha opzionato un 10% da girare a qualcun altro – sottolinea il Sole – si ritroverà con la quota diluita a un meno rilevante 6,9% e, se vorrà andare avanti nella sfida, dovrà mettere nuovamente mano al portafoglio. “Senz’altro con più riluttanza rispetto a Bolloré, che di soldi in cassa ne ha perfino in eccesso”, chiosa Olivieri.

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