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Così Putin si è formato nel Kgb

Di Giuliano Sangiuliano

Da adolescente Vladimir Vladimirovic Putin aveva sognato e immaginato in termini assai diversi una carriera da agente segreto. Nei primi tempi viene assegnato al primo reparto della sede di Leningrado. Svolgeva un lavoro molto burocratico e metodico.

Il KGB era articolato in un numero immenso di dipartimenti e direzioni, tante matrioske, compartimenti chiusi affinché nessun gruppo sapesse cosa faceva l’altro. I suoi addetti gestivano sostanzialmente un imponente apparato di controllo che accumulava dossier su dossier, nei quali finivano trascrizioni di intercettazioni, rapporti di pedinamenti, gusti personali e sessuali. Questi fascicoli venivano inoltrati ai livelli superiori dell’apparato ma raramente producevano decisioni. Anche quando il KGB era riuscito a carpire segreti strategici poi tutto annegava nella burocrazia. Vladimir racconterà così il suo primo impatto: «Non era quello che avevo immaginato. Io ero un giovane che poco prima era all’università. All’improvviso mi trovai circondato da vecchi uomini che per anni erano stati immersi nel loro lavoro. Alcuni di loro erano entrati in servizio all’epoca di Stalin ed erano prossimi alla pensione».

Da febbraio a luglio 1976, Putin fu mandato a sostenere un corso operativo a Ochta, dove c’era uno dei centri di addestramento alle tecniche di spionaggio, a cui era stato dato l’anonimo nome di Scuola 401. La definirà una «scuola assolutamente insignificante». In realtà, si trattava della formazione base per i nuovi assunti, molto generica e superficiale. L’anno successivo viene assegnato alla divisione controspionaggio, sempre di Leningrado. Questo settore si occupa di sorvegliare gli stranieri che vivono in città, soprattutto i diplomatici: si tratta di verificare cosa fanno, chi frequentano, chi vedono e, laddove se ne presentasse l’occasione, abbordarne qualcuno disponibile a passare notizie. Tutto, però, si svolge in maniera burocratica e con metodi arroganti.

«Una volta un gruppo di agenti stava elaborando un piano d’azione. Sono stato invitato a partecipare alla riunione operativa. Non ricordo i dettagli, ma uno dei veterani presenti ha detto che il piano deve essere eseguito in tale modo. Io intervenni: “No, non è giusto”. “Cosa significa non è giusto?”, mi rispose rivolgendosi a me. “È contro la legge” ribattei. Sembrava preso alla sprovvista. “Cosa? Contro la legge?” aggiunse. Allora citai la legge che mi sembrava venisse violata. “Ma noi abbiamo le istruzioni” ribatté. Ancora una volta citai la legge. Gli uomini presenti non sembravano capire di cosa stessi parlando. Senza una traccia di ironia, il vecchio chiuse il discorso: “Per noi le istruzioni sono anche la legge principale”.» Putin avverte la morsa della routine e soprattutto si sente impreparato.

Senza una professionalità definita, chiede e ottiene di poter seguire un altro corso di formazione, questa volta di livello più elevato. Fu ammesso dopo una selezione a un corso di Mosca, dove gli allievi venivano impegnati in una duplice formazione: una militare, che prevedeva anche qualche settimana presso unità dell’esercito, e un’altra di studi, tendente a completare la conoscenza delle lingue straniere con nozioni di storia e politica di alcuni dei paesi prescelti.

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