Ce ne ricordiamo quando la televisione e i mezzi di comunicazione ormai tutti impastati di scandali su sesso, sangue, soldi, lanciano la notizia dei massacri su donne e bambine: la violenza perpetuata sull’aggressione fisica in Italia delle donne tra i 16 e i 70 anni –il 31,5% è il dato che emerge dall’indagine compiuta da Istat relativa al quinquennio 2009/2014- è molto simile a quel 33% europeo (Agenzia europea per i diritti umani e internazionali. Organizzazione mondiale della sanità: una donna su tre nel mondo).
E la verità che è una piccola parte di coloro che la subiscono, poiché fortissima è ancora la cultura del “segreto” e della “vergogna” delle violenze subìte che viene da lontano e tutt’oggi è difficile da sradicare soprattutto all’interno delle famiglie. E non solo per i risvolti sociali della denuncia, ma per le implicazioni psicologiche personali di chi le subisce. La violenza viene ancora dichiarata da chi la infligge come qualcosa fatta “per il bene” di chi la subisce o “per colpa” della bambina o della donna, che “induce” l’aggressore a comportamenti riprovevoli che egli non vorrebbe commettere: un modo per scaricare la responsabilità sulla vittima”.
Il fenomeno aberrante resta diffuso poiché significa che una donna su tre almeno una volta nella sua vita subisce violenza. Vi è dunque un impianto culturale che ancora genera violenza e sopraffazione e le centrali di pubblica sicurezza e le associazioni che se ne occupano confermano che spesso scelgono di non denunciare. Si fa strada la convinzione che non serva: la donna, di fatto, dallo Stato italiano non si sente e in verità non è tutelata e la recente legge sul femminicidio, che non consente il ritiro della denuncia, insieme alla novità del carcere evitato a chi subisce una condanna inferiore ai quattro anni, espone la vittima a ritorsioni se non a violenze ancora più gravi.
Secondo l’indagine ISTAT, delle donne maltrattate, il 20,2 per cento ha subìto violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento (un milione e 157mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652mila) e il tentato stupro (746mila). L’indagine dice che le violenze più cruente avvengono per mano di partner, presenti e passati, familiari e amici di famiglia, e questo deve far interrogare profondamente la società contemporanea, che vive nella ricerca di un amore che pare essere solo ideale.
C’è necessità di un profondo cambiamento culturale per modificare le relazioni affettive e di potere tra uomini e donne perché siano basate sul rispetto e non sulla prevaricazione e le discriminazioni di un genere sull’altro. L’Istat denuncia che è nel momento della separazione che le violenze diventano più gravi, soprattutto quando la donna denuncia le violenze subìte. Dalla ricerca emerge che la causa principale o preponderante della separazione è la violenza subìta durante il periodo di convivenza e che durante la separazione è frequente il fenomeno dello stalking da parte dell’ex partner. Dati allarmanti riguardano il sommerso il nascosto poiché il 40% delle donne picchiate dal marito o dal compagno non parla di quanto accade dentro le mura domestiche e la violenza assistita (64%,). Sono donne che subiscono violenza giovani, spessissimo con figli minori. Allora la consapevolezza che la violenza sulle donne non sia un fatto normale implica che esso sia un problema che riguarda tutti, dalle istituzioni al privato cittadino. Come associazione TUTTEPERITALIA riteniamo importante sostenere l’aiuto alle donne che subiscono violenza soprattutto sul lavoro poiché è una violenza che ha radici economiche che ritroviamo nella privazione o nel sottosalario, nell’abbandono in una situazione economica di non pagamento dell’assegno per i figli o per il mantenimento, nell’informazione dei propri diritti e doveri,nel non subire molestie o impedimenti di carriera sul posto di lavoro, nell’aiuto nell’educazione di figli e sostegno ad affrontare non in solitudine questo dramma. Un dramma che troppo spesso viene spettacolarizzato e strumentalizzato.