I tempi stringono, Pechino preme e l’Europa non ha ancora maturato una decisione sul riconoscimento dello status di economia di mercato verso la Cina. Il countdown è iniziato e anche se la scadenza naturale appare lontana, dicembre 2016 (quando saranno trascorsi 15 anni dalla sua adesione al Wto e, quindi, potrebbe scattare upgrading a economy market) diventa focale la riunione a Bruxelles il 27 novembre con il Consiglio dei ministri degli Affari Esteri dedicato proprio alle tematiche del Commercio Internazionale.
SIDERURGICO IN SUBBUGLIO
All’ordine del giorno c’è da prendere una decisione su dazi antidumping per tutelare il settore della siderurgia, basta pensare come ha denunciato Eurofer, l’associazione che riunisce i produttori europei, che in Cina vi è una sovraccapacità del settore siderurgico di 300 milioni di tonnellate: ovvero Pechino produce in un anno quasi il doppio di quello che fa l’Europa (180 milioni di tonnellate) e lo esporta a prezzi di saldo.
IL SETTORE DELLE PIASTRELLE
Adesso l’unica arma di difesa in mano a Bruxelles per sanare la situazione e riequilibrare queste asimmetrie commerciali sono i dazi anti dumping che, però, l’Europa perderebbe non appena alla Cina venisse riconosciuto lo status di economia di mercato. Ecco perché interi settori del made in Italy sono in subbuglio. Non solo quello siderurgico. A partire da quello delle piastrelle. Qui le misure antidumping erano state adottate nel 2010 per portare a giusta concorrenza un settore dove si importavano ceramiche cinesi che costavano fino al 40% in meno rispetto agli standard di mercato. Dopo l’applicazione dell’antidumping a leggere i dati Eurostat le importazioni di ceramica cinese in Europa hanno subito una riduzione nel 2014 del 63,6% rispetto ai massimi del 2010. Solo che adesso i dazi sono in scadenza e, se non verranno rimodulati, sarà un duro colpo per un settore che ha visto perdere negli ultimi anni circa 15mila posti di lavoro.
GLI ALTRI COMPARTI IN APPRENSIONE
Altro comparto preoccupato è quello della meccanica e, in particolare, dell’industria delle ruote. Anche qui nel 2010 Bruxelles decise di adottare un dazio fino al 20,6% sull’importazione di ruote cinesi in alluminio. La misura in scadenza ha visto la richiesta di una proroga da parte delle aziende europee mentre quasi in contemporanea il Dipartimento del Commercio statunitense ha stabilito di applicare dazi antidumping fino al 87.99% sui pneumatici importati dalla Cina per autovetture e autocarri leggeri.
LE MISURE ANTI DUMPING
Le misure antidumping sono quindi uno strumento fondamentale e l’Italia è il Paese che ha maggiormente beneficiato delle misure di difesa commerciale dell’Unione Europea. Secondo i dati della Commissione europea oltre il 40% delle imprese europee difese dai dazi antidumping sono italiane. Dei 51 prodotti attualmente sottoposti dall’UE a dazi antidumping verso la Cina, circa 30 sono fabbricati da nostre aziende. Dal ministero dello Sviluppo Economico sottolineano che “praticamente tutti i settori rappresentativi della nostra economia sono minacciati dalla concorrenza sleale cinese e quindi necessitano della difesa dello strumento antidumping, ma i comparti per cui è veramente vitale sono oltre la siderurgia, la meccanica, la ceramica anche la bulloneria e l’industria della carta”.
COSA SI DICE NEL GOVERNO
Basta traslare questi settori nel territorio e interi distretti industriali potrebbero subire pesanti conseguenze come quello delle viti e bulloni in Brianza, quello della ceramica in Emilia Romagna, il comparto della bicicletta in Piemonte, Lombardia e Veneto e i radiatori in alluminio in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Importanti linee produttive potrebbero essere abbandonate dalle più importanti imprese nazionali come Tenaris Dalmine, Owens Corning, Acciai Speciali Terni, Cogne, Fontana, Marcegaglia.
Anche perché fanno notare dal Ministero dello Sviluppo Economico che “l’eventuale concessione del MES alla Cina avrebbe l’immediata conseguenza che il calcolo del dumping per tutti gli esportatori cinesi debba essere effettuato dalla Commissione Europea basandosi esclusivamente su prezzi e costi interni al mercato cinese, cioè su valori distorti e non corrispondenti alle normali e libere dinamiche economiche”. Per questo il responsabile del commercio estero, il vice ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda ha sottolineato che è necessario avere dei buoni rapporti con la Cina “ma allo stesso tempo evitare un disarmo unilaterale”. Con Pechino descritto come “un grosso elefante nella stanza che nessuno vede”. O, meglio, che qualcuno fa finta di non vedere.